Corea del Nord – Raccontare un Paese incomprensibile

In by Simone

Come raccontare la Corea del Nord? Quali fonti sono attendibili e come si affrontano il mistero ed i segreti che avvolgono la dittatura a nord del 38esimo parallelo? Lo abbiamo chiesto a Rossella Ideo, coreanista ed esperta di storia dell’Asia Orientale.
Impossibile sapere. La bufala nata da Weibo sul presunto omicidio a Pechino del leader nordcoreano Kim Jong-un e il tam tam che per un interno giorno ha suscitato il caso in rete ha rispolverato un problema ormai noto: l’impossibilità di parlare con certezza del regime di Pyongyang.

Il giorno dopo la falsa notizia il Wall Street Journal ha dedicato un articolo all’imperscrutabilità della Corea del Nord. Un Paese “incomprensibile per gli standard globali”, ha scritto Evan Ramstad. China Files ne ha parlato con Rosella Ideo, coreanista ed esperta di storia politica e diplomatica dell’Asia Orientale.

A maggio del 2010, durante un viaggio di Kim Jong-il in Cina, il corrispondente del Christian Science Monitor a Pechino, Peter Ford, disse che definirsi esperti di Corea del Nord può essere considerato un ossimoro. Il WSJ ha rimarcato il concetto. Come si può parlare con certezza di cosa avviene a Nord del 38esimo parallelo?

Ciò che ha scritto il Wall Street Journal è assolutamente corretto. Per onestà intellettuale va sempre premesso che è difficilissimo riuscire a capire ciò che avviene in Corea del Nord. Si tratta di un Paese chiuso, isolato, estremamente opaco. Lo Stato e il governo sono strutturati in modo tale che spesso all’interno di un ministero si ignori cosa facciano gli altri. Ogni segmento del sistema agisce secondo le direttive che vengono dall’alto, ma in maniera autonoma ed estremamente segreta.

La Corea del Nord è un Paese che vive nella paranoia della sicurezza nazionale, è un sentimento che pervade tutto lo Stato e tutto il governo. Più che di regime si potrebbe parlare di uno Stato articolato in cellule. In base a questo nessun analista o nessun corrispondente straniero è in grado di sapere realmente cosa bolle in pentola.

Basti pensare ai ripetuti fallimenti dei servizi segreti sia sudcoreani sia, soprattutto, statunitensi, che più volte hanno annunciato la fine del regime che, al contrario, ha dimostrato una notevole dose di resistenza. La morte di Kim Jong-il è un esempio assolutamente lampante.

Come ammesso da tutti i giornali sudcoreani, gli stessi servizi segreti di Seul ne sono venuti a conoscenza in contemporanea con il resto del mondo, 50 ore dopo il decesso. Lo hanno saputo dalla voce piena di pathos dell’annunciatrice in lacrime della televisione nordcoreana. Questo da un’idea di quanto le affermazioni del Wall Street Journal siano vere. Gli analisti fanno fatica a muoversi in quelle che possiamo definire le acque torbide della politica nordcoreana.

Come procedere nella ricerca e quali fonti possono essere considerate attendibili?

Oltre al rigore, all’onestà intellettuale e a una buona dose di cautela nell’interpretare i fatti, aiuta una conoscenza della storia della Corea del Nord, dal 1945 in avanti. Questo da una capacità di lettura sicuramente maggiore. Parlando delle fonti, le migliori sono ovviamente quelle sudcoreane, sia perché il Paese è ancora in guerra con il Nord sia perché parlano la stessa lingua e hanno la stessa matrice culturale.

Dalla grande carestia del 1995 inoltre si è avuta una marea di profughi nordcoreani rifugiati al Sud. Molti sono profughi politici come Hwang Jang-yop, già dirigente e ideologo del juche, morto nel 2010, che ha contribuito a dare ai sudcoreani una visione più chiara. O ancora Kang Chol-hwang che scrisse un famoso libro sui gulag, localizzandoli e raccontando la sua tremenda storia.
Alcuni tra questi profughi mantengono contatti con le famiglie e gli amici rimasti al Nord e attraverso canali più o meno segreti riescono ad avere notizie. Naturalmente non di quello che si svolge a livello governativo, ma della miseria e delle difficoltà quotidiane.

Ci sono poi le fonti cinesi che ritengo sappiano molto più di quanto dicono. Negli anni passati la Cina è stata sempre reticente a parlare della questione nordcoreana. Vuoi perché è un Paese confinante, vuoi perché la Corea del Nord è un problema per Pechino per quanto riguarda la sicurezza nazionale, come tutta la penisola coreana d’altra parte.

Nel Sud ci sono gli americani, con circa 28mila soldati e i cinesi sono restii a condividere con i servizi sudcoreani e statunitensi ciò che sanno. Negli ultimi anni si sono sempre rifiutati di collaborare con Seul e Washington per prepararsi congiuntamente all’eventuale crollo del regime. Sicuramente anche loro avranno piani di emergenza, ma non vogliono scoprire le carte.

Oltre alle notizie sulla stampa c’è inoltre un dibattito intellettuale sull’utilità o meno di continuare ad appoggiare un regime che insiste a non volersi di modernizzare. Anche qui occorre sempre incrociare le fonti. Risorse valide sono poi quelle giapponesi. Dal 1945 in avanti il Giappone soffre di quella che si può chiamare la sindrome nordcoreana.
Già nel 1998 un missile cadde nelle acque territoriali nipponiche e sia come governo sia come popolazione tra i nordcoreani c’è un odio ancora vivissimo che risale agli anni del colonialismo giapponese.

Anche i russi sono molto attenti alla Corea del Nord. Tra i due Paesi ci sono circa sette chilometri di frontiera e dai tempi dell’Unione sovietica c’è una lunga storia di amicizia tra Mosca e la Corea di Kim Il-sung, venuta meno con Gorbaciov, ma ripresa da Vladimir Putin. Gli americani infine. Altra fonte che spesso va presa con beneficio di inventario. Tra l’altro sono tutti Paesi che fanno parte dei colloqui a sei sul nucleare; i più coinvolti nel problema nordcoreano.

Come ci si muove con le informazioni che vengono dall’interno?

Siamo un po’ come i vecchi cremlinologi. Per vedere cosa succede a livello di giochi di potere o di governo si possono prendere in considerazione le promozioni o le apparizioni pubbliche dei funzionari. Quando è morto Kim Jong-il abbiamo passato al setaccio le presenze nel comitato per il funerale. A questo punto si può vedere se ci siano più generali o più esponenti del partito comunista e capire quali sono gli equilibri e a quale parte è data più enfasi.

Per esempio Kim Jong-il ha lasciato al padre la carica di Presidente eterno e per lui ha mantenuto la carica effettivamente più importante: quella di presidente della Commissione di difesa nazionale. Kim ha mantenuto il suo potere agendo in simbiosi con i militari, una strada tracciata per lui dal padre.

La stessa carriera di Kim Jong-il si è svolta più tra i ranghi militari che a livello di un partito che, dopo la morte di Kim Il-sung, non ha più avuto il ruolo passato. La conoscenza della storia e la lettura di questi avvenimenti da l’opportunità di chiarire certi punti, ma la cautela resta sempre una buona regola. Fino a quando esisterà questo tipo di Stato, definirsi specialisti sarà sempre un ossimoro.

[Foto credit: theglobalistreport.com]