Elezioni in Corea del Sud: la sfida corre sui singoli temi

In Asia Orientale, Economia, Politica e Società by Redazione

Il 9 marzo si sceglie il nuovo inquilino della Casa Blu, tra visioni differenti in politica interna, estera e nei confronti di Pyongyang. L’articolo fa parte dei contenuti selezionati (3° posto) come parte dell’essay competition organizzata da China Files in collaborazione con Hikma, associazione studentesca dell’Università di Bologna. Oltre alla pubblicazione del contenuto, i vincitori hanno ricevuto agevolazioni alla partecipazione della China Files School: edizione 2022

Il 9 marzo i cittadini della Corea del Sud saranno chiamati ad eleggere il successore del presidente Moon Jae-in. A contendersi la carica sono quindici candidati. Tra questi, due sono coloro che hanno realmente chance di successo: Lee Jae-myung dei Democratici, il partito liberale attualmente al governo, e Yoon Seok-youl per la destra del Partito del Potere Popolare.

Lee Jae-myung è l’ex governatore della popolosa provincia di Gyeonggi. Ha vinto le primarie di partito da outsider ai danni del Primo ministro uscente, Lee Nak-yeon. La sconfitta di quest’ultimo è stata particolarmente significativa, in quanto egli era supportato dalla fazione vicina al presidente uscente Moon e alle legislative del 2020 aveva guidato i Democratici ad un ottimo risultato. Lee Jae-myung, considerato un progressista, iniziò a lavorare neanche adolescente in fabbrica, divenne poi un avvocato impegnato per i diritti umani e del lavoro, è animalista (vietò la commercializzazione della carne di cane quando era sindaco di Seongnam)  e da governatore è stato apprezzato nella gestione della lotta al Covid-19, in particolare durante la prima ondata: successivamente infatti venne accusato di mantenere una politica troppo divergente rispetto ai protocolli nazionali e si scoprì che disertò molte delle riunioni del Coordinamento sanitario centrale rivolte ai governatori delle province.

Il Partito del Potere Popolare è il principale partito della destra coreana ed è erede del Saenuri dell’ex presidente Park Geun-hye, sottoposta ad impeachment e poi arrestata nel 2017 a seguito di un intricata vicenda che la vide condannata per corruzione e abuso di potere. Il Saenuri venne poi rinominato, complice l’impopolarità che aveva adombrato la formazione, assumendo il nome attuale. La formazione candida a presidente l’ex magistrato Yoon Seok-youl, il quale ha avviato una campagna politica conservatrice e libertaria.

Entrambi i contendenti si rivolgono a vicenda l’accusa di populismo. Lee è solito rimarcare le sue umili origini ed è noto per il suo linguaggio semplice e diretto. Yoon presenta sé stesso come il candidato del buonsenso e del razionalismo, in lotta contro la “politica della soluzione facile” rappresentata da Lee; allo stesso tempo è il portabandiera di una destra coreana che si è sempre contraddistinta per le proposte demagogiche e per i toni scontrosi usati verso gli avversari.

Sulle intenzioni di voto pesano le proposte in politica estera, soprattutto nei confronti della Corea del Nord. Lee si è detto intenzionato a perseguire le politiche di distensione e collaborazione con Pyongyang già avviate da Moon. Nei suoi cinque anni di governo Moon ha incontrato ben due volte Kim Jong-un: la prima visita storica ebbe luogo il 27 aprile 2018 a Panmunjon, sulla linea lungo il 38° parallelo e per la prima volta un leader nordcoreano fece un passo, seppur piccolo, in Sud Corea. Il secondo incontro avvenne a porte chiuse nella capitale nordcoreana nel maggio 2018. Le dichiarazioni finali ai margini degli incontri esprimevano la comune volontà nel trasformare l’armistizio del 1953 in un Trattato di Pace, nella continuazione dei colloqui diplomatici, nel ricongiungimento dei nuclei familiari divisi dalla guerra e nella denuclearizzazione a lungo termine della Corea del Nord. Moon inoltre propose la riapertura (non ancora avvenuta) della zona economica speciale di Kaesong, in supporto ad un maggior scambio economico con il Nord. Kim, già a margine del primo meeting, annunciò la chiusura del sito dei test nucleari nordcoreani di Punggye-ri.

Se Lee pone l’accento sulla posizione della Sud Corea di mediatore tra Washington e Pyongyang, Yoon preferirebbe un maggior allineamento con gli Stati Uniti ed è favorevole al dispiegamento di armi nucleari americane e alle esercitazioni militari USA nel Paese. Posizioni queste simili, almeno in parte, alle politiche avviate dalla Park, la quale giunse ad installare il sistema antimissilistico THAAD. Tuttavia, anche il candidato di destra si è detto aperto a colloqui diplomatici con Pyongyang, svincolandosi quindi dalle accuse di voler riproporre la politica dello scontro.

