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ASEAN, il summit a Phnom Penh apre il mese del Sud-Est asiatico

In Sud Est Asiatico by Francesco Mattogno

Dall’8 al 13 novembre a Phnom Penh, in Cambogia, va in scena il vertice annuale dell’Associazione del Sud-Est asiatico (ASEAN). È il primo dei tre grandi appuntamenti di novembre, insieme ad APEC e G20, che vedranno l’area al centro della scena politica internazionale. Tra divisioni interne e grandi temi, ecco l’agenda del summit del blocco regionale

Un mese al centro della diplomazia mondiale. Sede di tre grandi eventi internazionali, per buona parte di novembre il Sud-Est asiatico sarà una tappa obbligata nelle agende dei leader delle grandi potenze. Il primo appuntamento – che precede i summit APEC in Thailandia e G20 in Indonesia – è il 40° e 41° vertice annuale dell’Associazione del Sud-Est Asiatico (ASEAN) che si terrà a Phnom Penh, capitale della Cambogia, dall’8 al 13 novembre.

Il termine “vertice” è riduttivo. Saranno sei giorni di incontri bilaterali e multilaterali senza sosta, dal summit sul Business e gli Investimenti (ABIS) al 25° vertice ASEAN-Cina e 10° ASEAN-USA. Tanti anche gli ospiti che si uniranno ai capi di stato o di governo dei paesi membri dell’Associazione, tra cui figurano anche alti funzionari internazionali, come il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres e il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

Per quanto riguarda i paesi ASEAN, rimarrà in dubbio fino alla fine la partecipazione del premier uscente in Malesia, Ismail Sabri Yaakob, alle prese con la campagna elettorale per le elezioni del 19 novembre. Rientra invece tra le defezioni certe quella di Min Aung Hlaing. È il secondo anno consecutivo che il generale e primo ministro golpista del Myanmar non è stato invitato al vertice, conseguenza della guerra civile scatenata a seguito del colpo di stato militare del 1° febbraio 2021.

Tra i big va registrata la presenza del primo ministro canadese Justin Trudeau e del presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol. Mentre, per quanto riguarda la Cina, niente trasferta in Cambogia per Xi Jinping: al suo posto il premier cinese Li Keqiang. Li si recherà a Phnom Penh in visita ufficiale prima ancora dell’inizio del summit, e incontrerà sia il re cambogiano Norodom Sihamoni che il primo ministro Hun Sen. Quest’ultimo per un colloquio bilaterale il 9 novembre nell’ambito del vertice ASEAN. Salta quindi la prima occasione di un possibile faccia a faccia tra Xi e il presidente americano Joe Biden, che presenzierà agli incontri del 12 e 13 novembre.

Si tratterà del primo viaggio in Cambogia di un presidente statunitense dal 2012, quando Barack Obama visitò il paese proprio in occasione dell’ultimo summit ASEAN presieduto da Hun Sen, la cui presidenza è ricordata come un disastro. Nel 2012, per la prima volta in 45 anni, l’ASEAN concluse un vertice (tra ministri degli esteri) senza sottoscrivere una dichiarazione congiunta. Colpa delle dispute legate alle rivendicazioni cinesi sul mar Cinese meridionale che la Cambogia – accusata di compiacimento nei confronti di Pechino – cercò di tenere fuori dal comunicato finale.

Dieci anni dopo l’Associazione appare disunita come non mai riguardo le principali questioni internazionali. Quello del mar Cinese meridionale rimane uno dei temi più controversi non solo nei rapporti tra l’ASEAN e la Repubblica popolare cinese, ma anche interni al blocco. E a questo si aggiungono le differenze di vedute tra i paesi membri rispetto alla guerra in Ucraina e la crisi in Myanmar. L’aver ereditato dal Brunei la gestione della guerra civile birmana non ha aiutato la presidenza della Cambogia, che ha però il demerito di non essere riuscita a produrre nulla più che l’esclusione di Min Aung Hlaing dal vertice annuale e dichiarazioni “preoccupate”. L’ultima il 27 ottobre, a Giacarta, in occasione di un summit straordinario tra i ministri degli esteri ASEAN organizzato a seguito dell’escalation di violenze perpetrate dalla giunta militare.

Le non-decisioni sul Myanmar hanno evidenziato le lacune nel processo decisionale dell’ASEAN e riacceso il dibattito sul superamento del “principio del consenso”, per il quale ogni stato membro deve essere d’accordo al momento di una risoluzione. Tutto materiale per il vertice di Phnom Penh, nel quale temi come ambiente, energia e ripresa post-covid faranno probabilmente solo da cornice alle questioni su politica e sicurezza. Tanto che lo stesso Hun Sen aveva cercato, senza successo, di rendere il vertice la sede di colloqui di pace tra Russia e Ucraina.

E sempre la politica è al centro della presenza americana e cinese al summit. La Cina ha strizzato l’occhio all’ASEAN concludendo, a pochi giorni dal vertice, una serie di accordi con Vietnam e Singapore (il segretario generale del Partito comunista vietnamita, Nguyen Phu Trong, è stato il primo a incontrare Xi Jinping dopo il 20° Congresso). Il 26 ottobre il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha inoltre ricevuto i diplomatici ASEAN a Pechino, dicendosi speranzoso che l’Associazione possa mantenersi “indipendente” anche in futuro.

A sua volta Biden aveva invitato i leader del blocco a Washington lo scorso maggio, inaugurando una “nuova era” delle relazioni tra Stati Uniti e ASEAN. Per questo il presidente statunitense potrebbe concentrarsi sul sottolineare i vantaggi della cooperazione in ambito di sviluppo economico, digitale e ambientale, cercando di mostrarsi come un’alternativa alla Repubblica popolare. USA e ASEAN potrebbero infatti stabilire un Partenariato Strategico Globale, lo stesso firmato al summit dello scorso anno tra l’Associazione e il suo principale partner commerciale: la Cina.

È un po’ la condizione di normalità del Sud-Est asiatico, tirato da una parte e dall’altra. Lo scopo della regione sarà quello di rimanere in equilibrio tra le grandi potenze, proprio mentre tutte bussano alla sua porta. A cominciare dall’8 novembre a Phnom Penh.