In Cina e Asia – Tik Tok: bloccato il divieto di Trump

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

Il giudice Carl J. Nichols del tribunale federale del Distretto di Columbia ha bloccato temporaneamente il divieto di scaricare TikTok negli Stati Uniti accogliendo la richiesta degli avvocati dell’azienda. “Il governo si atterrà all’ordinanza del tribunale e ha preso provvedimenti immediati in tal senso, ma intende difendere con forza l’ordine esecutivo” all’origine del divieto, ha affermato il dipartimento del Commercio.  L’amministrazione Trump ha assicurato che rispetterà l’ingiunzione preliminare emessa dal tribunale, ma ha annunciato che farà appello. L’ordinanza non ha effetto sulla scadenza del 12 novembre entro la quale Tik Tok è tenuta a definire l’accordo di vendita con Oracle e Walmart. Pena la graduale espulsione dal mercato americano. Secondo i legali della compagnia, il ban priverebbe l’elettorato statunitense di un importante canale di comunicazione a pochi giorni dalle presidenziali. [fonte NYT, Bloomberg]

Cina: nuova legge per proteggere gli informatori

Le autorità di Pechino hanno approvato nuovi regolamenti secondo i quali gli informatori con “intenti non dolosi” non verranno puniti per aver segnalato informazioni, anche qualora esse si rivelassero poi false. Il regolamento, emanato venerdì scorso, consentirà inoltre – in circostanze di urgenza – agli operatori sanitari in prima linea di aggirare i protocolli ufficiali di segnalazione, permettendo loro di dare l’allarme all’interno delle istituzioni mediche o alle agenzie di prevenzione e controllo delle malattie senza dover obbligatoriamente rispettare la gerarchia vigente. L’inclusione della clausola di protezione degli informatori nell’ambito delle emergenze sanitarie ha fatto seguito al grande dibattito pubblico emerso durante l’epidemia di Covid-19, quando molteplici informatori sono stati puniti o indagati dalle forze dell’ordine per aver tentato di dare l’allarme sull’aggravarsi dell’emergenza sanitaria. [fonte Caixin]

Xi Jinping difende le misure adottate nello Xinjiang

Il presidente cinese Xi Jinping ha affermato che le politiche adottate dal Partito Comunista Cinese nello Xinjiang sono “del tutto corrette” e che “devono andare avanti per molto tempo”.  Nonostante una crescente protesta internazionale, che accusa la Cina di aver detenuto almeno un milione di uiguri ed altre minoranze musulmane in campi di internamento e di averli sottoposti a indottrinamento politico e lavoro forzato, Pechino ha insistito sul fatto che questi campi sono “centri di formazione professionale” dove le persone ricevono istruzione per migliorare le loro prospettive di lavoro e contrastare l’estremismo religioso. Sabato scorso, il leader cinese ha ribadito l’importanza di continuare ad implementare tali politiche durante il terzo Simposio Centrale sul Lavoro dello Xinjiang, l’incontro istituzionale di più alto livello riguardante il futuro della regione dell’estremo ovest cinese. Secondo Xi Jinping, dal secondo simposio- tenutosi nel 2014, un mese dopo gli attacchi avvenuti ad Urumqi – lo Xinjiang avrebbe raggiunto una crescita economica significativa, standard di vita più elevati ed una migliore protezione ambientale. Mentre il PCC continua a consolidare il potere nella regione, sale l’allarme a livello internazionale: negli Stati Uniti, il Congresso sta attualmente discutendo l’Uygur Forced Labour Prevention Act, che prevede un divieto di importazione dei beni prodotti nello Xinjiang e, all’inizio di quest’anno, l’Uygur Human Rights Policy Act aveva imposto sanzioni ad aziende e funzionari accusati di violazioni dei diritti umani nello Xinjiang; in Australia, l’Australian Strategic Policy Institute ha recentemente pubblicato un rapporto secondo il quale, dal 2017 ad oggi, circa 16.000 moschee nello Xinjiang sarebbero state distrutte o danneggiate a causa delle politiche governative. Il ministero degli Esteri cinese ha criticato il rapporto, definendolo “diffamatorio”. [fonte SCMP]

Dazi: 3.500 aziende americane fanno causa a Trump

Nelle ultime settimane, circa 3.500 aziende statunitensi – tra cui Tesla, Ford Motor, Target Corp, Walgreen Co e Home Depot – hanno citato in giudizio l’amministrazione Trump per aver imposto dazi su più di 300 miliardi di dollari in prodotti di fabbricazione cinese. Le istanze, depositate presso la Corte del Commercio internazionale degli Stati Uniti, sono state sporte contro il rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Robert Lighthizer e l’agenzia Customs and Border Protection, e contestano l’escalation illegale della guerra commerciale degli Stati Uniti con la Cina, poiché l’amministrazione Trump non sarebbe riuscita ad imporre tariffe attraverso le normali procedure amministrative. Mentre Trump ha affermato che i dazi sui beni cinesi sono giustificati perché la Cina sarebbe colpevole di furto di proprietà intellettuale -costringendo le società statunitensi a trasferire la propria tecnologia per accedere ai mercati cinesi-, l’Organizzazione Mondiale del Commercio non è dello stesso parere. Lo scorso 15 settembre infatti, l’OMC ha sancito che gli Stati Uniti hanno violato le regole del commercio internazionale proprio a causa dell’imposizione di dazi multimiliardari nella guerra commerciale con la Cina. [fonte Reuters]

La Corea del Nord si scusa per l’uccisione di un funzionario sudcoreano

In un messaggio al presidente sudcoreano Moon Jae-in, Kim Jong-Un si è detto “molto dispiaciuto” per l’uccisione di un funzionario sudcoreano per mano nella marina di Pyongyang. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sarebbe entrato illegalmente in acque nordcoreane nel tentativo di disertare e sarebbe stato ucciso come previsto dal protocollo militare, che autorizza l’eliminazione alla frontiera di ogni individuo non autorizzato come parte delle misure per impedire l’importazione di casi di coronavirus nel paese. Secondo il racconto di Pyongyang, le truppe avrebbero inizialmente sparato a salve contro l’uomo, incapace di giustificare la ragione per la quale si trovasse in acque nordcoreane. Quando ha tentato di fuggire, gli ufficiali gli avrebbero sparato, bruciando poi il materiale che l’uomo aveva utilizzato per rimanere a galla, in linea con le misure anti-coronavirus, senza però incenerire la vittima, che sarebbe invece scomparsa in acqua. La versione nordcoreana contraddice la versione di un ufficiale militare sudcoreano, che ha affermato che i soldati avrebbero interrogato l’uomo per diverse ore mentre era ancora in acqua, per poi sparagli e bruciare il cadavere. Le scuse di Pyongyang non hanno convinto il presidente Moon, che in una riunione di emergenza con i ministri della sicurezza convocata domenica sera ha rinnovato le sue richieste per un’indagine congiunta, già negata dalla Corea del Nord. Il Nord ha inoltre mancato di avvertire il Sud di non attraversare il suo confine marittimo per cercare il corpo del funzionario ucciso. Secondo molti esperti, le scuse di Kim Jong-Un sarebbero un espediente calcolato per evitare critiche da parte della comunità internazionale ed in particolare delle Nazioni Unite, dove mercoledì l’ambasciatore nordcoreano Kim Song terrà il discorso conclusivo dell’ultimo round di dialoghi dell’Assemblea generale. [fonte The Guardian;KoreaTimes]

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