La memoria indietronica di Pechino

In by Simone

Berlino ama la musica”. È il nome di un complesso residenziale costruito da un architetto tedesco alla periferia di Pechino. In una di quelle zone della città tutte uguali tra loro: alti palazzi spersonalizzati, le strade dominate dai centri commerciali di prodotti di elettronica e dai punti vendita delle compagnie di telefonia mobile. Un quartiere raggiungibile dal centro con due o tre cambi di metropolitane o con un paio di ore di traffico. Zhai Ruixin, alias ME:MO, vive qui, in un palazzo come tanti e fra i tanti del compound, dove l’immaginario di una scena musicale può rimanere solo sospirato in un nome. Poi, però, entro dentro la sua casa e tutto cambia: migliaia di dischi, cd, libri e dvd di ogni genere e provenienza geografica. Pc e chitarre. Ogni oggetto nel piccolo salotto riesce a rendere reale un mondo che fuori sembrava distante anni luce. Un mondo confortante, fatto di calore musicale.

Alfiere della musica indietronica in Cina, Zhai Ruixin è un giovane di trent’anni che non ama il partito comunista e i suoi dirigenti. Lo dice senza troppi peli sulla lingua ed è convinto che la maggioranza dei cinesi la pensi come lui. Ricorda Tiān’ān mén. All’epoca aveva solo dieci anni, ma viveva nei dintorni della centralissima piazza. Nei successivi vent’anni ha assistito allo sviluppo economico da una posizione privilegiata, il cuore di una città piena di storia come Pechino, che ha saputo però svecchiarsi (ma anche snaturarsi) a velocità inimmaginabili imponendosi come una delle capitali moderne nel mondo globalizzato. Gli hútòng, i labirintici vicoli della vecchia Pechino, hanno fatto spazio a grandi viali; le basse case tradizionali e i courtyard che li affiancavano hanno ceduto a grattacieli, shopping mall e marchi commerciali. La storia di Zhai Ruixin è quella di tanti pechinesi, sradicati e rilocati ai margini della nuova città, negli alti grattacieli dei compound, lungo i bordi di una metropoli.

ME:MO significa memoria: "All’inizio ho scelto il nome senza prestarci troppa attenzione, ma poi è divenuto un simbolo per me, un segno distintivo della mia musica". Musica come ricordo di una città che non c’è più, delle case e di uno stile di vita privati di identità. Come fossero rievocazione di quelle ‘scene di Pechino’ che danno il nome all’ultimo album di Me:Mo, uscito alla fine del 2010 per la giapponese Plop (Gel, Kazumasa Hashimoto, Fonica, Sora) con la partecipazione della indie-label malese Mü-nest.

Quello di Me:Mo è un atto di amore verso una città scomparsa: "Non mi sento di rappresentare la Cina, ma nei miei pezzi c’è una percezione di Pechino, delle sue trasformazioni in negativo e della mia nostalgia verso l’ambiente in cui sono cresciuto da piccolo, verso la cultura della Pechino sparita. Questo è il tema costante del mio ultimo lavoro, dall’inizio alla fine. Malgrado allora non vivessimo bene come oggi e non avessimo nulla, c’era una disposizione di spirito diversa, più comunitaria e meno disordinata rispetto a oggi".

Memoria tracciata nella rielaborazione di un percorso ben preciso, fatto di elettronica soffusa e di una moltitudine di suoni sovrapposti, dove però le tradizionali campionature sono al servizio di un’attitudine acustica e che ricerca la melodica. "Per la mia musica non amo la definizione di glitch pop, perché rimanda subito a un idea precisa di suono. Invece mi piace parlare di indie electronic, perché è un’espressione molto aperta e non una vera etichetta di genere; è quel tipo di definizione che può prestarsi a vari generi senza esaurirsi in uno di essi, lasciando un artista libero di fare la musica che preferisce. Se dovessi indicare degli stati d’animo rappresentativi per la mia musica direi che è un qualcosa che scuote l’animo, qualcosa di nostalgico del passato. Un’atmosfera ambient, acustica".

Nel 2008 la storia di Zhai Ruixin si intreccia con quella di un altro appassionato di musica, questa volta proveniente dall’Italia: Salvo Pinzone, il creatore della Disasters By Choice, etichetta di culto romana attiva dalla seconda metà degli anni ’90 con pubblicazioni di elettronica di riconosciuto spessore. A metterli in contatto è Layer, un altro degli artisti della label, emigrato in terra cinese. Attraverso la passione di Salvo, la musica di Me:Mo arriva in Italia, divenendo uno dei primissimi esempi – se non il primo – di pubblicazione di musica cinese indipendente in Italia. L’operazione riflette un modo di essere condiviso tra Me:Mo, la Disasters By Choice e i suoi artisti, dedito alla valorizzazione di opere indipendenti.

Più che essere diffusi in un mercato, questi lavori vengono estratti direttamente dalle case, con l’idea di favorirne la circolazione tra gli amanti della musica. Dalla fine del 2008 la collaborazione cresce spontanea e nell’autunno 2010 diviene realtà: Acoustic View, secondo album di Me:Mo, viene pubblicato in versione italiana, con l’aggiunta di quattro remix effettuati da diversi artisti legati alla Disasters By Choice (Obsil, Layer, Populouse Slow Motion): "Layer mi ha contattato dicendomi di avere apprezzato il mio lavoro. Poi lo ha fatto ascoltare a Salvo. È stato tutto molto semplice, non si è trattato di una transazione commerciale; a loro piaceva e volevano pubblicarlo in Italia. È un progetto nato tra appassionati di musica e che è rimasto tale. Una volta Salvo è venuto a Pechino, in quei giorni con Layer abbiamo improvvisato anche un live gratuito per il suo compleanno".

