Caratteri Cinesi: Le rivoluzioni dei social network

In by Simone

Classe 1964, Charles Mok nasce ad Hong Kong dove tuttora risiede e lavora. Osservatore ed esperto nel campo delle tecnologie informatiche, fonda e ancora oggi presiede la Hong Kong Internet Society. Qui si occupa di ricerca, formazione e partecipazione per lo sviluppo della governance di Internet.  Prende parte attivamente a molte associazioni e movimenti di socità civile. È anche vice presidente della Professional Commons, un think-tank politico di professionisti con base ad Hong Kong, il cui scopo è quello di migliorare la qualità dell’amministrazione pubblica e di rafforzare il ruolo della società civile nel processo decisionale politico.

Nel post tradotto, Mok analizza il ruolo dei social network nell’ondata di proteste cui stiamo ancora assistendo sull’altra sponda del Mediterraneo, invitando a non guardare il dito ma la luna, ovvero quella parte di società che ascolta, osserva e riporta quanto succede nei paesi arabi, usando le nuove tecnologie come efficace mezzo di espressione civile.

In un suo post scritto dopo la diffusione dei cable di Wikileaks, analizza le reazioni in occidente e la strumentalizzazione di quest’ultime avvenute in Cina o in altri paesi dittatoriali. Chiude il pezzo con un appello chiaro: « anche noi qui ad Hong Kong dobbiamo stare attenti al governo che potrebbe usare queste scuse, mettendo in mezzo internet e limitando la libertà. Se non salvaguardiamo la libertà di Hong Kong, come possiamo contrastare lo scudo che utilizza la Cina sulla rete». (http://charlesmok.blogspot.com/2011/02/blog-post_27.html )

Le rivoluzioni dei social network

Dalla Tunisia all’Egitto. I paesi islamici del Medioriente e dell’Africa del nord, uno ad uno, hanno visto ondate di rivolta che in alcuni casi hanno portato alla caduta del regime di turno. […] Seguiranno le orme dei paesi comunisti dell’Europa dell’est, collassando uno dopo l’altro, oppure no?

Di fronte a questi fatti improvvisi, la comunità internazionale pare non trovare nelle rivolte grossi segnali di movimenti politici, mentre i media occidentali li descrivono senza pensarci troppo su, etichettandoli come “rivoluzione dei social media”. […]

Il Global Post online ha titolato: «I social media in pochi giorni hanno messo fine ai 54 anni del regime dittatoriale [tunisino, ndr]». Anche i media tradizionali, come il Los Angeles Times, il Washington Post, Wired e altri, considerano il successo delle rivolte in Tunisia come un successo per i social network: Wikileaks ha diffuso documenti riguardanti lo spreco di fondi pubblici poi insabbiati dall’ex presidente Ben Ali. Così è stata innescata la miccia delle manifestazioni e la situazione è esplosa.

Ma allora è stata la rivoluzione di Twitter o di Wikileaks?

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