Mondo Asean – Cambogia pronta alla presidenza di turno 2022

In Mondo Asean, Sud Est Asiatico by Redazione

L’ultima esperienza della Cambogia alla presidenza di turno è stata controversa, poiché la politica estera del regno asiatico predilige particolarmente la relazione con Pechino.  Poi le opportunità del mercato del carbonio e la quotazione di Grab negli Usa. Ogni settimana tante notizie e spunti dalla dinamica galassia dei paesi del Sud-Est asiatico. A cura di Associazione Italia-ASEAN

L’Associazione Italia-Asean nasce nel 2015. La sua missione è quella di rafforzare il legame e rendere più evidenti le reciproche opportunità, sia per le imprese che per le istituzioni. Qui pubblichiamo la newsletter Italia-Asean del 10 dicembre.

La presidenza di turno presso l’ASEAN è una grande occasione per la diplomazia dei paesi del Sud-Est asiatico. Il 2022 è la volta della Cambogia, che si è detta pronta a lavorare per la creazione di una comunità regionale “equa, forte e inclusiva”, sotto la guida del primo ministro Hun Sen. Il capo del governo cambogiano ha dimostrato di prendere molto sul serio questo impegno, e ha dichiarato che il pilastro della “politica e sicurezza” dell’Associazione sarà in cima all’agenda durante il suo mandato all’organizzazione regionale. Quello che l’aspetta nel 2022 è vissuto come un onere prestigioso per Phnom Penh, che sfrutterà l’occasione per amplificare la sua aura diplomatica e godere delle prerogative associate al titolo presidenziale, come il rinnovato riconoscimento da parte dei grandi attori della scena globale.

Ma nella comunità internazionale l’entusiasmo non è così diffuso. L’ultima esperienza della Cambogia alla presidenza di turno è stata controversa, poiché la politica estera del regno asiatico predilige particolarmente la relazione con Pechino. Questa storica postura filo-cinese è stata rivendicata dal governo nazionale anche nel 2019, quando il primo ministro Hun Sen ha definito la Cambogia un “amico di ferro” della Cina. È proprio per via di questa prossimità che, secondo gli analisti, ci sarà da aspettarsi un’ASEAN molto diversa da quella lasciata dal Brunei nel 2021. Secondo voci esperte, mentre gran parte dei paesi del Sud-Est asiatico prendono le distanze da Pechino criticandone l’assertività, Phnom Penh resta fedele alla linea del bandwagoning: per questioni di sicurezza e sviluppo, la Cina rimane un alleato fondamentale per il regime cambogiano, e questo legame potrebbe compromettere il precario equilibrio dell’Associazione regionale.

I dossier più rilevanti del 2022 mettono in questione la centralità dell’ASEAN nella gestione della crisi sanitaria da Covid-19 e nella credibilità regionale e internazionale nei confronti delle controversie politiche più urgenti. La Cambogia succederà al Brunei dopo un anno saturo di criticità, ereditando le sfide politiche e sociali causate da due anni di pandemia globale, la crisi politica in Myanmar, e le annose diatribe nel Mar Cinese Meridionale. Ma secondo Charles Dunst del Center for Strategic and International Studies (CSIS), l’incombenza di Pechino potrebbe compromettere la libertà di manovra della Cambogia su questi temi, risultando in un pericoloso immobilismo dell’Associazione. Questo potrebbe dare il colpo di grazia al principio della centralità dell’ASEAN, già compromesso dalla tendenza degli altri attori internazionali a prediligere rapporti bilaterali con i paesi dell’area.

Per quanto riguarda le sfide causate dalla pandemia, è probabile che l’inasprirsi delle diseguaglianze sociali provochi ovunque nel Sud-Est asiatico fenomeni di instabilità politica. Anche Phnom Penh dovrà fare i conti con quell’aumento dei tassi di interesse globali che in molte economie regionali provocherà un incremento della pressione fiscale e limiterà le politiche pubbliche espansive, provocando malcontento e sofferenza economica sulle comunità locali. A questo proposito, il rapporto bilaterale con la Cina è cruciale per la Cambogia, che fa grande affidamento sugli aiuti e i finanziamenti infrastrutturali del fratello maggiore per i suoi programmi di sviluppo nazionale.

