Cartellino Rosso – La fine del sogno calcistico cinese?

In Cina, Economia, Politica e Società by Calcio8Cina

A sei giornate dalla fine del campionato nazionale, infatti, la Federazione ha diramato una lista di 55 giocatori Under 25 che verranno prelevati dai club di provenienza per un “training camp” da svolgersi in diverse località della Cina per i prossimi 2 mesi. Questo significa che alcuni giocatori titolari o comunque assai importanti nelle rose delle rispettive squadre, come ad esempio He Chao (Changchun Yatai), Wei Shihao e Ba Dun(Beijing Guoan), Yao Junsheng e Li Hailong (Shandong Luneng), Liao Lisheng (Evergrande), Chen Binbin (Sipg) e tanti altri ancora, non saranno disponibili per il prosieguo della stagione nelle rispettive squadre.

L’ennesima decisione fuori luogo da parte delle autorità calcistiche cinesi, che dopo aver ristretto l’utilizzo degli stranieri in Chinese Super League e imposto una regola che obbligava i club ad utilizzare giocatori U23 (senza risultati soddisfacenti viste le premature eliminazioni nell’Asian Cup di categoria e ai più recenti Asian Games); tentano di costruire progetto, per una nuova selezione Nazionale giovane che dovrà competere per Qatar 2022.

Il training camp è cominciato alla Beijing Sports University con quattro giorni di seminari sul collettivismo, per poi proseguire a Tai’an, nello Shandong, per un addestramento militare, senza alcuna attività calcistica correlata. Oltre all’assurdità dell’iniziativa, questa si scontra con i regolamenti Fifa, che impediscono alla federazione di prelevare giocatori al di fuori del periodo riservato per i match delle nazionali.

L’obiettivo del training camp, come annunciato nei mesi scorsi dal Ministro dello Sport Gou Zhongwen, è di resettare completamente la rappresentativa Nazionale, andando a crearne una nuova che potrebbe partecipare (secondo il Beijing Evening News) alla Chinese Super League del 2019, che annovererà dunque diciassette squadre.

E’ come se nella Serie A italiana i vari Federico Bernardeschi o Lorenzo Insigne venissero prelevati dalla FIGC per creare una selezione Nazionale da includere nella Serie A. La situazione è molto controversa anche per ragioni economiche: non è stato ancora specificato se i club cinesi riceveranno un compenso e soprattutto chi pagherà gli stipendi ai giocatori nei prossimi due mesi di training.

Nella rappresentativa nazionale che verrebbe inclusa in Chinese Super League non potrebbero, ovviamente, militare giocatori stranieri: ma, come ben sanno gli addetti ai lavori, in un calcio sempre più globalizzato chi sceglie la via autoctona è, molto probabilmente, destinato al declino: basta pensare al Mondiale Russia 2018 dove a trionfare è stata la Francia, che ha fatto della multiculturalità uno dei suoi punti di forza.

La reazione dei social media cinesi alle decisioni prese sono state dure: il presidente del Beijing Guoan Zhou Jinhui ha spiegato su Sina Weibo, che questo sistema, che poco a che fare con il calcio e lo sport in generale, ha causato innumerevoli fallimenti nel calcio cinese e che si continuano, nonostante ciò, a ripetere gli stessi errori. Anche i tifosi hanno espresso il proprio disappunto tanto da etichettare il 2 ottobre come ‘La morte del calcio cinese’. Sul web cinese il motto principale da parte dei tifosi delle varie squadre è ‘Chinese Ultras against CFA’.

Ma se questa direttiva venisse ufficializzata è lecito chiedersi come si comporterà la Fifa. La manovra delle autorità sportive cinesi è vietata dai regolamenti e in teoria se venisse applicata la legge la Cina (club e nazionali) dovrebbe essere squalificata da tutte le competizioni internazionali per almeno due anni. E’ ben noto però come l’influenza economica e politica degli sponsor cinesi sia fondamentale per le riforme di Gianni Infantino, dal 2016 presidente della Fifa, e difficilmente verranno prese iniziative e provvedimenti contro i propri “finanziatori”.

Quando si parla di calcio in Cina, più che di sport, si tratta di politica: Gou Zhongwen, Ministro dello Sport cinese, laureato in ingegneria ed ex vice sindaco di Pechino nel lontano 2008, é estraneo a certe dinamiche calcistiche, una condizione che lo rende inadatto a ricoprire una carica così importante.

Se si recupera un po’ di storia passata, si scopre che il calcio cinese non sarebbe nuovo a questa pratica, già messa in pratica, sia pur con modalità differenti, negli anni ’60. A quei tempi infatti, il governo decise di creare il Beijing Sport Institute, raccogliendo dietro la propria squadra i giocatori della nazionale: non sappiamo se questa mossa abbia avuto o meno, ripercussioni positive, in quanto la Cina disputò le qualificazioni al Mondiale del 1958, venendo sconfitta malamente dall’Indonesia, prima di uscire dalla Fifa. Nel 1966, poi, i campionati furono sospesi per l’inizio della Rivoluzione Culturale indetta da Mao. Forse è proprio vero, allora, che la storia si ripete sempre due volte!

Fino a qualche anno fa la Chinese Super League sembrava prossima a diventare la Premier League d’Asia; invece, sempre di più, ci sono nuovi ed inaspettati problemi all’ordine del giorno e certe riforme sembrano quasi “l’ultima spiaggia”, prima del definitivo crollo di un sogno calcistico ambizioso quanto, attualmente, inverosimile.

di Calcio8Cina

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