Contributi stranieri

In by Simone

Pechino e altre due città si preparano ad adottare la nuova tassa sui lavoratori stranieri, provvedimento controverso che le altre città e le aziende che lavorano in Cina tentano di posticipare. L’analisi della situazione del South China Moring Post.
La legge, annunciata lo scorso luglio e le cui linee guida non sono ancora del tutto chiare, prevede che tutti i cittadini stranieri che lavorano in Cina versino nelle casse dello Stato una quota pari all’11 per cento del proprio stipendio per un massimo di circa 11.600 yuan al mese (circa 1.350 euro).

I datori di lavoro dovranno invece pagare una quota pari al 37 per cento calcolato sullo stipendio di ogni dipendente. Finora la scelta di pagare una tassa simile è stata volontaria e ha riguardato soltanto quanti avevano interesse a usufruire della pensione cinese.

Nelle ultime due settimane Tianjin e Suzhou hanno registrato gli stranieri che vi lavorano, per avviare le misure di sicurezza fiscale e sociale in materia di dipendenti non cinesi.

La legge avrebbe dovuto divenire effettiva a livello nazionale il 15 ottobre ma, a quella data, Pechino è stata l’unica città che iniziato la registrazione degli stranieri che vi lavorano.

Il South China Morning Post ha riferito che i governi locali sono stati colti di sorpresa dalla nuova tassa, lamentandosi di avere troppo poco tempo per attuarla. Ma anche a Pechino l’implementazione è stata caotica.

Nel distretto di Chaoyang, per esempio, il governo locale ha pubblicato un memorandum alla fine del 2011 per informare i residenti sulla legge da attuare entro il 20 gennaio “perché poche aziende hanno risposto alla legge".

Dalle decisioni della capitale si è invece tirata fuori Shanghai. Qui, dove lavorano circa 65mila stranieri, la riforma sarà ulteriormente rinviata.

Ufficialmente si tratta di difficoltà nel far partire il sistema di pagamenti. Tuttavia in molti considerano la decisione un tentativo dei vertici della metropoli -con in testa il sindaco, Han Zhenge, e il segretario locale del Partito comunista, Yu Zhengsheng-di venire incontro al malcontento delle aziende straniere, nel timore di vedere calare gli investimenti stranieri nel cuore commerciale e finanziario della Repubblica popolare.

Il nuovo tentativo del governo è stato quello di fissare un termine al 31 dicembre, che è stato abbandonata "per dare più tempo alle aziende di agire", ha detto una persona informata sui fatti.

Le città hanno detto che i contributi devono risalire al 15 ottobre, e che coloro che sono in ritardo dovranno pagare una penale pari allo 0,05 per cento al giorno di interessi.

"Finora tre città hanno iniziato [a rispettare la tassa]", ha detto la persona informata sui fatti "Ma altre città, come Shanghai, Dalian, Guangzhou e Shenzhen, non hanno ancora fatto nulla."

Il governo centrale riconosciuto nel mese di ottobre le autorità locali non erano pronti ad attuare la tassa, ma ha insistito non c’era modo di tornare indietro.

Secondo la legge, i lavoratori stranieri e i loro datori di lavoro devono versare contributi mensili ad un paniere di fondi di previdenza sociale. Studi dicono che la legge è vaga e priva di dettagli e aggiungerà un onere supplementare per fare affari sulla terraferma.

"Molte aziende stanno ancora cercando di capire come agire, in attesa di altri perché nessuno vuole essere il primo, quando si tratta di pagare questa tassa". Alcune aziende multinazionali e camere di commercio hanno avviato negoziati con Pechino, sperando di risolvere il caso, ha detto la persona.

Un dirigente di una delle aziende ha dichiarato: "La tassa è un peso enorme per molte aziende, e ha senso che nessuno sia pronto a pagare, dal momento che anche il governo non lo implementa in modo molto rigoroso".