In Cina e Asia – La crescita cinese rallenta al 4,9%

In Notizie Brevi by Redazione

L’economia cinese continua rallentare. Secondo i dati rilasciati stamani dall’Istituto nazionali di statistica, il Pil cinese si è espanso del 4,9% nel terzo trimestre su base annua, in calo rispetto al 7,9% dei tre mesi precedenti e meno del 5% pronosticato dagli analisti di Bloomberg. Si tratta del dato peggiore dal terzo trimestre del 2020, quando in piena pandemia la Cina riportò una crescita proprio del 4,9%. In discesa un po’ tutti gli indici, dalla produzione industriale (+3,1% rispetto al 5,3% di agosto) agli investimenti negli asset fissi (+7,3% rispetto all’8,9% del periodo gennaio-agosto), termometro rispettivamente del manifatturiero e delle infrastrutture. Si espandono invece più del previsto le vendite retail, passate dal 2,5% di agosto al 4,9% di settembre. Segno che i consumi interni non hanno risentito delle misure restrittive introdotte per contenere i recenti focolai di Covid-19 in alcune province del paese. Il dato sembra trovare conferma anche da un inaspettato calo della disoccupazione. Per quanto le stime ufficiali non tengano conto dei lavoratori migranti, nei primi nove mesi dell’anno sono stati creati 10,45 milioni di nuovi posti di lavoro urbani, il 95% dell’obiettivo annuale. “L’economia nazionale ha sostenuto la sua ripresa e il suo sviluppo con tutti i principali indicatori macroeconomici che rientrano in un intervallo ragionevole”, spiega nel comunicato l’istituto, “la situazione sociale complessiva è armoniosa e stabile con un’occupazione generale solida, un aumento del reddito dei residenti, pagamenti internazionali equilibrati, una struttura economica adeguata e ottimizzata e una qualità ed efficienza costantemente in miglioramento”. Ma le parole rassicuranti non convincono tutti. A preoccupare, oltre alla crisi energetica che ora deve fare i conti con la prima ondata di freddo invernale, è soprattutto la tenuta del mercato immobiliare travolto dal caso Evergrande. A settembre si è verificata una diminuzione delle nuove costruzioni del 13,54% dopo il congelamento dei finanziamenti concessi agli sviluppatori. Si tratta del sesto mese consecutivo di calo, il più prolungato dal 2015. [fonte SCMP, Reuters]

Arrestate due attiviste ad Atene: chiedevano di boicottare le Olimpiadi di Pechino

Due attiviste sono state arrestate in Grecia per aver inscenato una protesta contro le Olimpiadi di Pechino 2022 presso l’Acropoli di Atene. Come riferito dai media locali, la manifestazione di dissenso ha coinciso con le prove generali di accensione della fiamma olimpica, che sarà consegnata ai rappresentanti di Pechino durante una cerimonia allo stadio Panathinaiko di Atene il 19 ottobre. La 18enne tibetana Tsela Zoksang e la 22enne di Hong Kong Joey Siu, entrambe naturalizzate americane, hanno tentato di appendere uno striscione in favore della “rivoluzione libera di Hong Kong”, invitando i presenti a boicottare i prossimi Giochi invernali. “Il Comitato olimpico internazionale sta comunicando al mondo che va bene chiudere un occhio sul genocidio e sui crimini contro l’umanità a Hong Kong, in Tibet, nel Turkestan orientale e nella Mongolia meridionale”, ha dichiarato   Siu. La performance è durata una decina di minuti. Non è la prima volta chge l’organizzazione cinese dei Giochi fa discutere, Era già accadutio nel 2008, quando una ventina di attivisti greci e tibetani cercarono senza successo di interferire con il trasporto della fiamma olimpica a Pechino. [fonte AP]

