La comunità LGBT cinese, un anno dopo le Olimpiadi Gay

In by Simone

[In collaborazione con AGICHINA24] Ai Giochi Gay 2010, per la prima volta la Repubblica Popolare Cinese è stata ufficialmente rappresentata da una delegazione di otto atleti. Un anno dopo l’argomento diventa "top" nelle ricerche su Baidu Beat. Il sito Baidu Beat da alcuni mesi rende un servizio molto utile per chi vuole analizzare le tendenze della società cinese: a scadenza poco più che settimanale pubblica infatti la Top 10 delle ricerche effettuate in cinese sul motore nazionale di Baidu – escludendo le parole chiave di uso più frequente e ripetitivo come mail, meteo, news… – rappresentando quindi un campione abbastanza accurato degli interessi della rete.

Solitamente si parla di gossip di pop star, aggiornamenti su catastrofi naturali ed approfondimenti vari sui moltissimi casi di corruzione e malgoverno che proprio in internet trovano la loro principale vetrina. Succede però che il 21 giugno a guadagnarsi una posizione in classifica sia un argomento tanto insolito quanto sorprendente: le Olimpiadi Gay 2010 tenutesi a Colonia, Germania.

Non è ancora chiaro come mai a distanza di oltre un anno si sia verificato un picco di curiosità di queste dimensioni – a Baidu Beat sostengono che i media nazionali abbiano recentemente rilasciato ulteriori dettagli in merito all’edizione di Colonia – ma indubbiamente questa sovraesposizione mediatica ha dato l’opportunità a chi ignora la materia, come chi scrive, di far emergere dall’underground della società cinese le caratteristiche dell’imponente comunità LGBT che, non sorprende, si autodefinisce “la più grande al mondo”.

Si scopre così che ai Giochi Gay 2010, che hanno visto la partecipazione alla cerimonia di apertura del vice cancelliere Guido Wasterwelle e del suo compagno, per la prima volta la Repubblica Popolare Cinese è stata ufficialmente rappresentata da una delegazione di otto atleti. Bilancio: una medaglia d’oro in beach volley. Non male per un paese dove il reato di “hooliganism” – abrogato nel 1997 – veniva imputato a coppie consenzienti dello stesso sesso, pena la detenzione, e dove fino al 2001 l’omosessualità era considerata ufficialmente una malattia mentale. 

Oggi, 10 anni dopo, la comunità LGBT cinese non ha paura di mostrarsi al resto della Cina ed al mondo: l’8 marzo ad esempio, durante i festeggiamenti per la giornata mondiale della donna, due coppie omosessuali hanno sfilato per le strade di Wuhan, inscenando una finta cerimonia di matrimonio nel centro della città. 

Al quotidiano cinese Huanqiu, una delle “mogli” ha spiegato che decidere di sposarsi proprio a marzo, durante il principale appuntamento politico cinese delle Due Sessioni, voleva sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto alla proposta di legalizzazione dei matrimoni omosessuali in Cina, portata al vaglio dell’Assemblea Nazionale da Li Yinhe, celebre sessuologa ed attivista per i diritti LGBT cinesi. Dal 2003 la proposta di Li è stata sempre bocciata dal Partito, attento a non prendere una posizione decisa rispetto ad un tema che in Cina è spesso ancora tabù, come dimostrato recentemente anche in sede internazionale: il 17 giugno il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu ha infatti approvato una storica mozione per affermare l’inalienabilità dei diritti della comunità LGBT mondiale, documento sul quale la Cina – assieme a Zambia e Burkina Faso – ha preferito non sbilanciarsi, optando per l’astensione. 

Nonostante i ripetuti scontri con le autorità del governo, che l’anno scorso hanno bloccato all’ultimo momento l’edizione cinese di Mr. Gay programmata a Pechino e chiuso alcuni locali gay nella provincia meridionale dello Yunnan, la comunità gay cinese continua imperterrita nel suo “coming out”. La pop star Li Na, finalista del talent show “Supergirls” del 2006, è stata la prima artista cinese ad aderire alla campagna mondiale “It Gets Better”, una serie di video in cui personalità di spicco dello spettacolo e della politica mondiale – tra cui Barack Obama – si espongono per sostenere i giovani discriminati ed emarginati a causa del loro orientamento sessuale. 

E sui social network il fenomeno è ancora più dirompente, come dimostra il curioso caso di Grindr. Grindr è un’applicazione per Iphone che sostanzialmente funziona come un radar: avviando il programma, dopo essersi registrati, il display segnala altri utenti omosessuali nei paraggi; a quel punto, basta un tap sullo schermo per iniziare a chattare. 

L’applicazione, che secondo Shanghaiist conta oltre due milioni di iscritti in tutto il mondo, era stata relegata dalla censura cinese al di là del Great Firewall, scatenando così il proliferare di identici cloni con caratteristiche cinesi: le autorità non hanno potuto fare altro che arrendersi all’evidenza, riammettendo Grindr all’interno della gigantesca intranet cinese. La perseveranza, alla fine, ha iniziato a pagare.

[Pubblicato su AGICHINA24 il 27 giugno 2011]