Corea del Nord, il regime teme una rivolta interna?

In Asia Orientale, Relazioni Internazionali by Marco Zappa

Se non la si ferma in tempo, anche la più piccola crepa rischia di diventare una frattura profonda. E tanto più la casa è esposta alle intemperie, tanto più urgente è tappare i buchi, sempre che ci sia il tempo di farlo.

Per qualche ragione, il regime nordcoreano guidato da Kim Jong-un si sente in pericolo. Accerchiato non solo da fuori – con gli Stati Uniti che sembrano poco inclini ad allentare le sanzioni contro Pyongyang nonostante vertici e gesti di buona volontà – ma anche al suo stesso interno.

Questa sensazione emerge da un recente editoriale del quotidiano ufficiale del regime nordcoreano, il Rodong Sinmun che, nei giorni scorsi, ha lanciato ai funzionari del partito unico al governo quello che suona come un appello all’unità.

“I funzionari del partito dovrebbero sempre comportarsi in modo etico, confrontandosi con le persone comuni e condividendo gioie e preoccupazioni con loro”, si legge nell’editoriale, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap. “Non dovrebbero mai esserci preoccupazioni per se stessi, formalità, scambio d’influenze, burocrazia e desiderio di privilegi e trattamenti di favore”.

In un altro frangente, poi, l’editoriale mette in guardia i lettori dalla “cultura ideologica borghese” e da “tendenze inusuali” che rischiano, proprio come delle fastidiose infiltrazioni d’acqua, di compromettere la tenuta dei valori socialisti. “Tutti i valori non socialisti o antisocialisti vanno combattuti”, questo il monito dell’organo di partito.

I dati in nostro possesso sono troppo esigui per dire che siamo sul punto di una sommossa popolare o, in misura minore, di una rivolta interna al Partito dei lavoratori. Negli ultimi anni, più persone, finora sempre smentite nei fatti, si sono spinte a parlare di crollo imminente della Corea del Nord, non ultimo l’ex uomo d’affari e disertore Ri Jong-ho lo scorso anno.

Tuttavia, è chiaro che il regime dei Kim sente il bisogno di serrare i ranghi della coesione sociale. Soprattutto da quando, lo scorso aprile, Kim Jong-un ha promesso che, raggiunto un soddisfacente sviluppo nucleare militare, le politiche del governo si sarebbero concentrate sulla crescita economica del Paese.

Lo dimostrerebbe anche un recente tour di fabbriche, centri di produzione agricola e località turistiche, durante il quale Kim Jong-un avrebbe inaugurato una nuova stagione di direttive sul campo tese a mostrare a lavoratori e quadri del partito la via verso lo sviluppo del Paese.

Nel corso di queste visite, il giovane leader non ha risparmiato critiche e attacchi a funzionari scansafatiche che avevano perso il proprio spirito rivoluzionario.

In una recente visita a uno stabilimento che produce cibo in scatola nei pressi della città costiera di Wonsan, Kim Jong-un ha suggerito modifiche per migliorare la qualità dei prodotti – ad esempio attraverso l’adozione di nuove tecnologie per il confezionamento e la sterilizzazione che riducano l’intervento umano – e ha richiesto ufficialmente ai dirigenti della fabbrica, in quello che però pareva un appello a tutti i dirigenti d’azienda del Paese, di prepararsi ad affrontare un ambiente più competitivo, di modernizzare e di tagliare gli sprechi.

Rimane però il nodo delle sanzioni internazionali contro Pyongyang.

Anche le recenti aperture sul piano diplomatico sembrano andare in direzione di un rilancio dell’economia nordcoreana. Il riavvicinamento con la Corea del Sud e gli incontri con il presidente cinese Xi Jinping e, non ultimi, gli incontri con il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, sono da analizzare in funzione di un eventuale allentamento delle sanzioni internazionali imposte in seguito ai test nucleari compiuti tra il 2006 al 2017.

Tuttavia, nonostante alcune recenti aperture da parte di Seul, che sta valutando un allentamento delle misure restrittive soprattutto in materia commerciale, la strada verso una normalizzazione dei rapporti tra Pyongyang e la comunità internazionale è tutta in salita. In particolare dopo che fonti di intelligence americane e sudcoreane confermano che Pyongyang è ancora impegnata nello sviluppo di missili a lungo raggio e armi nucleari, nonostante le promesse di denuclearizzazione dello scorso giugno al vertice di Singapore tra Kim e il presidente Usa Donald Trump.

“La Corea del Nord può fare affidamento solo sul potere del proprio popolo”, scriveva ancora il Rodong Sinmun. Un’affermazione mai così tragicamente vera.

[Pubblicato su Eastwest]