Il nipote di Mao e i fantasmi del passato

In by Simone

Dal palco davanti al rostro della Città Proibita, seduto in mezzo agli alti quadri del Partito comunista e dell’esercito, Mao ha assistito alle celebrazioni per il sessantesimo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese (Rpc). Il Mao in questione non è naturalmente il Grande Timoniere, che da quello stesso rostro, il 1 ottobre 1949, proclamò la nascita della Nuova Cina, bensì il suo unico nipote, Mao Xinyu. Figlio di Mao Anqing – il secondogenito del Presidente e della sua prima moglie Yang Kaihui, uccisa dal Partito nazionalista di Chang Kai-shek nel 1930 -, Mao Xinyu è da giorni al centro dell’attenzione dei media per la sua presunta nomina a generale dell’Esercito di liberazione popolare (Pla), diventando così a trentanove anni il più giovane alto ufficiale dell’esercito cinese e il primo erede del fondatore della Rpc a ricoprire un incarico pubblico. L’anticipazione, apparsa la scorsa settimana sul Yangcheng  Evening News, secondo il quale la promozione sarebbe avvenuta lo scorso giugno, è subito rimbalzata sui media cinesi e di tutto il mondo, per poi essere smentita dal segretario del giovane Mao, che ha spiegato come, per i severi regolamenti dell’esercito cinese, la nomina non potrà avvenire prima del 2010 e fino a quella data manterrà il suo grado di .colonnello.

Tutto rinviato di un anno quindi, ma in rete non sono mancate le reazioni all’annuncio. Molti internauti si congratulano con il futuro generale, e tessono le lodi del nonno, il «liberatore del popolo, nemico di funzionari corrotti» e, con uno slogan che ricorda gli anni ruggenti del maoismo, augurano «lunga vita al pensiero del Presidente Mao». Ma non tutti sembrano gradire la scelta. Di «aristocrazia rossa» parla un iscritto al forum del edizione inglese di Global Times, che si fa chiamare “Oliveryty”. Gli fa eco “Luke”che, sullo stesso forum e senza giri di parole, definisce Mao Xinyu un «idiota». Forse in molti non perdonano a lui e a sua moglie Liu Bin di avere due figli, un maschio, il piccolo Mao Dongdong, nato nel 2003, e una bambina. Questo in deroga alla politica del figlio unico e alla rigida pianificazione familiare in vigore in Cina. Privilegi legati al suo ruolo e al suo cognome, una buona spinta per andare avanti nella vita.

Cresciuto dalla madre, poiché il padre, Mao Anqing, era afflitto da una grave malattia mentale, il giovane colonnello si è laureato in-storia all’Università del popolo di Pechino, fondata negli anni Cinquanta dal nonno, per poi conseguire un dottorato all’Accademia militare delle Scienze, guarda caso specializzandosi sul pensiero di Mao Zedong. Attualmente è vicedirettore del Dipartimento di studi strategici e teoria della guerra della stessa Accademia ed è membro della Conferenza politico consultiva del popolo cinese, l’organismo tra i cui banchi siedono le alte personalità del Cina, dai rappresentati degli altri otto partiti democratici a quelli delle minoranze nazionali, ma che come dice il nome stesso ha esclusivamente poteri consultivi. Sebbene il suo blog sia stato votato sul sito dell’ufficialissimo Quotidiano del Popolo, come il migliore del 2009, nei commenti in rete il giovane Mao Xinyu non è considerato molto brillante. «Un leader militare senza paragoni e un teorico di alta qualità» è il sarcastico commento di un’internauta. Un giudizio che traspare anche dai commenti di attenti osservatori occidentali come Francesco Sisci che, dalle pagine della Stampa, lo mette in guardia dal rischio di essere relegato a recitare la parte del nipote di Mao, «messo in bella mostra» per dimostrare che anche il nonno avrebbe approvato le riforme cinesi.

«La figura di mio nonno ha avuto grande influenza nella mia vita – racconta in un’intervista all’agenzia China News Service – la sua ispirazione guida i miei progressi». Con il Presidente condivide la passione per lo sport, soprattutto per il nuoto. Memore delle corroboranti nuotate del nonno nel fiume Yangtze, il corpulento Mao Xinyu, pesa circa 200 chili, racconta: «Sono grasso, devo perdere qualche chilo di troppo. Faccio arrampicata, ma il mio sport preferito è il nuoto. Per il resto passo il tempo immerso nella lettura». È stata la madre a distoglierlo dai sui studi storici sulla dinastia Ming (1368-1644) e su quella Qing (1644-1912) e indirizzarlo alla comprensione degli scritti del Grande Timoniere, al quale ha dedicato anche un volume biografico intitolato Nonno Mao Zedong. Oggi giudica «corretta» quella scelta e ammette: «è solo dopo essere entrato nell’esercito che ho iniziato a capire realmente il pensiero di mio nonno».

Il suo giudizio sull’operato del ingombrate parente è positivo:«Mao Zedong ha dato inizio al processo di industrializzazione delle Cina – spiega in un’intervista al Southern People Weekly – Senza il suo pensiero e il marxismo non potremo completare la modernizzazione». Così come il nonno, Mao Xinyu è convinto che la Cina non debba adottare pedissequamente i modelli stranieri di sviluppo, ma adattarli alle proprie specificità. «Se oggi Mao fosse ancora vivo – conclude – avrebbe sviluppato il suo pensiero per dare  il proprio contributo teorico alla costruzione del socialismo». Il sessantesimo anniversario della fondazione della Rpc è anche l’occasione per tirare le somme sulla figura di Mao. Ufficialmente, secondo quanto stabilito nel 1981 e con una simbologia numerica molto in voga in Cina, Mao aveva avuto ragione nel 70% delle sue scelte, mentre il 30% si era rivelato sbagliato È Al-Jazeera a tentare di capire come sarebbe stata la Rpc senza il Grande Timoniere. «Sarebbe un posto migliore – è il commento di Ai Weiwei, architetto e blogger di fama mondiale – avremo avuto una democrazia, libertà di espressione e di parola». Un «uomo normale» lo definisce Camille una giovane che viene da Wuhan.

Per i giovani nazionalisti cinesi il Presidente  Mao è invece un eroe da idolatrare, soprattutto per i cosiddetti fenqing la “gioventù arrabbiata”che utilizza internet per sfogare la propria rabbia e il proprio risentimento contro chiunque osi minacciare la grandezza della Cina. Qualunque sia il giudizio che si voglia dare dell’uomo e del politico, l’immagine del fondatore della Nuova Cina è dappertutto. Anzi c’è anche chi della memoria del leader ha fatto il proprio lavoro. È il caso di Kong Dongmei, 37 anni, che gestisce una libreria dedicata al Grande Timoniere. Kong non è una ragazza qualunque. La madre, Li Min, era una delle tre figlie di Mao, nata dalla seconda moglie He Zizhen. Il suo negozio si trova all’interno del 798, la fabbrica occupata dagli artisti, oggi sede di numerose gallerie tra i luoghi più in voga di Pechino. Kong non si stupisce della diffusione dell’immagine del nonno «Proprio come l’immagine di Che Guevara, è diventato un simbolo di cultura rivoluzionaria. – spiega, riferendosi allo sfruttamento consumistico dell’icona di Mao – E’ naturale che sia utilizzato sulle magliette o sulle tazze come un logo culturale». E intanto il suo ritratto continua a vegliare sui visitatori che ogni giorno affollano piazza Tian’anmen.

[Pubblicato su Il Riformista il 4 ottobre 2009]

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