Un percorso simile si sarebbe delineato anche durante la produzione di Peking Scenes: "La collaborazione con la Plop è nata perché un giornalista cinese ha intervistato il suo fondatore [Nao Sugimoto n.d.r.], che gli ha chiesto se in Cina ci fossero dei progetti simili a quelli da loro prodotti. Il giornalista ha fatto il mio nome, così mi hanno contattato, io ho inviato il mio demo ed è iniziata la collaborazione". Nella discografia di Me:Mo, Peking Scenes è il primo album con parti di cantato. Per molti versi questo lavoro rappresenta un nuovo punto di partenza: "Le differenze con i due lavori precedenti ci sono, anche se non così grandi. Probabilmente è un album meno elettronico, ho fatto molto lavoro sulle chitarre e le parti elettroniche sono ridotte al minimo indispensabile. Non è un disco standard di elettronica. Si è trattato di un mio bisogno personale, come un’affermazione del mio modo di fare musica, che nei lavori precedenti non era stata mai così completa come ora".

L’autenticità del percorso musicale è un tema ricorrente nelle conversazioni con Zhai Ruixin. Quando è entrato in contatto con l’elettronica (attraverso i To Rococo Rot), a colpirlo è stata l’esistenza di un modo diverso di fare musica, totalmente estraneo a una scena musicale cinese allora dominata da stereotipi punk e rock. Nell’elettronica Me:Mo aveva trovato delle propensioni al cambiamento e all’innovazione, che riteneva ben distanti dalla sterile reiterazione di un genere musicale.

Dalla sperimentazione-assimilazione di un modo totalmente nuovo di fare musica, riprodotto e proposto in Cina nei suoi primi due lavori, egli si è quindi sempre più impegnato nell’emancipazione da questi modelli per trovare delle forme creative strettamente personali: "Quando ho iniziato a suonare non ho mai pensato di considerarmi un artista, ero solo un ragazzo che ascoltava tantissima musica. Solo verso il 2007 ho iniziato a riflettere sulle relazioni tra quello che stavo facendo e qualcosa di assimilabile a forme artistiche, ma ancora oggi non mi ritengo di fare arte. Parlando da ascoltatore e da amante della musica, in Cina adesso ci sono troppe persone che fanno musica male e si propongono come artisti, perciò preferisco evitare di definirmi un artista. Delle persone che fanno arte in Cina oggi ce ne sono un buon 70% che in realtà non conoscono né capiscono l’arte. E ci sono tanti potenziali artisti che per questo motivo e per l’esistenza di un mercato dell’arte non riescono a emergere e desistono".

Il problema è quello di un mainstream all’interno della musica non commerciale: "Il pubblico è troppo influenzabile negli ascolti. Se un genere musicale va di moda all’estero, anche in Cina cominciano a replicarlo all’infinito. In fondo è un problema di assenza di creatività, in giro ci sono un sacco di idioti che copiano e basta. Negli anni ’90 in Cina ascoltavano tutti heavy metal, a cavallo del 2000 tutti hanno iniziato a fare punk, poi sono comparsi gli indie e gli emo. In Cina tutto cambia nell’arco di pochi anni, poiché abbiamo cominciato in ritardo. Prendi il Giappone, anche lì i generi musicali sono giunti dagli USA e dall’Inghilterra, ma il Giappone si è aperto prima della Cina e ha seguito gli sviluppi musicali contemporaneamente all’Occidente, maturando anche forme musicali ed estetiche proprie, come dimostra l’influenza dell’elettronica giapponese nel mondo".

Ormai Me:Mo sembra avere trovato il suo spazio in una nicchia che non ambisce a divenire mercato. In parte rassegnato alla mancata crescita di una scena musicale pressoché inesistente e in parte anche limitato dall’assenza di locali dove esibirsi nella Pechino dei rock-livehouse: "Nelle date che ho fatto recentemente in Giappone mi sono reso conto di come là gli spazi per le esibizioni sappiano valorizzare la musica elettronica come un genere adatto a un live". Ma senza dubbio sa di godere allo stesso tempo di una sostanziale libertà e indipendenza nel proprio percorso artistico.

C’è chi ha bisogno di riconoscersi in una scena musicale e chi sente il bisogno di sfuggire a delle etichette. L’ultima via è sicuramente quella che rende meno e che ha minore riscontro esterno, ma anche quella che riceve dagli ascoltatori l’apprezzamento più autentico. Poi, quando arrivano i momenti difficili, la musica è sempre un buon rimedio. My Spiritual Medecine è il podcast che ME:MO dedica al ritmo della musica anni ’50: "Abbiamo iniziato nel 2007. È un’esperienza che condivido con un mio amico, principalmente è nata come un divertimento e tale è rimasta.

In questo periodo mi piace sentire musica del passato, mi aiuta molto e mi stimola anche dal punto di vista musicale. In realtà ho sempre ascoltato tutti i tipi di musica, esclusa quella classica (tutta) e il metal (ne sento solo un po’). Forse ultimamente sento meno musica di una volta, mi concentro più sull’elettronica e sulla musica del passato, ma meno sul rock. Sta di fatto che tutta la musica occidentale per i cinesi è nuova, non importa se sia di due anni fa o degli anni ’50".

Discografia:

ME:MO (demo autoprodotto, 2003)

Static Scenery (2006)

Acoustic View (2008)

Peking scene (2010)

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