Dragonomics – Facebook ci riprova

In by Simone

Il più famoso social network del mondo cerca di aggirare il filtro cinese passando per la pubblicità, ma a Pechino fanno orecchie da mercante. In tutti i sensi: la Rete che piace ai piani alti del potere cinese fa girare soldi, dà visibilità internazionale, ma è sostanzialmente innocua. Al forum economico di Tianjin, il vicepresidente di Facebook, Vaughan Smith, si è lamentato del divieto a operare in Cina dicendo che molti potenziali utenti cinesi gli chiedono quando il social network sarà finalmente accessibile. Facebook è bloccato da anni oltre Muraglia, così come YouTube e Twitter. Certo, vi si accede tranquillamente utilizzando un proxy, ma la grande massa dell’oltre mezzo miliardo di internet user cinesi ne fa a meno, spassandosela sui social network locali. Il che permette a Linkedin di essere l’unico prodotto made in Usa facilmente accessibile e in grado di cogliere le opportunità del mercato locale.
Ma quello cinese e asiatico in generale è l’universo internet in più rapida espansione del mondo, non si può rinunciarvi. Che fare, dunque?

Giusto la primavera scorsa, Facebook ha comprato 800 metri quadri di ufficio commerciale nel distretto economico di Pechino, in quella che sembra una strategia di avvicinamento al mercato locale: lo scopo è di intercettare comunque inserzionisti per la pubblicità, nonostante il bando. Una manovra d’aggiramento per superare la linea Maginot, che da queste parti si chiama Grande Firewall, il sistema di filtri che rende il social network inaccessibile.
Smith insiste adesso sul fatto che Facebook, proprio in quanto veicolo per la pubblicità cinese, può aiutare le imprese locali a internazionalizzarsi e gli esportatori a conquistare nuovi mercati. Insomma, parliamone. E già che ci siamo, facciamolo con il linguaggio che da sempre fa drizzare le orecchie a voi cinesi: quello dei soldi.

Tuttavia, le autorità del Dragone per ora non fanno una piega e rispondono di non credere che Facebook avrà accesso alla Cina molto presto. Parola di Lu Wei, direttore dell’Ufficio Statale su Internet, il quale ha affermato allo stesso Forum di Tianjin che ci deve essere “reciproca integrazione” delle norme internazionali per la governance di internet e delle leggi nazionali dei vari Paesi. “Libertà e ordine sono sorelle gemelle – ha detto Lu – e devono convivere”. Ma attenzione: “L’ordine internazionale non può influire sull’ordine locale” e la governance globale di internet deve essere “multilaterale”. Nessun passo avanti per Facebook, quindi.
Il compagno Lu Wei era precedentemente il responsabile della Propaganda per la municipalità di Pechino ed è considerato un falco del controllo su Internet, in particolare sui social media. Molti giornalisti cinesi attribuiscono a lui il giro di vite del 2013 contro i “Big V”: quegli utenti di Sina Weibo che, avendo un grande numero di follower, potevano influire eccessivamente sull’opinione pubblica.

La sua filosofia si sintetizza così: “Internet è come un’automobile. Se non ha freni, non importa quanto sia veloce; quando si immette in autostrada, si può ben immaginare come andrà a finire”, ha detto.
Lu Wei ha inoltre dato altre preziose indicazioni sullo stato dell’internet cinese in termini numerici.
In Cina ci sono quasi quattro milioni di siti web, 600 milioni di Internet user (molto più della popolazione complessiva della maggior parte degli Stati al mondo), 1,3 miliardi di utenti di telefonia mobile (praticamente tutta la popolazione), di cui 500 milioni fanno uso di servizi internet su telefonino. Gli utenti Internet cinesi rappresentano un quinto del totale mondiale. Delle 10 imprese internet più competitive al mondo – non si sa a quale classifica si riferisca Lu – quattro sono cinesi. Quanto al segmento prediletto dai sudditi del Celeste Impero, l’e-commerce, ogni anno avvengono oltre 10.000 miliardi di transazioni.

È questa l’Internet che piace al governo di Pechino: tanta crescita, tanta produzione di valore aggiunto, visibilità a livello mondiale, e niente rogne da attirarsi in casa.
Che la strategia di reprimere i social network e promuovere il lato business di internet abbia un discreto successo lo potrebbe rivelare il fatto che il numero totale di utenti attivi sull’applicazione mobile di Weibo è in calo. Ad agosto, quelli che si sono collegati via telefonino al social network su cui tradizionalmente circolano le idee, pure quelle scomode, sono calati quasi dell’11 per cento rispetto al mese precedente. Anche il tempo medio trascorso sul social network è calato quasi del dieci per cento (si consideri che in Cina agosto non è mese di vacanza come da noi). Sembrerebbe così che che l’era di Weibo sia al tramonto e che le nuove generazioni prediligano la comunicazione istantanea di Weixin o le transazioni commerciali di Alibaba; per forza di cose, meno “sensibili” del vecchio social network.

[Articolo scritto per lettera43]