Rimanendo in politica estera, è noto come la Sud Corea e il Giappone abbiano avuto negli anni relazioni talvolta anche molto tese: l’invasione nipponica della Penisola coreana del 1905 e la successiva annessione all’Impero sino al ‘45, rappresenta nella memoria coreana una ferita difficile da risanare. Negli ultimi anni, i rapporti tra Seoul e Tokyo sono stati molto tesi: in risposta ad una sentenza di risarcimento emessa da tribunale sudcoreano nei confronti di diverse società nipponiche, accusate di sfruttamento di lavoratori sudcoreani negli anni dell’occupazione, il Governo Abe decise di limitare l’esportazione di materiali di alta tecnologia appena oltre il Mar Orientale. Nel 2018 il valore dell’export di prodotti high tech coreani era di 193 miliardi di dollari: era chiaro quanto la scelta di Abe potesse essere dannosa per l’economia locale, dato che molti dei componenti necessari alle produzioni coreane erano giapponesi. Nel luglio del 2019 iniziò così una grandissima campagna di boicottaggio dei prodotti nipponici in tutto il Paese. Moon aveva già precedentemente contribuito alla rottura delle relazioni quando, nel marzo 2018, aveva definito insufficienti gli 8,3 milioni che il Giappone avrebbe dovuto versare nel fondo di sostegno alle donne coreane costrette alla prostituzione nei bordelli giapponesi durante gli anni dell’occupazione, meglio note come “dame di conforto”.  Nonostante timide aperture avvenute negli ultimi due anni, la spaccatura tra i due paesi non si è ancora risolta. Nel mondo della politica sudcoreana, posizioni intransigenti sulla relazione di Seoul con Tokyo sono spesso un mezzo per attirare voti. In tal senso si è mosso Lee che, nonostante si dica aperto al dialogo col Giappone in materia economica e di cooperazione diplomatica, insiste sulla via della fermezza per questioni riguardanti la storia e la sovranità territoriale ed ha esplicitamente auspicato il superamento dell’economia sudcoreana su quella giapponese. Diversamente, Yoon si è detto sinceramente pronto a riprendere un’efficacie collaborazione con Tokyo, e ha proposto di redigere una dichiarazione congiunta di relazione bilaterale su temi che spaziano dall’economia alla politica estera, sul modello di quella già firmata nel 1998.

Il terzo influente vicino su cui si concentrano proposte e visioni differenti è la Cina. In questo senso, i candidati ripropongono lo schema adottato nei confronti della Corea del Nord: Yoon auspica una Corea del Sud partner stretto degli USA e di conseguenza le relazioni con Pechino le vede subordinate rispetto alle decisioni prese assieme agli alleati. Un motivo di attrito tra Yoon e le cancellerie cinesi è dato dal suo essersi pronunciato favorevolmente al THAAD: l’ambasciatore cinese a Seoul, Xing Haiming, ha addirittura pubblicato una lettera, molto contestata, esprimendo la sua contrarietà alle proposte di Yoon. Lee aspira più ad un ruolo di mediatore tra Washington e Pechino e ha riconosciuto l’importanza di una sempre maggiore collaborazione con la Cina, sia relativamente ai rapporti commerciali sia rispetto al dialogo con Pyongyang.

Sul piano delle proposte di politica interna, permangono sostanziali differenze di vedute tra i due contendenti. La serie Netflix Squid Game o il film pluripremiato Parasite, hanno fatto emergere anche in Occidente quanto sia sentito in Corea il tema della disparità sociale. In realtà i dati sconfessano in parte questa tesi, mostrando come la Corea del Sud abbia sostanzialmente un buon coefficiente di Gini. Per rispondere comunque a quello che è un problema sentito, Lee ha proposto l’avvio di un piano denominato Fair and trasformative growth, richiamando l’idea di un New Deal che renda compatibile crescita economica ed uguaglianza sociale. A questo fine, egli promette di aiutare lo sviluppo dell’industria high-tech, promuovendo la nascita di un ministero dedicato. L’agenda di Lee presenta poi un piano di potenziamento dell’energia verde e un incremento della spesa per l’istruzione. Un’idea curiosa di Lee è quella di aprire una piattaforma di metaverso in cui le persone possano comunicare col governo in maniera virtuale.

Differentemente, Yoon ha molto criticato le misure egalitarie già portate a termine da Moon: il salario minimo aumentato del 30% e la riduzione di 16 ore della settimana lavorativa, ha portato le piccole imprese a bloccare le assunzioni. Yoon ha poi accusato Moon di essere il grande responsabile dell’aumento del debito pubblico, che ammonta ora a 1.000 miliardi di Won. Il candidato della destra promette di liberalizzare ancor di più la società attraverso una politica di sburocratizzazione, convinto che lasciare ampi spazi di libertà sia lo strumento giusto per sostenere l’innovazione. Il suo piano prevede, tra le altre cose, l’eliminazione delle tasse sulle plusvalenze, la deregolamentazione dell’industria degli asset digitali e, un po’ in controtendenza rispetto alla linea libertaria, l’aiuto economico verso università e piccoli esercenti.

Una somiglianza tra i due candidati è nel comune antifemminismo di cui sono entrambi accusati. Il tema è molto sentito in Sud Corea e numerosi sono i gruppi, in prevalenza composti da giovani uomini, che si fanno promotori di istanze antifemministe. In merito a ciò, Yoon ha proposto l’eliminazione del Ministero dell’uguaglianza di genere, mentre Lee ha detto che le istanze femministe creano discriminazioni nei confronti dei maschi.

Nonostante una campagna partita in salita, al momento Yoon è in testa nei sondaggi col 45% di media. Segue Lee col 38. La partita è molto aperta: vince chi ottiene più voti al primo turno, non è previsto il ballottaggio.

Di Mattia Brazzorotto