È passato un secolo!

In by Simone

Il partito ha appena festeggiato i suoi novant’anni, ma oggi è il giorno della prima rivoluzione cinese contro il sistema feudale, contro l’imperatore e contro i privilegi dei pochi. Oggi, la storia della Cina repubblicana ha compiuto un secolo. Festeggia la Cina e festeggia Taiwan, perché entrambi i paesi riconoscono Sun Yatsen come Padre della Patria. Una data simbolo per chiedere – ancora una volta – la riunificazione dei due paesi.
Caduto l’ultimo impero Qing, quello mancese, l’imperatore Henry Puyi rinuncia al Mandato celeste il 12 febbraio 1912: l’ultimo Figlio del Cielo lascia il posto al popolo e la prima Repubblica nella storia cinese e, sulla carta, è fatta.

La società cinese dell’epoca era profondamente diseguale e impari. Il sistema feudale si stava modernizzando, i primi commercianti, specie al sud, cominciavano ad arricchirsi ma tra il popolo il malcontento era alto. Oltretutto, gravavano sui cinesi anche i pesanti trattati ineguali (1842) che permettevano alle potenze straniere  di entrare in Cina dalla porta principale con il risultato di creare delle città nella città, tra commercio, jazz e prostitute russe. Sulle porte dei locali di Shanghai negli anni venti vi si trovava spesso scritto : «vietato ai cani e ai cinesi».

In questo periodo storico, furono numerose e attive le società segrete in Cina, in particolare nella vasta area del sud dello Yangtze (fiume Azzurro), nelle zone del Jiangsu e dello Zhejiang, porti aperti in cui era facile il contatto con viaggiatori-commercianti e con gli stranieri, specie i giapponesi. In queste zone studenti e studiosi cominciarono a parlare di rivoluzione: si erano già ribellati i Taiping (governo locale a Nanchino nel periodo 1850-1864) e i Boxer (1901), per citare solo le rivolte più note.

Le spinte rinnovatrici che arrivavano dai cinesi d’oltremare andavano in due direzioni diverse: una verso le riforme, l’altra verso la rivoluzione. Liang Qichao fu tra i primi a parlare di democrazia in Cina. Era un convinto monarchico costituzionale ed era ben deciso a un processo graduale di formazione del cittadino cinese, che secondo lui era ancora impreparato ad accogliere tale cambiamento. L’altra personalità era Sun Yat-sen che invece voleva la rivoluzione.

Allo stesso tempo era stato proprio il governo imperiale a dare il via a una serie di riforme – scolastiche, sociali, politiche ed economiche – che diedero inizio al cambiamento strutturale del vecchio ordine e favorirono la diffusione di nuove idee.
Intanto, dopo la prima guerra mondiale, anche gli equilibri a livello internazionale stavano cambiando e il Giappone acquisiva un peso che fu rilevante in tutta la storia successiva della Cina, nel bene e nel male.

La mancanza di strumenti validi per amministrare l’immenso territorio dell’Impero senza più il Mandato del Cielo, finì per abbandonare la Cina alla legge del più forte e per mettere il potere locale in mano ai Signori della Guerra, militari senza troppo spessore ideologico. All’epoca però circolavano nuove idee, quelle che portarono al movimento del 4 maggio 1919 a Pechino: alla Beida, l’Università di Pechino, si leggevano i primi scritti in favore dell’adozione di una nuova lingua (il baihua, lingua parlata) e le idee socialiste cominciavano ad essere discusse.

In questo intricato momento storico si ritrova inoltre la radice dei controversi rapporti tra la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cina a Taiwan che si costituiranno dopo il 1949: entrambe, infatti, riconoscono in Sun Yat-sen come padre della patria. Le mosse politiche interne che riguardano la valutazione di questo personaggio sul continente sono importanti per capire le dinamiche su questa delicata scacchiera di politica internazionale.

Oggi, infatti, è anche la festa della Repubblica cinese, ovvero di Taiwan.

10 ottobre del 1911 (1)

A Wuchang, quartiere di Wuhan nella provincia dell’Hubei, un gruppo di attivisti in fuga – scoperti il 9 ottobre dopo lo scoppio accidentale di una bomba nella concessione russa sulle rive dello Yangze – si ribellarono ai governanti Qing che fuggirono senza opporsi. Gli stranieri presenti si dichiararono neutrali e una vivace reazione del popolo supportò i pochi ribelli, che organizzarono questa insurrezione nell’anno Xinhai nel ciclo sessantenario del calendario cinese. Nella veste più moderna, la data del 10 ottobre è conosciuta anche come “doppio dieci”.