E’ iniziata la missione spaziale più lunga della storia cinese

Tre astronauti cinesi sono arrivati con successo alla nuova stazione spaziale per completare  quella che sarà la missione con equipaggio più lunga della storia cinese fino ad oggi. I tre sono decollati con la nave spaziale Shenzhou-13 poco dopo la mezzanotte di sabato dal centro di lancio di Jiuquan, nel deserto del Gobi, raggiungendo la stazione spaziale Tiangong, dove trascorreranno ben 6 mesi. Tiangong, che significa “palazzo celeste”, dovrebbe funzionare per almeno 10 anni. Ill suo modulo principale è entrato in orbita all’inizio di quest’anno e la stazione dovrebbe essere operativa entro il 2022. Una volta completata, Tiangong sarà simile alla stazione sovietica Mir che ha orbitato intorno alla Terra dagli anni ’80 fino al 2001. Il comandante della missione è Zhai Zhigang, 55 anni, un ex pilota di caccia che ha effettuato la prima passeggiata spaziale del paese nel 2008, accompagnato dal pilota militare Wang Yaping, 41 anni, che è la prima donna a visitare la stazione spaziale dopo essere diventata la seconda donna cinese nello spazio nel 2013. L’altro membro del team è il pilota dell’Esercito di Liberazione Popolare Ye Guangfu. L’agenzia spaziale cinese sta pianificando un totale di 11 missioni a Tiangong fino alla fine del prossimo anno, inclusi almeno altri due lanci con equipaggio che forniranno due moduli di laboratorio per espandere la stazione da 70 tonnellate. Le ambizioni spaziali della Cina sono state in parte alimentate dal divieto statunitense di partecipre alla Stazione Spaziale Internazionale, una collaborazione tra Stati Uniti, Russia, Canada, Europa e Giappone. L’ISS dovrebbe cessare le sue attività dopo il 2024, anche se la NASA ha affermato che potrebbe potenzialmente rimanere funzionante oltre il 2028. Le autorità spaziali cinesi hanno dichiarato di essere aperte alla collaborazione straniera sulla stazione spaziale, sebbene la portata di tale cooperazione non sia ancora chiara. [fonte TheGuardian]

Pechino testa missile ipersonico

Un nuovo missile ipersonico è stato testato dalla Cina lo scorso agosto, cogliendo di sorpresa gli Stato Uniti. Secondo alcune fonti vicine alla China Academy of Areospace Aerodynamics, il missile è stato lanciato tramite un razzo Long March ed ha fatto il giro dell’orbita terrestre prima di raggiungere il suo obiettivo, che però è stato mancato per circa 24 miglia. Nonostante ciò, alcuni esperti americani intervistati dal Financial Time hanno dichiarato che l’operazione dimostra che le capacità nucleari cinesi sono molto più avanzate di quanto si pensi: un missile ipersonico di questo tipo, infatti, potrebbe passare inosservato dai sistemi antibalistici americani, poiché vola ad un’orbita molto più bassa ed è molto più maneggevole rispetto ai missili nucleari tradizionali. Inoltre, il missile cinese potrebbe sorvolare il Polo Sud, fattore problematico per gli USA, i cui sistemi difensivi coprono principalmente la rotta artica. Sebbene il test non significhi che Pechino abbia intenzione di fare uso di tale tecnologia nell’immediato futuro, gli ufficiali americani hanno pubblicato alcune foto satellitari che mostrano che la Cina starebbe costruendo più di 200 silos per missili intercontinentali. Pechino non è infatti soggetta ad alcun trattato di non-proliferazione nucleare e non sembrerebbe non avere alcuna intenzione di impegnarsi in tali negoziazioni. Intanto, l’amministrazione Biden sta intraprendendo la Nuclear Posture Review, un’analisi delle capacità nucleari americane commissionata dal Congresso e che sta già dividendo l’opinione pubblica americana tra i sostenitori del controllo delle armi e coloro che invece vorrebbero una modernizzazione degli arsenali americani. Mentre il Pentagono non ha rilasciato alcun commento riguardo al test, l’ambasciata cinese negli USA ha dichiarato che i test hanno “natura difensiva” e che lo sviluppo militare cinese non mira ad attaccare alcun paese. [fonte FT]

