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La Corea del Sud vira a destra: libero mercato e stop al dialogo con Pyongyang

In Cina, Relazioni Internazionali by Redazione

Corea del Sud. Vince le elezioni (con meno dell’1% di scarto) il conservatore Yoon Suk-Yeol. Tra le sue proposte l’abolizione del ministero per la parità di genere

Dopo un confronto serratissimo, alla fine è stato Yoon Suk-yeol la scelta degli elettori sudcoreani e il prossimo 10 maggio si insedierà ufficialmente come nuovo presidente. L’ex procuratore generale, passato appena l’anno scorso tra le fila dei conservatori, ha battuto il candidato democratico Lee Jae-myung con meno dell’1% di scarto.

IL VOTO DEL 9 MARZO si è svolto in un clima polarizzato e ostile, tanto da essere stato definito come «l’elezione spiacevole». La campagna elettorale è stata dominata da toni a tratti diffamatori e spesso volutamente sensazionalistici. Yoon, un personaggio spesso accostato a Donald Trump per il suo carattere volitivo e lo stile di comunicazione, ha prosperato in questa tensione alimentando anche lo scontro sociale con le proprie posizioni controverse. Prima tra tutte, quella sull’abolizione del ministero per la parità di genere che già infiamma il conflitto di genere in corso tra le giovani generazioni.

La svolta conservatrice proposta da Yoon è parte dell’oscillazione del pendolo politico sudcoreano. Dopo il quinquennio democratico di Moon Jae-in e le relative delusioni per i suoi elettori, la società e la politica hanno subito uno spostamento verso destra. Il conflitto di genere, con l’ascesa di un movimento anti-femminista guidato da giovani sudcoreani di 20-30 anni, ne è forse l’espressione più evidente. Ma la spinta conservatrice che Yoon desidera imprimere al paese non si ferma qui ed è visibile anche nella sua proposta di riforma del settore immobiliare, che è stato in cima alle preoccupazioni degli elettori dato il vertiginoso aumento dei prezzi. Criticando le restrizioni imposte da Moon come contrarie ai principi di mercato, il candidato conservatore ha sostenuto che per aumentare l’offerta di case sia necessario abbassare il livello di tassazione e rivedere le regolamentazioni. Più spazio al libero mercato, dunque, anche per quanto riguarda la politica economica: dalle leggi sul lavoro alla composizione del budget, le proposte di Yoon rientrano nell’alveolo classico del pensiero conservatore.

ANCHE LE PROMESSE di politica estera risentono di questa oscillazione. In primis, la disponibilità al dialogo mostrata da Seul verso la Corea del Nord durante il mandato di Moon dovrebbe presto esaurirsi. Yoon ha detto in campagna elettorale che ci potranno essere concessioni sulle sanzioni internazionali solo dopo la denuclearizzazione di Pyongyang. Per il presidente eletto la strategia è composta da due pilastri: rafforzamento del proprio apparato militare (anche con capacità missilistiche per condurre attacchi preventivi se necessario) e maggiore allineamento con l’alleato statunitense. Quest’ultimo elemento si accompagna poi alla crescente intransigenza mostrata dai conservatori nei confronti della Cina e nella disponibilità a riprendere il dialogo interrotto col Giappone, nel quadro di una rinnovata intesa tra le democrazie contro gli autoritarismi dell’Asia orientale.

Eppure la strada non è affatto spianata. Il nuovo presidente infatti dovrà venire a compromessi con l’Assemblea Nazionale che al momento è in mano ai democratici e che, visto il generale clima di polarizzazione politica, ha i numeri per ostacolare gran parte delle sue promesse di riforma. Anche la svolta a destra ha i suoi limiti. La Corea del Sud rimane pur sempre un paese con una forte tradizione di interventismo statale nell’economia e Yoon, invece che concentrarsi sulla spesa pubblica, mira piuttosto a trainare la crescita economica con altri mezzi: ad esempio, nel settore strategico delle tecnologie e dell’innovazione, Yoon punta a svolgere un ruolo di capofila per il settore privato con investimenti e nuove norme. Anche per quanto riguarda la sua politica estera, l’inesperienza di Yoon potrebbe presto indurlo a più miti consigli grazie all’affiancamento di consiglieri e diplomatici di esperienza.
Ciò che è certo è che dopo il 10 maggio la Corea del Sud cambierà. Quanto, non è ancora dato saperlo.

Di Guido Alberto Casanova
[Pubblicato su il manifesto]