Oggi in Asia – Cambogia, colossi tessile: pagheremo di più

In by Gabriele Battaglia

Otto colossi dell’industria dell’abbigliamento – tra cui Zara, H&M e Primark – hanno promesso che pagheranno di più le loro forniture prodotte in Cambogia. In Myanmar la banca centrale concede licenze per gli istituti di credito stranieri. Indagine sulla legge anti-sedizione. CAMBOGIA – I grandi marchi pagheranno di più per i vestiti

Otto colossi del settore tessile si sono impegnati, in una lettera indirizzata al governo cambogiano, a pagare di più per i vestiti prodotti nel paese del Sudest asiatico. Questo permetterebbe agli operai del tessile, scesi in piazza anche nelle ultime settimane, di percepire un salario migliore.

L’apertura di aziende quali H&M e Inditex si inserisce così nelle trattative per l’aumento del salario minimo mensile, oggi di 100 dollari. I lavoratori vorrebbero che fosse portato a 177, mentre gli imprenditori si fermano a 110. Nella lettera si legge: "in quanto aziende responsabili, le nostre pratiche di acquisto permetteranno il pagamento di uno stipendio giusto agli operai e l’aumento di stipendio si rifletterà nei nostri prezzi". L’apertura arriva dopo gli scioperi dello scorso inverno, culminati con la morte di cinque manifestanti.

MYANMAR – Prime licenze per le banche straniere

La banca centrale birmana ha concesso le prime licenze che permettono agli istituti di credito stranieri di operare nel Paese. Si tratta di un nuovo passo nel processo di apertura del Myanmar, fino al 2011 sotto dittatura militare e stato paria dell’Asia. Le licenze si collocano nel solco delle riforme per attirare invetsimenti esteri.

In totale sono nove le banche che hanno ricevuto la licenza. Si tratta dell’Australi& New Zeland Banking. Delle giapponesi, Tokyo-Mitsubishi, Sumitomo Mitsui e della Mizuho, della tailandese Bangkok Bank, della Malayan Bank delle singaporiane United Overseas e Oversea-Chinese Bank e della cinese Industrial and Commercial Bank.

MALAYSIA – Lente della magistratura sulla legge anti-sedizione

Si apre una breccia per contestare la costituzionalità della legge anti-sedizione in Malaysia. Un tribunale distrettuale ha accolto la richiesta del legale di un professore incriminato in base alla legge, eredità dell’epoca coloniale.

Nonostante l’impegno del primo ministro Najib Razak di abrogare la legge, negli ultimi mesi diversi voci critiche verso il governo, compreso il leader dell’opposizione Anwar Ibrahim sono caduti nelle maglie della legge che prevede fino a tre anni di carcere per chi incita all’odio razziale o contro il governo, lasciando tuttavia molto spazio alla discrezionalità nelle accuse.

[Foto credit: rfa.org]