Giappone – In Corea a riprendere le ceneri degli avi

In by Simone

Un gruppo di giapponesi tra i 70 e gli 80 anni ha visitato la Corea del Nord per riportare a casa i resti dei propri genitori, morti durante l’occupazione giapponese della Corea. Una missione diplomatica che ammorbidisce i rapporti tra Tokyo e Pyongyang.
È una delegazione decisamente particolare quella che la scorsa settimana ha visitato in Corea del Nord. Poco più di una decina di cittadini giapponesi, tutti di età compresa tra i 70 e gli 80 anni, nel paese dei Kim per "scopi umanitari". Ovvero ritrovare ciò che resta dei propri cari, morti più di mezzo secolo fa nelle ultime e caotiche fasi dell’occupazione giapponese in Corea.

Per il signor Fukushima Takashi è stato come ritornare all’infanzia. "Ricordo bene il giorno in cui siamo arrivati alla stazione con la mia famiglia. Ho mangiato una polpetta di riso nell’atrio della stazione e poi siamo andati verso casa nostra, in direzione di una montagna".

Chongjin, Corea del Nord. Agli occhi del signor Fukushima, membro dell’associazione, la Kita izoku renraku kai, la terza città del Regno eremita sembra essere rimasta com’era una volta. Gli edifici sono diversi da quelli degli anni Quaranta, certo, ma l’ambiente che li circonda sembra rimasto come un tempo. E poi le sensazioni legate ai luoghi: la stazione, il porto, il promontorio sulla città, conosciuta come "la città del ferro" .

La città è infatti uno dei poli industriali del paese dei Kim, nonché sede di un campo di lavoro per gli oppositori del regime nordcoreano. In una località poco a Nord di Chongjin, alla fine della guerra i russi stabilirono un campo di prigionia dove si pensa siano morti più di 3mila giapponesi.

"Mi riportano alla mente vecchi ricordi", spiega Fukushima ai reporter dell’agenzia di stampa Kyodo, al seguito di questa particolare spedizione in uno dei Paesi più inaccessibili del mondo. L’uomo, che oggi ha 78 anni, arrivò qui nel 1942 con la sua famiglia e fu rimpatriato tre anni dopo con la sorella Yaeko, allora poco più che neonata. La guerra per il Giappone era ormai persa. E il rimpatrio significava salvezza.

Per oltre 35 anni, il Giappone aveva tentato di "nipponizzare" la Corea. La penisola coreana era diventata parte fondamentale di quella sfera di controllo che i gerarchi giapponesi del periodo tra le due guerre avevano immaginato per rendere il proprio paese una potenza al pari di quelle occidentali. Qui i giapponesi avevano intrapreso un’opera di modernizzazione dell’agricoltura e dell’industria. Furono proprio i giapponesi a rendere Chongjin, porto strategico del Nordest dell’attuale Corea del Nord, un polo per il settore chimico e metallurgico.

Quando però il destino di quell’esperimento era ormai segnato, fu solo il caos. Uno dei primi luoghi visitati venerdì scorso dal gruppo di ex residenti della Corea del Nord è stata una fossa contenente i resti di circa 1600 persone, nei pressi della seconda città del Regno eremita, Hamhung.

Tutte persone, secondo quanto appare dalle ricostruzioni morte di febbre tifoide e denutrizione in un ospedale della zona, ora un campo di grano. Tra questi, anche il padre di Fukushima. "Ora mi sento a casa", ha dichiarato la signora Yaeko dopo aver reso omaggio all’anima del padre con una tavoletta buddhista tra le mani.

Secondo i numeri forniti dal governo di Tokyo, furono circa 35mila le vittime giapponesi in Corea dopo l’agosto del 1945, quando la penisola coreana venne invasa dalle truppe sovietiche. Dall’agosto 2012, quando quasi come provocazione verso la Corea del Sud il governo giapponese aveva aperto un canale diplomatico attraverso la Croce rossa con Pyongyang, sono state cinque le visite di questo tipo. Finora, rivela ancora il governo, i resti di 13mila giapponesi sono stati rimpatriati. Tuttavia rimangono ancora decine di migliaia di resti non riconosciuti in 70 fosse su territorio nordcoreano.

Un nuovo, seppur piccolo, segnale d’apertura tra Tokyo e Pyongyang, dopo le recenti paure di un conflitto tra le due Coree. Un episodio che, però, ha diversi risvolti, e non tutti umanitari.

Il primo tocca direttamente Pyongyang. La presenza di resti umani nel terreno ostacolerebbe le politiche agrarie del governo di Kim Jong-un. Il caso del cimitero di Ryongsan, visitato dal Kita izoku renraku kai il 19 giugno scorso, ne è un esempio: la collina su cui sorge, dove si trovano altri 2000 resti di giapponesi trasferiti a inizio degli anni ’70, è stata scelta per piantare alberi da frutta. Un passo necessario per un paese che vive sull’orlo di una crisi alimentare.

Il secondo, invece, va a vantaggio di Tokyo. Il mese scorso, nella sorpresa generale di Usa e Corea del Sud, Abe Shinzo, primo ministro del governo giapponese, ha inviato un suo fedelissimo Iijima Isao a discutere con alcuni membri della nomenklatura nordcoreana. Cosa si siano detti è avvolto nel mistero. Né Abe né Iijima, che è tra i più fidati consiglieri del primo ministro, hanno voluto discutere la questione in Parlamento o con i media. Tuttavia è opinione comune che le due parti abbiano discusso di una delle questioni che più stanno a cuore ad Abe fin dagli esordi in politica: i rapimenti di alcuni cittadini giapponesi condotti a forza in Corea del Nord alla fine degli anni ’70.

Sempre secondo fonti del governo di Tokyo, sarebbero 17 i cittadini giapponesi rapiti da Pyongyang per addestrare le spie nordcoreane da inviare a sud del 38esimo parallelo. Otto di loro sarebbero ancora vivi secondo quanto fatto trapelare da Pyongyang. Tokyo insiste nel richiedere la loro restituzione e i certificati di morte degli altri.

Una missione di cui Abe aveva fatto una bandiera già al suo primo mandato da primo ministro nel 2006, istituendo un ministero ad hoc. "È la questione più importante per la nostra nazione" aveva detto allora 4 anni dopo aver portato il suo predecessore Koizumi Junichiro ad incontrare il caro leader Kim Jong-il a Pyongyang. L’obiettivo di allora era normalizzare i rapporti tra i due paesi e avere rassicurazioni, mai arrivate, sulla questione dei rapimenti.

Più di dieci anni dopo, la questione rapimenti torna d’attualità. E in tempi non sospetti: tra meno di un mese si terranno le elezioni per la Camera alta del Parlamento giapponese e Abe è in calo di consensi. Una soluzione rapida della questione abduzioni sarebbe un capitale politico enorme. E per ottenere questa vittoria, il primo ministro pare disposto a tutto. Anche ad allentare la morsa delle sanzioni sulla Corea del Nord.

[Foto credits: japantimes.co.jp]

*Marco Zappa nasce a Torino nel 1988. Fa il liceo sopra un mercato rionale, si laurea, attraversa la Pianura padana e approda a Venezia, con la scusa della specialistica. Qui scopre le polpette di Renato e che la risposta ad ogni quesito sta "de là". Va e viene dal Giappone, ritorna in Italia e si ri-laurea. Fa infine rotta verso Pechino dove viene accolto da China Files. In futuro, vorrebbe lanciarsi nel giornalismo grafico.