Cina-Russia, geopolitica e gas (UPDATE)

In by Gabriele Battaglia

Confermato l’accordo da 400 miliardi di dollari tra Pechino e Mosca su una fornitura di gas naturale da 38 miliardi di metri cubi per trent’anni, senza dettagli sul prezzo. Poco prima, il Primo ministro russo Medvedev aveva spiegato che "una parte vuole vendere a un prezzo più elevato, mentre l’altra vuole acquistare ad un prezzo più basso. Credo che a lungo andare, il prezzo sarà giusto e del tutto paragonabile al prezzo delle forniture europee". (UPDATED) UPDATE 21 maggio (18:05 ora di Pechino)

L’accordo trentennale per una fornitura di gas naturale russo alla Cina da 38 miliardi di metri cubi l’anno è stato firmato. Lo confermano sia fonti russe sia fonti cinesi. Non è ancora stato specificato su quale prezzo si siano accordati le due parti.

La storia

Si può dare quindi fiato alle trombe e annunciare che il “secolo di Eurasia”, che dovrebbe sostituire quello americano, ha ora anche la sua brava base materiale. Nella giornata di martedì, Xi Jinping e Vladimir Putin erano già andati al di là delle aspettative per quanto riguarda le prese di posizione politiche, ma il grande accordo sul gas stentava ancora ad arrivare.
La trattativa che si trascinava da anni alla fine si è conclusa, perché è troppo importante.
Tuttavia, il fatto che nella prima visita del presidente russo in Cina dall’insediamento del suo omologo (marzo 2013), una posizione unanime sulle principali questioni internazionali abbia avuto la precedenza sulla questione del gas, rivela che le due quasi-superpotenze volevano prima mettere in chiaro le questioni geopolitiche.

Mentre esercitazioni navali congiunte si svolgevano proprio al largo di Shanghai, in quel Mar Cinese Orientale dove Cina e Giappone sono coinvolti nella disputa sulle isole Diaoyu/Senkaku, i due leader hanno infatti rilasciato una dichiarazione in cui si oppongono all’ingerenza negli affari interni di altri Paesi, alle sanzioni unilaterali come strumento di risoluzione dei conflitti e ai tentativi di “falsificare la storia” della seconda guerra mondiale. Per capire a chi è destinato il messaggio, leggere nell’ordine “Usa-Usa-Giappone”.

Per la Cina, non è infatti la Russia a immischiarsi nelle vicende ucraine, bensì gli Stati Uniti. La chiave di volta è la lettura del cambio di regime avvenuto a Kiev: Pechino sposa la tesi russa secondo cui la junta che si è insediata in Ucraina è molto semplicemente illegale (il che non significa che non possa farci affari, se le circostanze lo richiederanno).
Ecco le parole di Wang Yiwei, docente di Studi Internazionali all’Università del Popolo di Pechino e direttore di un paio di think-tank legati al Partito comunista (le abbiamo raccolte durante un incontro pubblico proprio sulla vicenda ucraina): «La Cina non interviene negli affari altrui, ma quello ucraino è un regime illegale, soprattutto agli occhi della Russia; quindi nel suo caso non si tratta di interferenza. Il 21 febbraio, le diverse parti in causa sul suole ucraino avevano trovato un accordo, ma fu allora che la Nuland [assistente Segretario di Stato Usa per l’Europa Orientale, ndr] disse “l’Europa si fotta” e fece precipitare gli eventi. Gli Usa hanno fatto il passo più lungo della gamba e il cambio di regime è stato del tutto illegale».

Chiaro no? Quindi Pechino si stringe a Mosca.
A incalzare, c’è infatti la pressione Usa sia sul fronte occidentale, sia su quello orientale (per interposti alleati asiatici).
Russia e Cina si sentono accerchiate. A Occidente, la regia Usa dietro le vicende ucraine dimostra una volta di più che la Nato punta all’allargamento in direzione est. Mosca non può permetterlo e rafforza quindi i legami con il più naturale alleato. Pechino si trova a sua volta additata da Washington proprio in questi giorni, con la richiesta di estradizione di alcuni tecnici cinesi accusati di cyberspionaggio: da che pulpito – rispondono da oltre Muraglia – memori della vicenda Snowden.
A Oriente, sono note le tensioni nei Mar Cinese Orientale e in quello Meridionale, con la Cina contrapposta al Giappone, al Vietnam, alle Filippine. E Washington non sta a guardare, come dimostra la recente concessione di basi militari all’esercito Usa da parte di Manila.

