Toronto è diventata ufficialmente il primo polo di espansione commerciale dello yuan nel Nord America. L’internazionalizzazione della valuta cinese si avvicina quindi geograficamente agli Stati Uniti, patria del dollaro. Il 23 marzo il ministro delle Finanze canadese, Joe Oliver, ha partecipato al lancio della stanza di compensazione per le transazioni in yuan targata Industrial and Commercial Bank of China.
L’Industrial and Commercial Bank of China, uno dei quattro colossi del credito d’oltre Muraglia, aveva ricevuto lo scorso settembre l’autorizzazione della People’s Bank of China a svolgere la funzione di clearing bank in Canada. Le transazioni tra le imprese dei due Paesi potranno così essere effettuate direttamente in valuta cinese, senza usarne una terza, di solito il dollaro statunitense, riducendo in tal modo i costi.
Nella stessa giornata del lancio del servizio, l’Export Development Canada, l’istituto per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese locali, ha siglato un accordo con Icbc per promuovere l’uso dello yuan (o renminbi) negli scambi bilaterali. L’hub è aperto a tutta la federazione. Le banche statunitensi che vorranno beneficiare della stanza di compensazione lo potranno fare attraverso una sede registrata sotto la bandiera con la foglia di acero, mentre gli Usa scontano un ritardo in questo campo, sebbene Pechino sia il secondo partner commerciale di Washington dopo Ottawa.
«Fuori dalla Cina il renminbi è ancora considerato una valuta di nicchia, ma il suo utilizzo si diffonde sempre di più», spiga Simon Cooper di Hsbc commentando i risultati di un recente sondaggio sulla crescita dello yuan, «Se fai affari con la Cina devi pensare di farlo in valuta cinese». D’altra parte tra i fatti chiave indicati dal governo canadese per presentare l’iniziativa, oltre al quadruplicarsi degli scambi bilaterali, fino a 78 miliardi di dollari nel 2014, c’è l’ascesa dello yuan a quinta valuta al mondo per transazioni cross-border, come certificato lo scorso gennaio da Swift.
Anche per questo, come sottolineato dal governatore della banca centrale cinese Zhou Xiaochuan a Christine Lagarde, dg del Fmi, Pechino preme per includere il renminbi tra le valute del Fondo Monetario. Secondo alcune interpretazioni, la scelta di Toronto quale hub per lo yuan dell’America settentrionale rischia di avere ripercussioni sui rapporti tra Ottawa e Washington.
Gli Stati Uniti sono reduci dallo smacco dell’adesione di diversi partner europei alla Banca asiatica per gli investimenti promossa da Pechino. L’istituto per lo sviluppo, con una dotazione di 50 miliardi di dollari, che potrebbero presto salire a 100, è percepito come alternativo alle istituzioni finanziarie internazionali in cui maggiore è l’influenza americana.
Della partita fanno parte anche Corea del Sud e Australia. E dei partner europei che guardano alla Aiib, almeno quattro – Germania, Francia, Regno Unito e Lussemburgo – sono in prima fila nel presentarsi come hub continentali nel processo di internazionalizzazione della «moneta del popolo».
[Scritto per Milano Finanza]