Angela e il suo Taj Mahal

In Cina, Cultura by Redazione

Da qualche giorno è on line il sito https://www.angelapascucci.eu, dedicato ad Angela Pascucci. Attraverso il sito saranno riproposti i testi che Angela scriveva per il manifesto, perché dotati di una diversa longevità rispetto ai classici articoli di giornale; tutti i pezzi che saranno selezionati hanno un valore storico e documentaristico, e alcuni sono ad oggi perfettamente attuali, nonostante gli anni trascorsi dalla loro stesura.

Come una delle tante megalopoli cinesi, anche questo sito è un cantiere, un work in progress, sempre in fieri. Un piccolo cantiere di storia contemporanea. A cadenza quindicinale saranno pubblicati due o tre interventi di Angela, scelti in base al tema o al periodo in cui furono composti. Chi è interessato a questo progetto, può iscriversi alla newsletter (la trovate sul sito) e riceverà automaticamente gli aggiornamenti. Inoltre, saranno tradotti in inglese i testi che ci paiono più interessanti dal punto di vista storico, giornalistico e sinologico, in modo da renderli accessibili anche ai lettori non italiani.

Il team che lavorerà al blog è formato da: Gaia Perini (Coordinatore), Federico Picerni (Ricercatore), Vincenzo Naso (Consulente), Giulia Dakli (web manager).

Il Collettivo del manifesto

Riportiamo un estratto di “Potere e Società in Cina”

Vi sono tempi e luoghi in cui la Storia fa irruzione nelle vite umane con una forza così dirompente che ogni singolo individuo si ritrova ad essere rappresentazione compiuta e protagonista a suo modo di quel processo, a prescindere dalla volontà, dal potere, dal ruolo sociale che gli appartengono. Ciò avviene soprattutto nel momento delle rivoluzioni e delle grandi trasformazioni che cambiano pelle a interi paesi. E’ quanto sta avvenendo in Cina, e le vite di cinesi che questo libro racconta lo testimoniano.

La grande trasformazione che le loro esistenze riflettono e testimoniano si sta dispiegando da oltre un trentennio, quello che più compiutamente ha catapultato la Repubblica popolare nel mondo, con un impeto tale che non solo è cambiato un paese delle dimensioni di un impero, ma il mondo medesimo non ha potuto più essere lo stesso.

In verità, il karma universale, o spirito della storia che dir si voglia, aveva già riservato alla Cina un ‘900 che, dall’inizio alla fine, non ha dato ai cinesi un attimo di tregua, quasi dovessero pagare lo scotto di quegli oltre 2000 anni di impero percepiti dall’esterno come immobile cosmogonia in eterna riproduzione di se stessa. E il dibattito è aperto su quanto le radici di quest’ultimo trentennio affondino dentro quel terreno travagliato dalla fine repentina dell’impero, da una guerra civile, da un conflitto atroce con l’invasore nemico e vicino, da una rivoluzione pressoché permanente. Un secolo di singolare “modernità”, in definitiva. Tale che non si può dire corretta l’immagine di un passaggio subitaneo dal Medioevo alla contemporaneità che taluni attribuiscono all’ultima Cina. Ma non c’è dubbio che, arrivati senza fiato alla fine degli anni ’70, i cinesi siano stati di nuovo sospinti dal vortice accelerato di un’altra storia che non ha risparmiato neppure i recessi più periferici e isolati dell’antica Terra di Mezzo.

La forza centrifuga di quel vortice ha scomposto i connotati dell’intera società, scagliandoli con veemenza in un orbita di cambiamento incontrollabile che ha lasciato il popolo cinese frantumato, diviso e sconnesso, un enorme pugno di granelli di sabbia dentro una clessidra che gli eventi rigiravano a tutta velocità.

Lo scrittore Yu Hua, nel suo “La Cina in dieci parole”1 indica proprio nei fatti di piazza Tian’anmen un punto di svolta. Quell’evento epico e tragico costituì, scrive, “l’ultimo e definitivo sfogo di una passione politica che si era sedimentata durante la Rivoluzione culturale, dopodiché la passione per il denaro ha preso il suo posto”. Con la corsa all’arricchimento degli anni ’90, narra ancora Yu, “sono piovuti dal cielo termini nuovi di zecca: internauti che navigano in internet, azionisti che giocano in Borsa, detentori di fondi, fan di star, operai disoccupati, contadini migranti ecc. Parole che stanno spezzettando, smembrando, un vocabolo ormai sbiadito come ‘popolo’ “ il quale, scrive ancora, “nella realtà cinese sembra un termine vuoto (…) una società di comodo che per essere quotata in Borsa si riempie di contenuti differenti a seconda della fase”.

di Angela Pascucci