Liberati i 29 operai cinesi. Merito di Pechino

In by Simone

Sono stati tutti liberati i 29 operai cinesi catturati a fine gennaio da uomini del Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord (SPLM/N). La stampa nazionale da la notizia del rilascio in maniera trionfale, attribuendo tutti i meriti alla diplomazia cinese.
La liberazione è stata confermata sia dai media cinesi, che dal ministero degli Esteri sudanese, che dalla Croce Rossa, che ha garantito il trasferimento degli operai cinesi dalla zona dei Monti Nuba, in Sud Sudan, fino a Nairobi, dove da ieri si trova il gruppo. Il sequestro era avvenuto nello Stato del Kordofan meridionale, al confine con il neonato Stato del Sud Sudan, ad opera dei ribelli del Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord, durante un assalto al loro campo.

Il Movimento, che aveva combattuto al fianco delle forze ora al governo in Sud Sudan, ha ingaggiato da più di sei mesi una battaglia nel Kordofan meridionale contro il governo sudanese. Pechino è un partner fondamentale di Khartoum, perché compra la maggior parte del petrolio prodotto dal Paese, cui fornisce anche armi, ma il nuovo rapimento di cittadini cinesi, il terzo dal 2004, ha creato tensione molta tensione tra i due Paesi.

Il portavoce dei ribelli del Movimento di liberazione del popolo sudanese-Nord (SPLM/N) ha confermato la liberazione del gruppo di 29 lavoratori cinesi rapiti in Sudan 11 giorni fa. I lavoratori erano rimasti coinvolti in un attacco lanciato da uomini dello SPLM/N, contro i militari di scorta al bus su cui si trovavano i cinesi, lungo la strada che collega Rashad e Al-Abbasiya: 29 uomini erano stati rapiti e 18 erano riusciti a fuggire (di questi 17 erano stati ritrovati e portati in un luogo sicuro dall’esercito sudanese,  di uno è stato ritrovato il corpo).

I lavoratori sono in salute e sono volati in Kenya. Secondo un portavoce dei ribelli, che da giugno combattono nello stato sudanese del Kordofan contro l’esercito di Khartum, gli operai sono stati costretti a fuggire per due o tre giorni le montagne Nuba, un terreno e una zona di guerra molto difficile, insieme ai ribelli per oltrepassare la linea del fronte ed entrare in una zona sicura.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha organizzato il trasposto aereo del gruppo in Kenya. Il Ministro degli Esteri sudanese ha dichiarato che “la autorità sudanesi hanno permesso all’aereo della Croce Rossa di volare da Kauda a Nairobi”, dove i cinesi sono stati consegnati ai connazionali dell’Ambasciata.

I ribelli sostengono di aver preso il controllo della città di Kauda (nello stato del  Kordofan meridionale) dove combattono dallo scorso giugno. Sul sito del Ministero degli Esteri cinese, si legge che Xie Hangsheng, il Viceministro degli Esteri ha convocato uno dei più alti funzionari all’Ambasciata sudanese intimandogli di “fare tutto il possibile per assicurare la sicurezza del personale cinese”.

Martedì il Ministro ha confermato con un comunicato a Xinhua, l’agenzia di stampa statale, che i cinesi sono arrivati nella capitale keniota. “Tutti e 29 sono sani fisicamente e in condizioni di umore stabile” e ha aggiunto che sono stati trasportati all’Ambasciata cinese in Kenya dove sono stati accolti dall’ambasciatore Liu Guangyuan e da Qiu Xuejun, il capo del team che ha lavorato sul loro rilascio.

Il comunicato di Xinhua continua assicurando il loro ritorno in patria dopo una breve permanenza (non meglio specificata) a Nairobi e citando il portavoce dei ribelli  Arnu Ngutulu Lodi che avrebbe dichiarato: “ci hanno detto che uno dei lavoratori aveva avuto problemi a una gamba” a causa degli spostamenti a piedi e da quel momento ci siamo spostati in macchina.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa non avrebbe partecipato alle operazione per liberare i lavoratori cinesi.

Sempre secondo il resoconto di Xinhua il lavoratori sarebbero stati rapiti dopo un attacco dei ribelli nel loro campo di lavoro. L’azienda cinese per la quale lavoravano gli operai è la Power Construction Corp of China, della Sinohydro Corporation, che sta lavorando proprio alla costruzione della strada che collegherà le città di Al-Abbasiya e Rashad.

Il portavoce del Ministro degli esteri sudanese,  Al-Obeid Meruh, ha aggiunto che oltre a questi 29 altri 17 esano stati precedentemente rilasciati grazie all’intervento delle Forze armate sudanesi, ma che un cinese purtroppo è morto.

Abbiamo trovato il suo corpo ieri”, ha dichiarato. Ma il portavoce dei ribelli sostiene che loro non hanno niente a che vedere con la faccenda.

I negoziati sarebbero iniziati solo la scorsa settimana quando il capo delle PLM/N, Malik Agar, ha incontrato un diplomatico cinese a cui ha chiesto di usare la sua influenza diplomatica su  Khartoum per favorire l’arrivo degli aiuti umanitari nelle zone di guerra.

L’incontro sarebbe avvenuto ad Addis Ababa con l’ambasciatore cinese in Etiopia e sarebbe stato seguito da ulteriori negoziazioni avvenute in Kenia, riporta il South China Morning Post.

Malik Agar avrebbe inoltre dichiarato di non aver posto nessuna pre-condizione al rilascio e che “sin dall’inizio abbiamo detto che non si trattava di ostaggi”.

La Cina è il miglior partner commerciale del Sudan: è il maggiore acquirente del suo petrolio e vende armi al regime di  Khartoum.
Oltre ai 29 cinesi, i ribelli avevano catturato anche sette sudanesi sospettati di essere agenti della Sicurezza Nazionale, uno di essi è scappato. “Siamo pronti a rilasciare gli altri sei” ha assicurato Lodi.

Il Sudan ha anche proibito alle aziende straniere di lavorare nel  Kordofan meridionale e nel vicino stato del Nilo Blu, dove una situazione simile di guerriglia è in corso da settembre scorso.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato che circa 30mila persone hanno abbandonato il paese il 28 gennaio, quando i ribelli hanno preso il controllo dell’area di  Al-Abbasiya e gli Stati Uniti hanno rilasciato un comunicato in cui si dichiara che quelle zone saranno presto teatro di una terribile carestia se non si permetterà l’ingresso degli aiuti umanitari.

[Foto credits: cina.quotidiano.net]