Sulla crisi in Myanmar, la Cambogia ha poi assunto comportamenti ambivalenti. Dopo aver ribadito con forza il principio di non interferenza rivendicato dall’ASEAN come caposaldo del suo paradigma di valori, ha poi sostenuto la decisione dell’Associazione di non volersi confrontare se non con rappresentanti “non politici” del Myanmar. Il primo ministro Hun Sen ha dichiarato a questo proposito: “L’ASEAN non ha espulso Myanmar dall’ASEAN. Il Myanmar ha abbandonato il suo diritto (…). Ora siamo in una situazione di ‘ASEAN meno uno’. È così non a causa dell’ASEAN, ma a causa del Myanmar stesso”. Secondo Dunst, però, la Cambogia non ritiene prioritario confrontarsi col regime birmano sui temi della democrazia e dei diritti umani. È per questo che sul Myanmar la prossima prima voce dell’ASEAN potrebbe risultare più flebile di quanto sperato da altri paesi membri, come Malesia e Indonesia.

Le controversie territoriali nel Mar Cinese Meridionale sono invece l’elefante nella stanza della presidenza cambogiana, e sembra che l’esperienza del mandato del 2012 potrebbe ripetersi ancora. All’epoca, come ora, Cambogia e Cina hanno prediletto il ricorso a meccanismi bilaterali di risoluzione delle controversie. Secondo Vannarith Chheang, ricercatore associato presso Istituto ISEAS-Yusof Ishak, la promozione di un codice di condotta (CoC) nel Mar Cinese Meridionale è un modo per evitare ingombranti misure vincolanti e favorire la cosiddetta diplomazia preventiva. “La Cambogia non è interessata a internazionalizzare la questione del Mar Cinese Meridionale”, osserva l’analista in un articolo apparso sulla rivista del Torino World Affairs Institute, “e sta cautamente limitando gli altri pretendenti come il Vietnam e le Filippine dall’usare l’ASEAN per contrastare o sfidare direttamente la Cina”. Al summit annuale dei rappresentanti ASEAN, tenutosi lo scorso 22 novembre, è intervenuto in videoconferenza anche il presidente Xi Jinping, rassicurando i presenti che la Cina non avrebbe mai cercato l’egemonia nella regione approfittando della sua forza per risolvere le controversie. Piuttosto, ha sottolineato il Segretario del Partito comunista cinese, l’auspicio è che l’ASEAN possa cooperare con la Cina per eliminare le “interferenze” straniere. Le parole di Xi sembrano accogliere profeticamente l’arrivo di Phnom Penh alla presidenza dell’organizzazione. Anche se ASEAN e Cina hanno già concordato il preambolo della CoC nell’estate del 2021, la Cambogia potrebbe rallentarne il processo di negoziazione, tutelando la storica amicizia con Pechino e limitando qualsiasi azione o dichiarazione da parte del blocco ASEAN che possa implicare una critica all’assertività cinese.

L’approccio della presidenza cambogiana alle sfide più rilevanti per il Sud-Est asiatico inciderà anche sui toni e le preferenze della cooperazione internazionale. Secondo David Hutt, del The Diplomat, il fatto che il regno sia considerato un “paria per le democrazie” e la sua reputazione sia quella di “lacchè di Pechino”, incide anche sulla politica estera dei grandi attori internazionali. Da una parte, è obiettivo dell’amministrazione Biden richiamare a raccolta i suoi alleati per mantenere un maggiore controllo sulle dinamiche regionali dell’Asia indo-pacifica. Si pensi alla nascita dell’alleanza per la difesa AUKUS, stipulata da Stati Uniti, Regno Unito e Australia, che è programmaticamente pensata per arginare le velleità internazionali della Cina. Anche il programma infrastrutturale per la ripresa post-pandemia, il Build Back Better World (B3W) è un chiaro antagonista della strategia di sviluppo globale promossa da Xi con la Belt and Road Initiative (BRI). Biden ha poi assunto un atteggiamento più intransigente nei confronti della stessa Cambogia, avendo sanzionato due alti funzionari per corruzione e annunciato una revisione degli accordi di commercio preferenziale il mese scorso. Per quanto riguarda l’UE, Phnom Penh ha ospitato il 13° Asia Europe Meeting (ASEM) il 25 e il 26 novembre, a riprova del rinnovato interesse europeo per le opportunità offerte dal Sud-Est asiatico, riaffermando la partnership con l’omologa organizzazione regionale. Tra tutti, quello con l’Unione potrebbe rivelarsi un legame strategico per l’ASEAN, per ponderare le contestate tendenze filo-cinesi della Cambogia e dedicarsi a valorizzare le relazioni con un altro attore regionale di rilevanza globale.

Da sempre nell’orbita di influenza cinese, la Cambogia condurrà il suo mandato alla presidenza dell’ASEAN all’insegna del rapporto “di ferro” con Pechino. Anche se alcuni analisti ritengono che il governo di Hun Sen sia oggi meno disposto ad accettare che la Cina detti i termini delle sue relazioni con l’estero, le sfide che dovrà affrontare l’ASEAN nel 2022 mettono tutte la Cambogia di fronte alla scelta: con Pechino o contro Pechino. A giudicare dal legame storico, reso tanto più forte dal comune passato coloniale e dalla cultura politica condivisa, sembra che la direzione della presidenza cambogiana all’ASEAN sia già segnata.

