Il viaggio americano di Xi Jinping

In by Simone

(In collaborazione con AGICHINA24) Apertura su sicurezza e commercio in cambio di una maggiore cautela su questioni d’interesse cinese. Questi i risultati della visita in Usa del vice presidente della Cina. Sullo sfondo le presidenziali: Obama non vuole offrire il fianco ai repubblicani, mentre Xi deve tutelare la sua ascesa.
Pechino collaborerà sul dossier sul programma nucleare iraniano e sul regime nordcoreano, Washington, dal canto suo, dovrà tenersi fuori da argomenti sensibili come Tibet e Taiwan.

Questa la proposta lanciata agli Stati Uniti da Xi Jinping: vice presidente della Cina impegnato in una visita di stato di 5 giorni negli Usa e destinato, secondo le previsioni, ad assumere la guida del Paese nel marzo del 2013.

“Il mondo è scosso da profondi cambiamenti e in questo contesto Cina e Stati Uniti devono raccogliere le sfide e dividersi le responsabilità sul piano internazionale” ha osservato il vice presidente cinese durante il suo intervento all’hotel Marriott Wardman Park di Washington.

Incontro, organizzato dal Consiglio per gli affari sino-statunitensi e dal Comitato nazionale per le relazioni Usa-Cina, cui hanno preso parte più di 600 persone tra economisti, accademici e legislatori.

Per Xi, è in corso “una nuova fase delle relazioni tra le prime due potenze economiche” soprattutto nel settore commerciale: “l’anno scorso il commercio bilaterale ha raggiunto i 446 miliardi di dollari e ci aspettiamo che superi nel 2012 i 500 miliardi di dollari” grazie a  una cooperazione che il vice presidente definisce “un fiume in piena che non può essere arginato”.

Tuttavia, ha sottolineato Xi, esistono ancora alcuni ostacoli rappresentati ad esempio dalle barriere sull’export di prodotti high-tech imposto dagli Usa. “Dobbiamo mettere in moto un meccanismo per accrescere la cooperazione bilaterale sopratutto su quelli che sono gli interessi chiave dei due Paesi, quali ad esempio l’Iran e la penisola coreana” ha dichiarato Xi con un messaggio che punta a placare il malcontento sulla posizione, ritenuta dagli americani fin troppo prudente, assunta dal Dragone nei confronti di Teheran e Pyongyang.

Ma se sul piano internazionale, Pechino sembra disposto ad aperture, su quello interno esiste una linea di confine che nessuna potenza estera può superare. Un confine che Xi chiama “core interest”: il concetto ha assunto nel corso degli anni diverse denominazioni e sfumature fino ad arrivare a quella attuale con cui il Gigante asiatico indica la sovranità territoriale, rimarcata ormai in tutti i colloqui diplomatici tra il governo cinese e l’estero.

Ci auguriamo che gli Stati Uniti riconoscano quanto prima il Tibet come parte del territorio cinese e si oppongano alla sua indipendenza mostrando cautela in tutte le questioni relative al popolo tibetano”.

Nell’ultimo mese la tensione tra tibetani e cinesi è tornata a salire: migliaia di persone sono scese in strada in una prefettura del Sichuan per protestare contro il controllo esercitato dal governo cinese, mentre dallo scorso marzo più di ventina di monaci si sono dati alle fiamme immolandosi per la causa tibetana.

Da parte sua Washington ha ripetutamente chiesto a Pechino di riconoscere l’indipendenza della regione autonoma e ricevuto il Dalai Lama alla Casa Bianca – l’ultimo incontro tra Obama e il leader spirituale del governo in esilio a Dharamsala risale al 2010 -.

Una posizione che ha più volte incrinato i rapporti tra le due superpotenze. Così come è accaduto con l’appoggio degli Stati Uniti a Taiwan: isola che si è resa indipendente, ma che Pechino considera come parte integrante del suo territorio.

Nel 2010 la vendita di un pacchetto armi da 6,4 miliardi di dollari, autorizzata da Bush e approvata da Obama alla “provincia ribelle” ha creato un vero e proprio strappo nei rapporti militari sino-statunitensi ricucito solo alla fine dell’anno. E nella capitale statunitense Xi Jinping è tornato a battere sul tasto: “gli Stati Uniti devono opporsi con azioni concrete all’indipendenza di Taiwan”.

Poi il numero due di Pechino ha ‘invitato’ gli Usa ad astenersi da commenti sulla politica del figlio unico che i repubblicani hanno definito una “barbarie”.

Se la lunga lista di richieste di apertura su protezionismo, diritti umani e apprezzamento della valuta cinese presentata martedì da Biden e Obama al vice presidente cinese puntava più a mettere a tacere le critiche dei repubblicani che a ottenere risultati, allo stesso modo il monito di Xi Jinping su Tibet e Taiwan – che non costituiscono certo una novità – ha rappresentato sopratutto un messaggio destinato ai cinesi.

Xi, che con ogni probabilità è destinato a prendere in mano le redini del governo cinese, ha dovuto mostrare intransigenza sulle questioni care a Pechino per difendere la sua ascesa politica: qualsiasi segnale di indebolimento potrebbe infatti compromettere il cambio di vertice che si terrà il prossimo autunno. 

Concluso il soggiorno nella capitale con l’incontro alla Camera dei Rappresentanti dove legislatori e politici hanno espresso nuove rimostranze per l’apprezzamento dello yuan e per il veto alla risoluzione sulla Siria, Xi Jinping è volato nell’Iowa.

Destinazione DesMoines e Muscatine, città di circa 23mila abitanti dove in veste di funzionario provinciale soggiornò nel 1985 per studiare tecniche agricole. Lì il leader della Cina ha incontrato qualche ‘vecchia conoscenza’: contadini, amici e la coppia che lo ospitò per due notti nella stanza del figlio tappezzata di poster di Star Trek.

E sempre lì la delegazione cinese ha firmato un accordo per il commercio di 8,62 milioni di tonnellate di germogli di soia americani. E dopo Muscatine, il vice presidente si è trasferito in California, ultima tappa della visita di stato venerdì e dove secondo il Financial Times verrà siglato un grosso accordo tra la DreamWorks Animation, Shanghai Media Group, China Media Capital.

Accordi commerciali a parte, il ‘viaggio a Occidente’ di Xi Jinping si concluderà senza grossi cambiamenti. Restano le frizioni, ma d’altronde quella di Xi, ancora numero due di Pechino, non è stata tanto una visita una visita politica, quanto ‘conoscitiva’. “Sono qui per impegnarmi con la società americana a rafforzare l’amicizia tra il popolo cinese e quello statunitense” ha detto in Iowa Xi Jinping.

[Foto credits: blog.panorama.it]