Giovani, ‘sfigati’ e consumatori

In by Simone

Si stima che siano oltre 500 milioni di persone a identificarsi come diaosi nell’ex Impero di mezzo. Praticamente tutti quelli che navigano in internet, il 40 per cento dello Stato più popoloso del mondo. E un recente studio ha messo in evidenza come questa sia la fascia che sta cambiando il mercato.
C’è un termine che sta diventando virale sull’internet cinese: diaosi. Ovvero nerd, sfigato. Era un insulto, ma oggi sono sempre di più quelli che tra i 20 e i 40 anni si autodefiniscono così. È una presa di coscienza di chi vuole contrapporsi ai gaofushuai, quelli “belli, alti e ricchi” che a quell’età hanno già uno status che gli garantirà un futuro brillante.

Certo i diaosi passano gran parte della giornata di fronte a un computer, e proprio per questo non fa strano che il termine venga usato nelle pubblicità dei videogiochi. Ma se quelle pubblicità campeggiano sui megaschermi newyorkesi di Times Square – come è avvenuto ad aprile di quest’anno – è legittimo farsi qualche domanda.

Così la sezione economica del portale di informazione Sohu ha messo in evidenza con una serie di infografiche come quella degli “sfigati” sia la fascia della popolazione cinese che – forse anche perché non ha spese legate a un appartamento, una macchina di proprietà o dei figli – spende di più in beni di consumo quotidiani.

Si stima che siano oltre 500 milioni di persone a identificarsi con questo termine nell’ex Impero di mezzo. Praticamente tutti quelli che navigano in internet, il 40 per cento dello Stato più popoloso del mondo. Sono per lo più nati negli anni Ottanta o dopo. Sono studenti o lavorano nell’industria informatica o dei media. Quasi sicuramente non hanno l’impiego statale a cui puntavano i loro genitori quando li hanno fatti studiare.

Nel tempo libero, quando non sono online, vedono gli amici. E siccome la maggior parte di loro non ha né una casa né una macchina di proprietà vanno in giro e spendono. Non in beni di prima necessità come la generazione dei loro genitori, e neanche tanto in beni di lusso o in articoli di moda come la generazione che li ha preceduti. Quasi il 50 per cento delle loro spese è destinato a prodotti di qualità. Perché c’è un’altra cosa che li accomuna. Sono informati. E stanno cambiando il mercato.

Si può fare la controprova. Da quando nel 2012 la crescita del pil cinese è rallentata al 7,8 per cento, il consumo di beni di lusso si è sostanzialmente arrestato. Se a questo si aggiunge la campagna contro la corruzione del nuovo governo guidato da Xi Jinping che ha costretto la maggior parte dei funzionari pubblici a fare a meno di regali e status simbol come rolex e lamborghini, il risultato dal punto di vista di era abituato a fare affari nel “mercato più ambito del mondo” è disastroso.

Ci sono grafici che lo dimostrano più di mille parole. Nel 2012, l’esportazione degli orologi svizzeri che l’anno precedente era quasi per il 50 per cento rivolta alla Cina, è crollata allo 0,6. Un altro esempio? L’anno scorso il marchio Burberry’s (alta moda inglese) vendeva il 67 per cento dei suoi prodotti in Cina. Quest’anno solo il 16 per cento.

Crescono invece le spese in tecnologia, vestiti di marca sì, ma con prezzi accessibili, prodotti per la cura del corpo e cibo biologico o controllato. E in ogni caso crescono gli acquisti online e si moltiplicano le aziende di e-commerce. Insomma, se si guardano al microscopio, gli “sfigati d’Oriente” assomigliano molto alla nostra “generazione mille euro”.

[Scritto per Il Fatto Quotidiano; foto credits: David M. Barreda/Sohu Business]