A cura di Agnese Ranaldi

 

Le opportunità del mercato del carbonio ASEAN

L’ASEAN ha colto in pieno lo spirito della conferenza sul clima di Glasgow, e cerca di ritagliarsi il ruolo di hub globale di crediti di carbonio. Le economie della regione sono ricche di risorse naturali che possono sfruttare per sostenere una crescita sostenibile, tema al centro dell’High Level Meeting che si è svolto il 9 dicembre a Expo 2020 Dubai. Ma secondo gli esperti la soluzione più vantaggiosa è quella di ricorrere ai mercati di carbonio per attrarre investimenti e capitalizzare su un futuro green. Gran parte dei Paesi del blocco ha già ideato ambiziosi progetti, e Indonesia, Thailandia, Vietnam e Filippine sono attualmente impegnate nell’implementazione di propri programmi nazionali. Questo zelo è dettato anche da una stringente necessità, poiché i Paesi del Sud-Est asiatico subiscono da anni gli effetti devastanti del cambiamento antropogenico del clima. Tra fenomeni meteorologici estremi e le sfide legate alla sicurezza ambientale, il loro coinvolgimento nel promuovere gli imperativi degli Accordi di Parigi è imprescindibile. Ma i governi di queste economie non vogliono rinunciare alle opportunità offerte dai loro mercati emergenti, ormai perfettamente integrati nelle maglie del commercio globale. I mercati di carbonio consentono di aggirare il trade-off tra sviluppo economico e sostenibilità, per questo rappresentano un’opportunità per ridurre le emissioni e incentivare la crescita. L’idea è che gli incentivi economici possano spingere le aziende a rispettare i limiti alle emissioni, cosicché le attività che emettono meno carbonio di quello consentito possono vendere i loro crediti in eccesso sui mercati globali. Queste entrate possono creare così un circolo virtuoso benefico per il pianeta. Così come altre materie prime naturali vengono vendute nei mercati internazionali, così il carbonio può rappresentare un vettore per la crescita sostenibile della regione. Il prossimo passo per l’ASEAN dovrebbe essere quello di impegnarsi nella realizzazione di un mercato regionale del carbonio, così da tutelare il vantaggio competitivo legato alla sua capacità di offrire crediti più convenienti rispetto ad altre regioni.

 

Che cosa dice l’IPO di Grab alle big tech ASEAN

Giovedì 2 dicembre Grab si è quotata al Nasdaq sull’onda del suo grande successo nel Sud-Est asiatico ma la prima giornata di scambi è stata amara: solo 34,6 miliardi di dollari raccolti rispetto ai 40 sperati, con una perdita del 21%. Che cosa non ha funzionato? Secondo diversi analisti, Grab avrebbe eccessivamente anticipato la sua IPO finendo per sbagliare il tempismo. Hanno avuto il loro peso l’inflazione globale che sta spingendo le istituzioni finanziarie a strette monetarie, la residua diffidenza degli investitori verso le realtà tech asiatiche e la speculazione short-term. Erano realistici gli obiettivi iniziali? Ultimamente gli investitori di Wall Street sono molto cauti nelle IPO. Secondo Moody’s la prospettiva di lungo termine di Grab non basterebbe: l’allargamento dei propri servizi digitali al mondo finanziario assorbirebbe troppe risorse, allontanando l’inizio dei profitti e l’interesse di potenziali finanziatori. La grande frammentazione regionale economica, di reddito e infrastrutturale alimenta ulteriormente l’attuale scetticismo verso le big tech asiatiche. Gli investitori attendono probabilmente anche che il mercato regionale si stabilizzi ulteriormente: le M&A in ASEAN sono esplose quest’anno, accumulando transazioni per $61 miliardi. Aspettano di vedere come e chi tra i big tech Grab, Sea e GoTo e i 35 unicorni della regione emergerà più forte dalla concorrenza. D’altronde, l’intero comparto tech asiatico sta cambiando. Grab ha acquisito Uber a Singapore, GoTo rappresenta oggi il 2% del PIL indonesiano, Sea è oggetto del 7% del JP Morgan Pacific Technology Fund e in Corea del Sud Kakao e Coupang hanno capitalizzato $50 miliardi ciascuna estromettendo quasi del tutto la concorrenza statunitense e cinese, specie dopo la stretta sui colossi di Pechino. L’insoddisfacente IPO di Grab è quindi la fine di un sogno fatto di eccessivo entusiasmo o solo tempismo sbagliato?