Cina: quasi il 20% della popolazione ha oltre 60 anni

Secondo il China Aging Development Bulletin 2020, pubblicato dalla National Health Commission cinese, il numero di persone di età superiore ai 60 anni era di 264 milioni nel novembre dello scorso anno, rappresentando il 18,7% della popolazione totale. Nel 2010 questa cifra era di 178 milioni – il 13,3 per cento della popolazione – mentre nel 2000 era di 130 milioni, ovvero il 10,3 per cento. Ad invecchiare più rapidamente sarebbero le aree rurali della Cina, dove gli ultrassessantenni sarebbero più del 23% della popolazione, 8 punti più che nelle città. Ad aggravare il quadro contribuisce il continuo abbassamento del tasso di natalità, dovuto principalmente all’alto costo della vita e alle scarse risorse dei nuclei familiari: attualmente, la quota di reddito disponibile per le famiglie rappresenta circa il 43% del PIL in Cina, mentre generalmente si aggira attorno al 60-70% a livello internazionale, ha affermato Yi Fuxian, ricercatore ed esperto di demografia presso l’Università del Wisconsin-Madison. Il governo cinese sembrerebbe trovarsi di fronte ad una dura scelta: tagliare le tasse e ridurre i contributi obbligatori alle pensioni e alla sicurezza sociale per incentivare le famiglie ad avere più figli o spendere di più per far fronte al crescente numero di anziani. Sebbene il governo cinese abbia già messo in atto alcune leggi per incentivare la natalità e la crescita demografica – la possibilità per tutti i cittadini di avere un terzo figlio ed un periodo di riflessione di 30 giorni per le coppie che vogliono sciogliere il matrimonio – la questione è al centro delle priorità del partito. La scorsa settimana, il premier Li Keqiang ha dichiarato a una conferenza nazionale sull’invecchiamento della popolazione che sono necessari più programmi per far fronte al problema e, questa settimana, il governo ha anche pubblicato un piano per ridurre i tassi di mortalità infantile, fissando un obiettivo di 5,2 morti ogni 1.000 nascite entro il 2025. Il piano, pubblicato giovedì sul sito ufficiale della Commissione sanitaria nazionale, mira inoltre a ridurre il tasso di mortalità delle donne incinte e postnatali a 14,5 decessi ogni 100.000 persone. [fonte SCMP]

Giappone: Kishida onora i caduti di guerra

Domenica scorsa il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha mandato in offerta al tempio Yusukuni un albero sacro, il masakaki, in occasione delle festività che lì si tengono in autunno e primavera. Un gesto apparentemente innocuo quello compiuto da Kishida – accompagnato anche da Shigeyuki Goto, Ministro della Salute, del Lavoro e del Welfare, e Kenji Wakamiya, ministro incaricato dell’Esposizione mondiale del 2025 – ma aspramente criticato da Pechino e Seoul, che hanno sofferto per mano dell’esercito giapponese durante la Seconda guerra mondiale. Il tempio di Yusukuni onora infatti i caduti in guerra ed è visto dai paesi vicini come un simbolo del passato militarista di Tokyo: dal 2013 nessun primo ministro giapponese si è recato di persona al tempio, ovvero da quando la visita di Shinzo Abe causò un raro rimprovero diplomatico degli Stati Uniti, stretto alleato giapponese. Kishida non sembra aver intenzione di rompere nuovamente il tabù, ma anche la semplice offerta a distanza ha urtato la suscettibilità dei due vicini asiatici. Il ministero degli Esteri sudcoreano ha espresso “profonda delusione” per il gesto di Kishida e ha esortato inoltre i leader giapponesi ad “affrontare con decisione la storia”, mostrando “con i fatti” di aver riflettuto sui gravi errori commessi in passato. [fonte ST]

Capo militare del Myanmar escluso dal vertice ASEAN

Venerdì i ministri degli esteri dell’ASEAN hanno concordato di non invitare Min Aung Hlaing,  capo militare del Myanmar, a un vertice questo mese a causa dei lenti progressi nel ripristinare la pace nel paese. Al posto suo, la presidenza del Brunei all’ASEAN inviterà probabilmente un rappresentante “non politico”. L’esclusione del generale Min Aung Hlaing evidenzia la crescente pressione sul governo militare del Myanmar, che è stato riluttante nel cooperare con la comunità internazionale per risolvere i disordini che imperversano nel paese da febbraio: nessun progresso è infatti stato effettuato sul “consenso in cinque punti” per una soluzione pacifica alla crisi del Myanmar, che i membri ASEAN hanno concordato in una riunione di aprile a Jakarta. In particolare, la causa del disaccordo sarebbe da imputarsi alla mancata accettazione in territorio birmano, da parte della giunta militare, della delegazione speciale composta da Erywan Yusof, vice primo ministro del Brunei. Secondo quanto dichiarato dai portavoce birmani, Erywan aveva insistito per incontri con “alcuni individui specifici”, tra cui i leader eletti estromessi il 1 febbraio, inclusa Aung San Suu Kyi. Pressioni contro la giunta militare arrivano anche dall’occidente: governi di diversi paesi tra cui il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Norvegia hanno rilasciato la scorsa settimana una dichiarazione congiunta, invitando il Myanmar a “coinvolgersi in modo costruttivo con l’inviato speciale dell’ASEAN per attuare rapidamente e completamente anche altri aspetti del consenso in cinque punti”. Secondo l’ Assistance Association for Political Prisoners, un gruppo per i diritti umani, dal 1° febbraio ben 1.178 persone sarebberi state uccise dai militari. [fonte NIKKEI]

A cura di Sharon De Cet e Alessandra Colarizi