La mia India – Il business delle scuole

In by Gabriele Battaglia

Scuole false che per avere i finanziamenti statali millantano studenti e insegnanti a libro-paga. La scuola in India negli ultimi anni è diventata un vero business per i politici locali che cercano di estendere la propria influenza. È ora, scrive Annie Zaidi, di riscoprire il valore dell’educazione come diritto fondamentale. Ultimamente le scuole sono nei guai. Centinaia si sono viste togliere il riconoscimento statale. Migliaia di loro sono state accusate di sottrarci – a tutti noi contribuenti, non solo ai genitori – decine di milioni di rupie. Si parla di quanto il destino di milioni di studenti sia appeso a un filo.

Confesso che trovo questi sviluppi per certi versi interessanti, perché le scuole sono il luogo dove dovremmo imparare le basi e assorbire i valori democratici fondamentali.

Prendiamo il rapporto di quest’anno sulle 600 scuole dichiarate "finte" dal governo del Maharasthtra. Tutto è cominciato nel 2011 a Nanded quando l’allora collezionista Shrikar Pardeshi ha commissionato un sondaggio delle scuole del distretto. Ne è risultato che circa il 30 per cento delle iscrizioni erano false. In seguito, il Chief Minister Prithviraj Chavan ha chiesto un’indagine su scala statale grazie a cui sono state individuate due milioni di "finte" scuole.

La cosa interessante è che molte di queste scuole erano controllate da politici affiliati a vari partiti. Ora, questo non dovrebbe sorprendere nessuno che comprende la nuova economia indiana. C’è possibilità di profitto nell’educazione. E i politici vogliono controllare tutto ciò che garantisce profitto. Diventano perfino più potenti quando prendono decisioni che facciano loro guadagnare di più.

Secondo il sito web dello stato, il Maharashtra ha messo da parte 264 miliardi 430 milioni di rupie (136 miliardi 700 milioni per la scuola primaria e altri 127 miliardi 730 milioni di rupie per la secondaria) per l’anno 2011-12. Non è solo l’educazione dei bambini a essere in gioco; ma anche la loro salute.

Lo stato indiano aiuta le scuole concedendo terra a basso costo, finanziamenti per i salari dei professori. Fondi vengono allocati per i pranzi, il che è un imperativo per una nazione dove metà della popolazione infantile è malnutrita. Ci sono fondi speciali per le scuole residenziali per i bambini delle minoranze etniche. Di qui l’inghippo: metti su una scuola e fai domanda per gli aiuti statali, poi rivendica trasferimenti più grandi sulla base del numero degli studenti e degli insegnanti. L’indagine statale ha anche portato alla luce almeno 12mila falsi nomi d’insegnanti a libro-paga.

Un modo per risolvere questo problema, è, naturalmente, fermare gli aiuti alle scuole. Rendere l’educazione un’impresa completamente privata su iniziativa di coloro che si possono permettere economicamente di offrire il servizio, per coloro che possono permettersi di acquistarlo. Ma il problema non sono solo i politici o gli "educazionalisti" scorretti. Anche le scuole che rimangono senza aiuti stanno diventando un problema.

Prendiamo gli ultimi rapporti sulla Billabong International High School di Thane. L’istituto avrebbe inviato ai genitori che protestavano per un aumento delle tasse scolastiche, una nota legale chiedendo 50 milioni di rupie per diffamazione. I genitori, però, non hanno portato via i propri figli iscrivendoli in un’altra scuola. Al contrario, stanno andando per tribunali.

Ci sono state diverse proteste legate alle tasse scolastiche in tutta l’India
, in città come Delhi, Coimbatore, Aurangabad, Kanpur, Jammu, Bhubanewswar. I genitori hanno istituito gruppi come il Forum Against Commercialisation of Education. Chiedono "trasparenza" e vogliono che politici, attivisti e il comparto giudiziario intervengano anche se non è affar di stato. Alla fine, i genitori hanno scelto scuole non finanziate che si prefiggono di essere elitarie ed esclusive.

Ebbene, cosa vogliono costoro? Buone scuole, ovviamente. Ma in loro c’è anche un certo attegiamento per cui l’educazione non dovrebbe essere un bazaar dove tutto è gratis per tutti, e per cui le persone hanno bisogno di educazione di qualità, anche se non se la possono permettere.

Le persone spesso confondono la qualità del servizio con quanti soldi hanno sganciato per averlo; e questo diventa naturalmente un problema perché i migliori insegnanti non sono quelli che si fanno comprare al miglior prezzo. Ma cosa ci dice questa convinzione diffusa tra le classi medio-alte? Penso che ci riveli che tutti noi riconosciamo il principio fondamentale del diritto all’educazione. Rassicurati sulla "qualità", potremmo anche preferire le scuole statali per cui paghiamo una piccola percentuale sulle nostre tasse.

[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro  I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.