Le simboliche manovre navali congiunte dimostrano quindi “la determinazione incrollabile di Cina e Russia nell’affrontare insieme le nuove sfide e minacce, e nel proteggere la sicurezza e la stabilità regionale”, ha detto Xi, mentre Putin ha auspicato “che i due eserciti possano rafforzare la cooperazione nel quadro della nuova situazione”. È un’alleanza strategica che però non si concretizza in un trattato simile a quello che impegna gli Usa a tutelare la sicurezza del Giappone: la Cina persiste nella sua politica estera di non-allineamento.
«Cina e Russia hanno valori in comune?», si chiede ancora Wang Yiwei. «Non è come pensa l’Occidente, che ci dipinge come Paesi autoritari. I nostri “valori comuni”, sono molto semplicemente il fatto che siamo contro i “valori universali” dell’Occidente, perché il mondo è diverso e bisogna rispettarsi reciprocamente. E poi vogliamo un ordine mondiale più inclusivo e sostenibile per le potenze emergenti, non un mondo guidato dagli Usa».

C’è poi il capitolo gas. La Russia sta cercando di diversificare i propri clienti oltre il mercato europeo, dove Gazprom genera attualmente circa l’80 per cento delle sue entrate; la Cina ha sempre più bisogno di energia, possibilmente più pulita del carbone.
Nei giorni precedenti al summit, il viceministro degli Esteri cinese, Cheng Guoping, aveva anticipato un accordo trentennale tra Gazprom e la China National Petroleum Corporation (CNPC). Da parte sua, il viceministro dell’Energia russo, Anatoly Yanovsky, si era sbilanciato fino a dichiarare che l’intesa “è pronta al 98 per cento” e che la fornitura inizierà al più tardi entro la fine del 2018.

In base all’accordo poi siglato, la Russia fornirà alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas naturale l’anno; ma l’amministratore delegato di Gazprom, Alexey Miller, ha già anticipato che potrebbero diventare presto 60. Il Dragone ha importato l’anno scorso 53 miliardi di metri cubi in totale, si può quindi ben dire che Mosca ha ottime possibilità di diventare il fornitore unico di Pechino.

Tuttavia, per anni le due parti non si sono trovate sulla questione del prezzo. Secondo Wang, la Cina ha sempre voluto un prezzo fisso, la Russia di mercato. Ma ora, dato che il valore di mercato è sceso, anche la Russia vuole il prezzo fisso.
Il problema è: quanto?
Il quotidiano economico russo Vedomosti aveva riportato che si discute una cifra compresa tra i 360 e i 400 dollari per mille metri cubi di gas.
Si noti che ad aprile, la Russia aveva quasi raddoppiato il prezzo del proprio gas destinato all’Ucraina – da 268,5 dollari a 485,5 per mille metri cubi – mentre Günther Oettinger, commissario europeo all’Energia, aveva detto alla Frankfurter Allgemeine Zeitung che una valutazione equa si aggirerebbe tra i 350 e i 380 dollari.
È evidente il trattamento di favore che la Russia riserverebbe alla Cina rispetto all’Ucraina ma il prezzo per Pechino non è poi così scandalosamente basso. Ed è probabilmente lì che la trattativa si è a lungo incagliaa: la Cina vuole un ulteriore sconto, diciamo sui 350-360 dollari al massimo. Del resto, è o non è il migliore amico della Russia?
il Primo ministro russo Medvedev aveva spiegato poco prima della firma che "una parte vuole vendere a un prezzo più elevato, mentre l’altra vuole acquistare ad un prezzo più basso. Credo che a lungo andare, il prezzo sarà giusto e del tutto paragonabile al prezzo delle forniture europee".