Gli attivisti facevano parte dell’Alleanza Rivoluzionaria (Tongmenghui), fondata nell’agosto del 1905 da Sun Yat-sen, che alle spalle aveva conoscenze ed esperienze giapponesi e supporto finanziario esterno alla Cina, cinesi all’estero e stranieri in Cina. L’Alleanza perciò aveva membri e sedi in tutte le provincie cinesi (escluso il Gansu) e nelle città di Singapore, Bruxelles, San Francisco e Honolulu.

Sun studiò presso una scuola della chiesa d’Inghilterra a Honolulu poi tornò e a Canton e a Hongkong presto entrò in contatto con ambienti politici cinesi e non. Cominciò la sua attività politica e fu costretto più volte alla fuga: in Europa, America e in Giappone. Fondò e aderì a diversi gruppi politici che portarono avanti la diffusione e lo sviluppo del nuovo pensiero, al cui centro vi era il popolo (Min).
Al momento della rivolta Sun non era in Cina, ma vi tornò in tempo per essere eletto presidente provvisorio della prima Repubblica di Cina (Minguo), fondata a Nanchino il primo gennaio 1912.

Al politico Sun Yat-sen però mancava l’appoggio delle forze armate. Così il 12 febbraio fu Yuan Shi-kai, gia vicino ai regnanti Qing e forte del controllo sui militari, ad assumere la presidenza della prima Repubblica cinese, con capitale di nuovo a Pechino.

Yuan restò al potere – con una politica fatta di corruzione e di azioni militari – fino al 1916 quando, in seguito alle rivolte scoppiate dopo l’avanzata militare del Giappone in Cina, tentò addirittura di restaurare una monarchia. Alla sua morte, avvenuta in quello stesso anno, lasciò il paese in mano ai signori della guerra fino al 1928. Questi avevano il potere ma non furono certo in grado di offrire il supporto ideologico necessario a strutturare un nuovo paese.

Il controllo sulle regioni più esterne come il Tibet e la Mongolia si indebolì, in favore dell’influenza rispettivamente inglese e russa su quei territori.

Le prime elezioni del 1913 confermarono il consenso al Partito Nazionalista (Guomindang) fondato da Sun Yat-sen l’anno precedente; la bozza della Costituzione cinese fu scritta pure in quegli anni, e nel 1921 fu fondato il Partito Comunista.

10 ottobre 2011

Oggi a Taiwan è festa grande, mentre in Cina i festeggiamenti si sono tenuti ieri. Cento anni dopo, a Nanchino (capitale del Jiangsu), a Wuhan (Hubei) a Canton, a Chengdu (Sichuan), a Pechino, a Shanghai, sono state organizzate molte manifestazioni, eventi, mostre, conferenze in onore di questo centenario. A Ningbo, città del Zhejiang, è stata confezionata un’enorme giacca grigia, nello stile che caratterizzava i politici cinesi fino a qualche decennio fa, che fu portata da Sun prima che da Mao: «In Cina, la giacca di Sun Yat-sen è stata sempre simbolo di progresso e spirito rivoluzionario» si legge in un articolo di China Radio International.

Il primo ottobre, festa della Repubblica in Cina, una foto gigantesca di Sun Yat-sen esposta in piazza Tian’an Men a Pechino ha popolato i siti internet.
Il 23 settembre è uscito nei cinema di tutta la Cina anche il film «Xinhai»: chi più adatto del popolarissimo Jakie Chan per interpretare il ruolo del «predecessore della rivoluzione»? È così che oggi viene considerata la figura di Sun Yat-sen, in un tentativo di usare una parte di storia a propria immagine e somiglianza.

Anche il vecchio Jiang Zemin, dato per morto nel luglio scorso, è ricomparso nella Grande Sala del Popolo a Pechino a fianco di Hu Jintao. Quest’ultimo nel discorso ufficiale per la commemorazione, di fronte a ufficiali e colonnelli, ha colto l’occasione per sottolineare che il sistema monopartitico in Cina rimane l’unica soluzione valida per le riforme e le speranze nazionali di sviluppo e di riunificazione anche con la sorellina Taiwan: «la storia, a partire dalla rivoluzione Xinhai, lo dimostra». Proprio per questo il fatto che due incauti giornalisti del China Daily abbiano riportato la notizia lasciandosi guidare da un lapsus linguistico ci strappa un sorriso. Sotto la foto dell’ottantacinquenne Jiang Zemin, campeggia il titolo: “Urge un ringiovanimento nazionale”. Lo stesso termine è riportato in tutto l’articolo che non tratta della vetusta classe dirigente cinese, ma del ricongiungimento, appunto, Cina-Taiwan. Ricongiungimento, non ringiovanimento, si sospetta. [TDm, DMt, SPi, Cag]

[Foto credits: sonbun.or.jp] (1) Per i riferimenti storici si è preso come riferimento il volume Fairbank, Storia dell’Asia orientale, tomo II, Einaudi, Torino, 1974