India – Ecco il governo Modi

In by Simone

Alla presenza dei principali leader dei paesi vicini, lunedì Modi ha giurato come nuovo primo ministro della Repubblica indiana. La sua squadra di governo, formata in larga parte da uomini fidati del Bjp – con una grossa eccezione agli Esteri – si prepara a guidare il paese. Con una grossa incognita legata al caso marò.
Narendra Modi, l’uomo che vanta il più grande consenso elettorale in India da trent’anni a questa parte, lunedì pomeriggio ha giurato assieme alla sua squadra di ministri nel cortile di Rashtrapati Bhavan, la residenza del presidente indiano Pranab Mukherjee. È ufficialmente iniziata l’era Modi, la fase due di quella Modi wave destinata a stravolgere il panorama politico del subcontinente.

La cerimonia, secondo il desiderio di Narendra Modi, ha ospitato la quasi totalità dei leader politici nazionali – Sonia e Rahul Gandhi su tutti, i grandi sconfitti – e le più alte cariche dei paesi della South Asian Association for Regional Cooperation (Saarc), tra cui hanno spiccato il presidente afghano Hamid Karzai, il primo ministro dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa – presenza che ha spinto la chief minister del Tamil Nadu Jayalalithaa a disertare l’appuntamento, in virtù dei rapporti tesi sulle zone di pesca tra i due stati – e, soprattutto, il primo ministro pakistano Nawaz Sharif, in un unicum storico che ha visto il capo del governo di Islamabad partecipare al giuramento del primo ministro indiano: dal 1947 ad oggi non era mai successo.

La scelta di invitare i leader coi quali Modi dovrà discutere, nel futuro prossimo, di una serie di problematiche annose – scontri al confine kashmiro e terrorismo islamico col Pakistan; immigrazione, contrabbando e diritti di pesca con lo Sri Lanka; ritiro delle truppe Usa e stabilità del paese con l’Afghanistan – è stata interpretata come un capolavoro di relazioni pubbliche: se da un lato infatti, coinvolgendo i primi ministri dell’area, la cerimonia del giuramento ha dato l’ennesimo respiro internazionale al mandato di Narendra Modi, dall’altro il nuovo primo ministro ha voluto sottolineare fin dal primo giorno la propria forte leadership. Da ora in poi, questo il sottotesto, gli affari della zona si discuteranno con me.

La squadra di governo selezionata dal primo ministro rompe definitivamente gli indugi circa le caratteristiche del mandato di Modi: un esecutivo formato quasi interamente da uomini di fiducia del Bjp, specie nei dicasteri più delicati.

Modi, che ha tenuto per sé le deleghe all’energia atomica, alle operazioni aerospaziali e alle petizioni pubbliche, ha affidato gli Interni a Rajnath Singh, attuale presidente del Bjp, anch’egli – come Modi – cresciuto politicamente nelle fila dell’organizzazione paramilitare di destra hindu della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), un sodalizio che ancora oggi lo lega a doppio filo con la Sangh.
Singh, smettendo i panni del presidente imparziale, dall’inizio della campagna elettorale è a tutti gli effetti un uomo di cui Modi pare fidarsi, ma non certamente un vero e proprio braccio destro.

Ruolo per il quale è stato chiamato Arun Jaitley, prestigioso avvocato, personalità autorevole del Bjp che gode di ampia stima nell’ambiente politico nazionale. A Jaitley sono andati il Ministero delle Finanze, dei Corporate Affairs e della Difesa e, in via informale, sarà probabilmente il principale interlocutore del governo Modi con le forze d’opposizione.

La sorpresa più grande nella lista dei nuovi ministri è sicuramente Sushma Swaraj, già capogruppo del Bjp alla Lok Sabha (camera bassa), ex avvocato della Corte suprema, figlia di un membro di spicco della Rss a digiuno da qualsiasi esperienza in politica estera. Sarà lei, alla guida del Ministero degli Esteri, la donna con la quale l’Italia si troverà a dirimere il caso dei due marò.

Sulla nomina di Swaraj occorre però una precisazione: in campagna elettorale la sua assenza tra le fila dei sostenitori di Modi è emersa con prepotenza, allineata invece alla fazione di LK Advani che non ha mai visto di buon occhio la candidatura dell’ex chief minister del Gujarat. Darle un ruolo così rilevante, negli equilibri interni del partito, significa “controllare” i – pochi ma pericolosi – dissidenti e, contemporaneamente, dotarsi di un ministro degli Esteri poco autorevole. Ovvero, la politica estera indiana la farà Modi stesso, per interposta persona.

Alla Giustizia un altro nome celebre dei ranghi del Bjp, Ravishankar Prasad, volto noto al grande pubblico, avvocato di professione e politico con esperienza di governo durante l’esecutivo di Vajpayee a cavallo del secolo scorso.

Tornando al caso dei marò, i quotidiani nazionali da giorni rilanciano l’eventualità che Mukul Rohatgi, attualmente a capo del pool di avvocati che difende i fucilieri Latorre e Girone, sarebbe in pole position per la posizione di procuratore generale, una nomina politica in scadenza il prossimo sei giugno. Se così fosse, la già intricata vicenda Enrica Lexie andrebbe a complicarsi ulteriormente.

[Foto credit: hindustantimes.com]