MH370 due anni dopo

In by Gabriele Battaglia

Il Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo 2014 sulla rotta Kuala Lumpur-Pechino non è mai più stato ritrovato. Le ricerche continueranno fino alla prossima estate, poi probabilmente finiranno i fondi. Intanto le famiglie delle vittime cinesi intentano causa chiedendo i danni e, soprattutto, qualche verità. Sono passati esattamente due anni. Un giorno prima della scadenza dei termini legali per intentare un causa, le famiglie di dodici passeggeri dispersi del volo Malaysia Airlines MH370 si sono rivolti a un tribunale di Pechino per chiedere i danni e cercare di capire che cosa sia successo davvero. Altre 32 famiglie cinesi hanno invece intentato una causa separata in Malaysia.
Ogni famiglia ha chiesto a Malaysia Airlines, alla Boeing, alla Rolls Royce – che produce i motori dell’aereo – e alle compagnie di assicurazione, un rimborso compreso tra un milione e mezzo e undici milioni di dollari e la sentenza potrebbe non arrivare prima di due anni.

L’MH370 scomparve l’8 Marzo 2014 durante il volo da Kuala Lumpur a Pechino con 237 passeggeri a bordo, di cui 153 cinesi, e dodici membri dell’equipaggio.
A oggi si ritiene che l’aereo sia caduto nell’Oceano Indiano, lontano quindi dalla rotta prevista. L’aereo partì dall’aeroporto della capitale malese alle 00.41 ora locale. Poco dopo l’una di notte, il sistema automatico di trasmissione dati fu spento. Alle 01.19 fu spedita l’ultima trasmissione radio: «Buona notte. Malaysia 370». Due minuti dopo, alle 01:21, anche il transponder del jet, che comunica le informazioni sulla posizione dell’aereo, fu disattivato.
Lo spegnimento del sistema di trasmissione dati e del trasponder fa oggi pensare che, a quell’ora, qualcuno fosse vivo nella cabina di pilotaggio.

A rafforzare questa ipotesi ci sono i dati radar, che dimostrano che quattro minuti dopo lo spegnimento del transponder, l’aereo avrebbe deviato dalla rotta prevista, facendo un’inversione a “U” e dirigendosi di nuovo verso la Malaysia, per poi deviare ancora verso nord in direzione dello Stretto di Malacca, fino a scomparire dai radar malesi.
Secondo rudimentali dati satellitari – gli unici disponibili, dal momento che il sistema di trasmissione dati e il transponder erano stati spenti – l’aereo continuò a volare per circa sei ore, fino a terminare con ogni probabilità il carburante sopra l’Oceano Indiano, intorno alle 08:19, ora della Malaysia.

Tutte le ipotesi su cosa sia successo restano al momento sul tavolo
: dal guasto meccanico, all’azione deliberata di uno dei piloti, fino all’azione terroristica e al dirottamento. Se al momento della deviazione di rotta si presume che qualcuno pilotasse ancora l’aereo, l’ipotesi più accreditata dice che al momento dello schianto l’MH370 fosse un “volo fantasma”, che cioè nessuno si trovasse ai comandi.
La scatola nera dell’aereo non è mai stata ritrovata e ha da tempo esaurito la batterie. Ciò nonostante, un’equipe mista malese-australiana dotata delle tecnologie più avanzate sta scandagliando il mare, con il contributo di macchinari forniti dalla Cina.

Le ricerche si sono concentrate su un’area di mare di 120mila chilometri quadrati nell’Oceano Indiano
. Finora non hanno portato risultati. Sono costate finora 130 milioni di dollari e, quale sia il loro esito, finiranno l’estate prossima per mancanza di fondi. Martin Dolan, che è il capo dell’agenzia australiana incaricata di queste ricerche, dice oggi che probabilmente entro luglio verrà finalmente ritrovato l’aereo, ma ci sono fortissimi dubbi che questo possa avvenire. Lo scorso luglio il mare restituì un rottame dell’ MH370 sull’isola francese di Reunion, mentre la settimana scorsa altre due parti metalliche che probabilmente appartengono a un aereo sono state ritrovate su una spiaggia del Mozambico. Non è stato ancora provato che siano effettivamente resti dell’aereo malese.