Il recupero dei tesori cinesi

In by Simone

La caccia al tesoro ha inizio. La Cina manderà in giro per il mondo una squadra di ricercatori ed esperti, con il compito di ritrovare i reperti trafugati nel 1860 dall’Antico palazzo d’estate, lo Yuanmingyuan. A partire dal prossimo anno il team, accompagnato da una troupe della televisione di stato Cctv, visiterà musei, librerie e collezioni private di diversi paesi alla ricerca di fotografie, documenti e oggetti artistici che possano aiutare a ricostruire il patrimonio perduto dell’antica  reggia imperiale.

Lo scopo della missione non è però riportare i reperti in Cina, «speriamo di poter ricostruire un database dei reperti andati perduti – spiega Chen Mingjie, direttore dello Yuanmingyuan, in un intervista al quotidiano ufficiale China Daily – vogliamo avere una visione completa del giardino reale». Lo Yuanmingyuan, il complesso di palazzi e giardini residenza degli imperatori dell’ultima dinastia cinese dei Qing, fu saccheggiato e incendiato dalle truppe anglo-francesi nel 1860, durante la cosiddetta seconda guerra dell’oppio come vendetta per l’uccisione di diciotto emissari inglesi inviati dalle potenze europee per trattare con la corte di Pechino. Francia e Inghilterra saranno perciò le principali tappe dei ricercatori, che dovranno scandagliare attentamente  tra gli archivi di migliaia di collezioni nel mondo: dal British Museum di Londra al museo Fontainebleau in Francia, passando per gli Stati Uniti e per l’Asia, soprattutto in Giappone. La stima dei reperti mancanti è difficile.

«Non sappiamo quanti siano i pezzi d’arte rubati perché anche il catalogo fu bruciato – continua Chen Mingjie – ma in base a un calcolo approssimativo,pensiamo possano essere circa 1,5 milioni ospitati in oltre 2.000 musei di 47 paesi». Tra gli esperti c’è però chi nutre forti dubbi sulla fattibilità del progetto. Se molti reperti fanno parte di collezioni note e sono regolarmente etichettati, altri sono conservati in collezioni private, spesso dopo essere passati di mano in mano, da collezionista a collezionista, rendendo arduo poterli ricollegare all’Antico palazzo d’estate. Le difficoltà non sembrano tuttavia intimorire più di tanto gli studiosi cinesi. Sebbene l’inizio del progetto sia previsto per il prossimo anno alcune ricerche sono già in corso. Tra gli archivi della Biblioteca del Congresso di Washington e all’Università di Harvard è al lavoro il professor Guo Daiheng, della Tsinghua, impegnato ad esaminare oltre cento vecchie fotografie scattate dopo il saccheggio. I reperti trafugati sono oggi un tema di sensibile per l’opinione pubblica cinese, che riportano alla mente gli anni bui alla fine del diciannovesimo secolo, quando il paese, considerato il “Grande malato dell’Asia” era in balia delle potenze europee. Secondo le stime dell’Associazione delle antichità cinesi, tra il 1840 e il 1849 sono finiti all’estero 10 milioni di pezzi d’arte, la maggior parte nei musei europei e Usa

Ormai da diversi anni la Cina cerca di riportare in patria gli oggetti d’arte conservati all’estero con acquisti all’asta, donazioni di privati e convenzioni diplomatiche internazionali. Un fenomeno salito all’attenzione della cronaca lo scorso febbraio quando due teste bronzee di coniglio e di topo, parti della Fontana zodiacale dello Yuanmingyuan, sono state battute all’asta da Christiès per circa 30 milioni di euro tra le vibranti proteste del governo cinese.

[Pubblicato su Il Riformista il 20 ottobre 2009]

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