Gli ultras di Pechino

In by Simone

Gli ultras sono arrivati in Cina. I tifosi del Guo’an di Pechino hanno sfasciato una Jaguar targata Tianjing e hanno maltrattato un venditore reo di "scarsa sensibilità". Imprecisato il numero degli arresti. Club responsabili solo dentro allo stadio. E  non è la prima volta che si verificano atti di vandalismo. Assalti agli autobus, agguati ai treni. Normale amministrazione (almeno fino a qualche anno fa) per gli ultras europei. Ora, l’hooliganismo calcistico supera un altro confine e lo fa con un certo stile.

I tifosi del Guo’an di Pechino hanno infatti sfasciato la Jaguar di un presunto tifoso del Taida di Tianjin proprio di fronte allo Stadio dei lavoratori, nella capitale cinese. Il conducente, un uomo, e la sua compagna sono rimasti intrappolati in auto fino all’arrivo della polizia.

Non si sa per altro se fossero alla partita, dato che Pechino giocava contro il Zhongneng di Qingdao.

Il Global Times spiega che probabilmente il tifosi di casa erano infuriati per lo zero a zero appena maturato contro l’ultima in classifica – risultato che mette fine a un filotto di sette vittorie del Guo’an – e se la sono presa con la macchina targata Tianjin, città dei grandi rivali del Taida.

Insomma, è come se un tifoso dell’Atalanta sfasciasse una macchina targata Brescia dopo un pareggio con il Novara. Tutto fa brodo.

Un video postato su Youku ritrae una massa di tifosi con i verdi colori di casa che circonda la macchina gridando “vieni fuori bastardo”.

Ho preso a calci lo specchietto retrovisore della Jaguar una volta – confessa un tifoso locale, tale Guan Yi, sempre a Global Timesma non sono sicuro di come sia iniziato tutto; molti fan erano già lì a tirare immondizia e calci prima del nostro arrivo”.

Guan, con un certo atteggiamento autoassolutorio che ricorda da vicino le ultime generazioni di ultras nostrani, aggiunge che “i passanti devono comprendere i sentimenti dei tifosi e comportarsi di conseguenza”, ricordando che alla partita erano in 40mila, tutti delusi per il deprimente pareggio.

Anche un venditore di bibite all’uscita nord dello stadio è stato “maltrattato un po’ per avere mostrato insensibilità”, dato che indossava la maglia della squadra avversaria, ha detto Guan.

Il tumulto contro tanta insensibilità si è concluso con un numero imprecisato di arresti. Un residente della zona, soprannominato Liang, ha detto di aver visto la polizia arrestare tre uomini e una donna, che stava “bestemmiando, urlando e tirando calci”.

Non è questo il primo episodio di violenza calcistica che si verifica in Cina, dove i club sono responsabili per il cattivo comportamento dei propri tifosi in caso di problemi all’interno di uno stadio, “ma non al di fuori”, dice Wu Jie, giornalista sportivo.

Chi scrive è stato una volta allo Stadio dei lavoratori in occasione della partita tra Guo’an e Yatai (della città di Changchun).

I tifosi di casa sono per molti versi simili a quelli d’Occidente. Se vogliamo essere pignoli, hanno uno stile più latino (tamburi e canti della curva) che anglosassone (grandi cori di tutta la tifoseria).

La differenza è nell’approccio piuttosto “egualitario”: l’insulto più tipico – Sha bi, che tradurremmo non alla lettera come “coglione” – è distribuito in pari misura ai giocatori avversari e ai propri: nel primo caso sempre e inevitabilmente, nel secondo al primo errore. Diciamo che una tifoseria del genere potrebbe ingenerare ansie da prestazione.

Quella tra il Guo’an di Pechino e il Taida di Tianjin sembra proprio una rivalità di quelle storiche.

Yang Wei, tifoso pechinese, ricorda che in occasione di un match del 2008, “i tifosi del Guo’an bloccarono i sostenitori di Tianjin all’uscita per oltre un’ora, e distrussero anche una Volkswagen”.

Nell’ottobre del 2009, sempre i Guo’an fracassarono una Mercedes nera targata Tianjin sulla Gongti Beilu, nel corso dei festeggiamenti per la vittoria del primo campionato nella storia del club pechinese (fondato nel 1992).

Adesso, in un crescendo inarrestabile, siamo arrivati alla Jaguar.

* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano.

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