Sciopero!

In by Simone

Foxconn, azienda taiwanese, dieci suicidi e proteste per le condizioni di lavoro. Honda, giapponese, scioperi a oltranza, trattativa, aumento salariale del 24%, nuovi scioperi in altre aziende di fornitori. Kok, taiwanese, protesta dei lavoratori, scontri con la polizia, 50 feriti, 30 arrestati. La prima constatazione evidenzia quanto in Cina si dice da mesi: la situazione ribolle.

Scioperi e proteste non mettono a nudo solo i meccanismi della crescita cinese, ma anche il modello sociale proposto: produzione e aumento delle potenzialità di consumo, in cambio di diritti quali libertà e democrazia. Emerge anche un altro elemento: la stampa nazionale ha coperto ampiamente ogni evento, svelando un lato nazionalistico non troppo nascosto. Si tratta pur sempre di aziende straniere, che producono prodotti di consumo apprezzati in Occidente. C’è dunque da chiedersi, al solito, quanta parte della verità sia visibile in Cina, o quanto meno, quale sia il clima tra i lavoratori delle fabbriche cinesi.

Di sicuro il clima è incandescente e si assiste all’emergere di una connotazione positiva per quei nati negli anni 80 (i cosiddetti balinghou), un soggetto sociale spesso criticato per la sua apatia e che ora cerca invece il suo protagonismo: lo fa attraverso il web con alcuni tra gli attivisti più in ascesa e lo fa anche con chi è impiegato nelle fabbriche.
Il low cost cinese è in bilico, attirando su di sé l’attenzione di Partito – sempre attento a vigilare che le proteste non sfocino nel luan, nella confusione sociale – e dei media nazionali.

Lunedì a  Kunshan, città non troppo distante da Shanghai nella Cina meridionale, polmone economico del paese e falcidiata dalle proteste, è toccato agli operai della Kok. Producono componenti di caucciù per le auto. Macchine, come la Honda: proprio nel momento in cui la Cina è diventata il primo mercato mondiale, chi si è messo sulle spalle questo primato si ribella.

I duemila operai della fabbrica hanno deciso lo sciopero per chiedere aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro. Secondo portavoci dell’azienda sarebbero in corso le trattative, ma lo scontro con la polizia ha lasciato traccia, oltre ai feriti e gli arresti. In Cina quando si muovono non usano mezze misure. Quando questo tipo di eventi capita in fabbriche cinesi, vengono spesso catalogati come incidenti di massa e gli esiti sono sempre feriti, arresti, posti bruciati. «Ci hanno picchiato indistintamente, senza considerare se eravamo uomini o donne», hanno raccontato alcuni testimoni.

Le ragioni dello sciopero non derivano solo da richieste salariali, ma anche da condizioni di lavoro inumane, assicurazioni sulla vita e l’abolizione del sabato come giorno di lavoro volontario. Inoltre è stata chiesta la possibilità di non lavorare a temperature elevate, come 40 o 50 gradi.
Kunshan ha fatto da eco a quanto sta avvenendo intorno alla Honda. Dopo lo sciopero alla fabbrica di Foshan – che ha comportato un aumento salariale del 24% – è toccato a due aziende fornitrici della casa automobilistica giapponese: nello stabilimento della Yutaka Giken di Foshan, gli operai si sono fermati da lunedì scorso e ieri hanno manifestato per le strade.

La Yutaka in collaborazione con la taiwanese Taoyuan Fuwei produce le marmitte per le vetture Honda. Nella giornata di ieri inoltre è stato segnalato un altro strike nella filiale Honda Lock, nella provincia del Guangdong. La compagnia ha annunciato di aver sospeso la produzione di alcuni modelli per la mancanza di componenti.

Il compromesso denghiano, arricchitevi e al resto ci pensiamo noi, ha retto per i primi trent’anni del nuovo corso cinese: ora però le cose sembrano cambiare. I figli dei fautori del successo cinese hanno aspirazioni diverse. Sognavano una vita da colletti bianchi, agiati, tra movida e macchine di lusso e invece si ritrovano spaesati, in catena di montaggio, a impacchettare marmitte di auto su cui altri invadono le strade del paese. Uno sviluppo ineguale che comincia a scricchiolare, seppure sembra essere tenuto a bada dal Partito. Ancora nella giornata di ieri la Xinhua, agenzia governativa, proponeva editoriali circa la necessità di aumentare i salari per sostenere i consumi interni. Almeno fino a quando i salari saranno richiesti ai laowai, gli stranieri.

[Pubblicato su Il Manifesto del 10 giugno 2010]