Cina Mundial: il fattore cinese

In by Simone

Il nostre prode Francesco Zappa, nonostante Shufuland (piccola nota pechinese: ringraziamo i China Filers che hanno contribuito all’organizzazione e alla riuscita di un appuntamento ormai imperdibile, un classico pre estivo al 2Kolegas) ha ripreso in mano penna e taccuino, proseguendo la sua introduzione ai mondiali di calcio visti dai cinesi. Pronti al rush finale, da venerdì sarà calcio giocato. Qui trovate la prima puntata di Cina Mundial, di seguito la seconda parte, Il Fattore Cinese!

La storia l’abbiamo sentita in parecchi: i cinesi hanno inventato il calcio, o perlomeno una forma primitiva di calcio, il fantomatico cuju di epoca Han che consisteva nel prendere a calci una palla di pelle. Successivamente sotto la dinastia Tang vennero aggiunte delle porte per permettere ai giocatori di segnare, furono introdotte nuove regole ecc ecc…Per un popolo che fa della propria storia e cultura motivo d’orgoglio e vanto di fronte a tutto il mondo è uno smacco riconoscere la propria scarsezza in uno sport che – a sentire loro- hanno inventato secoli prima degli inglesi.
Già dal nome cinese Zhongguo, il paese che sta nel mezzo, si capisce l’egocentrismo dei cinesi e l’importanza che attribuiscono alla propria nazione.

Colpisce quindi sentirli parlare in modo critico, a volte feroce, nei riguardi della nazionale di calcio cinese. Eccezionale eccezione, mi si perdoni il gioco di parole, per chi da sempre si sente dire dai cinesi quanto sono bravi, quanto sono forti, quanto sono migliori rispetto a tutti gli altri.

E purtroppo per loro non hanno modo di dire altrimenti dato che le prove di quanto sia modesta la Cina pallonara è sotto gli occhi di tutti: sconfitti per 3-0 dall’Uzbekistan (alzi la mano chi ne conosce la capitale), eliminati nelle qualificazioni mondiali dal Bahrain (anche qui: alzi la mano chi ne conosce la locazione geografica), pareggi tristi con Iraq o Kuwait, mai qualificati ai mondiali di calcio a parte quelli del 2002 dove però un grosso aiuto fu dato dal fatto che Giappone e Corea del Sud erano già qualificate in quanto nazioni ospitanti, mai vittoriosi nemmeno in Coppa d’Asia dove peraltro l’unico acuto fu dato dalla finale del 2004 contro il Giappone giocata proprio in casa a Pechino e persa 3-1…e via dicendo.

I risultati scadenti sono sotto gli occhi di tutti, Mourinho non approverebbe e neppure i cinesi che sconsolati devono ammettere, almeno nel calcio, la scarsezza della Cina.

E lo ammettono pure gli alti dirigenti dell’associazione calcistica cinese che le provano tutte per creare una nazionale non vincente ma perlomeno in grado di giocarsela con Giappone, Corea del Sud e Arabia Saudita. Questo ha comportato una lunga successione di allenatori stranieri nella convinzione che la loro esperienza potesse servire all’armata rossa cinese: ad eccezione di Milutinovic, Milù per i cinesi, che si qualificò nel 2002 tutti gli altri fallirono. Si provò e si sta ancora provando con allenatori cinesi, forse in precedenza c’era un problema di comunicazione con i giocatori, ma nemmeno questo è servito: eliminati ai quarti in Coppa d’Asia, qualificazione ai mondiali vista con il binocolo e ulteriore girandola di coach.

A livello di club non va certo meglio: le squadre cinesi vengono perennemente eliminate nelle prime fasi della non certo irresistibile Champions League asiatica; quando succede che passano il turno come capitato quest’anno al Pechino Guoan approdato (e poi eliminato) ai 16mi di finale si grida quasi al miracolo e i giornali sportivi nazionali si rallegrano un po’.

Vedendo le partite alla televisione si capisce il perché degli insuccessi cinesi: sia la nazionale che le squadre di campionato giocano un calcio lento, difensivo, macchinoso e privo di fantasia, manca in questo senso la figura del numero 10 classico in grado di inventare la giocate e infiammare le platee. Chi assiste a queste partite senza cedere alla tentazione di cambiare canale nota che spesso i giocatori cinesi si affidano al lancio lungo a scavalcare il centrocampo oppure al più becero ti-tic-ti-toc tra di loro ma senza mai verticalizzare senza mai affondare sulle fasce o senza mai cercare di saltare l’uomo. I risultati sono una sfilza di 0-0,1-1,1-0…pochi goal insomma, Mourinho di nuovo non approverebbe.

Delusi e disperati quindi per il basso livello della propria nazionale e per la mancata qualificazione ai Mondiali, i cinesi ma soprattutto i giornalisti di soccernews hanno proposto come piccolo (piccolissimo) rimedio: “il fattore cinese ai Mondiali del Sudafrica”.

Di fatto l’unico cinese a calcare i campi, pardon il bordocampo, in Sudafrica sarà Mu Yuxin, guardalinee di Tianjin scelto dalla FIFA come assistente all’arbitro per i Mondiali: toccherà a lui quindi rappresentare la Cina durante la Coppa del Mondo. L’associazione calcio cinese spera che il sig.Mu faccia tesoro dell’esperienza e una volta ritornato in patria possa mettere a disposizione della Chinese Super League, la serie A cinese, ciò che ha visto e imparato in Sudafrica.

Ci sono poi altri due giocatori stranieri che militano nel campionato cinese e che parteciperanno ai Mondiali: l’honduregno Sabillon, in forza all’Hangzhou, e il mai troppo maledetto sudcoreano Ahn, che gioca nel Dalian, autore del goal che eliminò l’Italia nel 2002. Sono buone notizie per i due club che prestano i giocatori alle rispettive nazionali: in base infatti ad una delibera FIFA ogni club verrà indennizzato di 1500 dollari al giorno per ogni giocatore presente ai Mondiali il che tradotto vuol dire più o meno 15000 dollari a testa per i due club cinesi a meno che Corea del Sud e Honduras non approdino agli ottavi.

E a sottolineare le buone intenzioni dei cinesi nel cercare di migliorarsi nel calcio va ricordato il fatto che la Chinese Super League si fermerà per circa un mese proprio in concomitanza dei Mondiali, ottima occasione per i giocatori di impare qualcosa a livello tattico e tecnico guardando Messi, Cristiano Ronaldo, Rooney e Pirlo (infortunio permettendo).