Per capire com’è cambiata in dieci anni la società cinese, 6 milioni di addetti alla rilevazione percorreranno il Paese casa per casa e e con i loro questionari dovranno aggiornare i dati sulla popolazione. Il censimento durerà dieci giorni. Il tempo necessario per passare al setaccio 31 province, 330 città, 2.800 contee e oltre 680mila villaggi.
“Portiamo avanti il censimento, costruiamo una società armoniosa” è lo slogan scelto da Pechino per convicere i cinesi a sostenere la rilevazione. “Sono sorpreso dalla poca collaborazione”, ha detto al ‘China Daily’, uno dei ragazzi impegnati nella rilevazione, “molti mi hanno sbattuto la porta in faccia e si sono rifiutati di rispondere”. Una diffidenza che il quotidiano in lingua inglese imputa alla poca pubblicità data alla ricerca. Secondo un sondaggio del portale ‘Sina.com’ oltre il 47 per cento degli 8.327 utenti intervistati hanno detto di sapere poco e niente sul censimento.
E un terzo ha ammesso di aver paura a lasciarare entrare gli addetti alla rilevazione in casa. A questo, ha spiegato il vice direttore delle operazioni di censimento, Feng Nailin, si aggiunge una maggiore attenzione alla privacy e una certa riluttanza a rendere pubblici i propri dati. Per vincere le resistenze nel questionario di quest’anno non ci saranno domande sui salari. E un appello alla collaborazione è arrivato dallo stesso Li Keqiang, vice primo ministro, indicato come possibile sostituto del premier Wen Jiabao tra due anni.
“Non vogliono più rispondere ai comandi, al contrario la gente pensa che il governo sia qui per servirla”, ha spiegato Zhang Yi, ricercatore dell’Accademia cinese per le Scienze sociali, “per questo diranno no al censimento finché non avranno garanzie sulla privacy”. La rilevazione da una parte servirà a capire i risultati della controversa ‘politica del figlio unico’ attuata per contenere l’espansione demografica; dall’altra darà un quadro su quanto sia esteso il fenomeno dei ‘lavoratori migranti’, ossia di quanti abbandonano le campagne per le città in cerca di un impiego. Spesso privi del permesso di residenza nei grandi centri urbani non hanno accesso ai servizi pubblici.
Una condizione che, ha spiegato Feng, “rende difficile includerli nella rilevazione”. Le stime dicono che il numero di migranti è salito da 140 milioni a 200 milioni. Il censimento, il sesto della Cina comunista, sarà però il primo a contare le persone in base a dove vivono realmente e non in base all’hukou, il certificato di residenza che vincola i cinesi al luogo di nascita, introdotto da Mao Zedong negli anni Cinquanta del secolo scorso per impedire l’eccessiva urbanizzazione. I risultati saranno pronti per aprile. Se dieci anni fa il conto si fermò 1,27 miliardi di cinesi, questa volta si dovrebbe superare quota 1,3 miliardi o addirittura toccare il miliardo e mezzo. Il numero dei cinesi, dicono i dati della Banca Mondiale, cresce però a un ritmo molto lento considerata una popolazione così grande. Si parla di 6,5 milioni di nuovi cinesi l’anno. Cifre che potrebbero essere confermate dal questa rilevazione. Se così fosse nei prossimi anni si porrà il problema di sempre meno giovani che dovranno prendersi cura di sempre più vecchi. Come si comporterà allora la Cina?
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