Kim Jong-il, il sessantottenne e trasandato presidente della Corea del Nord, ha lasciato ieri il proprio paese per una rara visita in Cina, l’unico alleato che il regime ancora mantiene. Scomparso dalla scena internazionale nel 2006 e colpito da un presunto ictus nel 2008, il leader di Pyongyang riappare al cospetto del Partito Comunista Cinese alla ricerca di sostegno economico e diplomatico.
Kim è arrivato ieri nella città portuale di Dalian a bordo del famigerato treno militare blindato, e secondo le voci lussuosissimo, composto da 17 vagoni con cui si sposta nella regione. Da paranoico capo di regime, egli è ritenuto affetto da una paura di volare che condivide con altri grandi statisti, dal padre Kim Il-sung a Mao Zedong. E cedendo sempre alla paura, la visita non è stata ufficializzata né da parte coreana né da parte cinese, lasciando presumere che, come nell’ultimo viaggio in Cina nel 2006, l’annuncio ufficiale sarà dato solo al ritorno in patria di Kim.
Da quella visita di quattro anni fa molto è cambiato, non solo nella geopolitica internazionale, ma anche nelle relazioni sino-coreane. Oggi Pyongyang è un paese, se possibile, ancora più isolato di allora. Dopo i test nucleari del 2006 e del maggio 2009, la Corea del Nord ha portato ad uno stallo i Colloqui a Sei per la denuclearizzazione della penisola, che stanno tanto a cuore alla responsabile Pechino. L’imposizione della sanzioni da parte delle Nazioni Unite, da ultimo l’anno scorso, e la riforma monetaria varata da Pyongyang alla fine del 2009 hanno messo di nuovo in ginocchio l’economia del Nord, non senza causare instabilità sociale. L’affondamento di una nave militare sud-coreana alla frontiera marittima contesa lo scorso marzo, che ha causato la morte di 46 marinai, e i conseguenti sospetti sull’esercito di Pyongyang hanno fatto salire la tensione in Asia nord-orientale.
Tutti questi fenomeni sono all’origine dell’irritazione della Cina nei confronti di un vicino maldestro, che tuttavia non può fare a meno di proteggere. Pechino sta facendo pressione affinché Pyongyang torni al tavolo delle trattative multilaterali ed avanzi nella realizzazione dell’impegno più volte pronunciato ad abbandonare il programma nucleare in cambio di sicurezza e aiuti economici, poiché ne va anche del ruolo di grande potenza della Cina. Le manifestazioni di buona volontà non sono mancate: a marzo la Cina ha rinnovato l’affitto decennale del porto nord-coreano di Rajin-Sonbong, promettendo investimenti in infrastrutture e sviluppo. Dallo scorso fine settimana la Corea del Nord partecipa per la prima volta ad un Esposizione Universale, quella di Shanghai, dando lustro al mentore e a sé stessa una dimensione più umana. Le premesse possono allora far sperare che la Cina riesca, al termine di questa visita, a riportare Kim alla ragione internazionale.
[Pubblicato su Il Messaggero del 4 maggio 2010]