60 anni: il potere in parata

In by Simone

Nel cuore antico di Pechino le celebrazioni per i 60 anni della Repubblica popolare hanno toccato ieri il culmine. Un’ impressionante dimostrazione di potenza militare e orgoglio nazionale, tra modernità che avanza e tempi che furono. Il presidente Hu Jintao – il solo avvolto in una giacca stile Mao – ha passato in rassegna l’esercito, ritto e severo dal tettuccio di una nera limousine Hongqi, ultimo modello del made in China, salutando in modo energico «i compagni che hanno lavorato duramente». E i compagni dell’esercito hanno risposto all’unisono, assordando il silenzio del cielo pechinese: «serviamo il popolo».

Messaggio vecchio, per scopi nuovi: si celebra la Repubblica con uno show imponente del proprio Esercito di Liberazione chiaramente volto all’esterno. Come a dire, ecco di cosa siamo capaci. Il presidente, segretario del Pc e capo della commissione militare, dal rostro di Tiananmen dove erano schierati gli uomini, solo uomini, del potere forte cinese, si è prodotto in un discorso breve ma inequivocabile. «Da qui il presidente Mao ha solennemente annunciato la fondazione della Repubblica popolare di Cina, e da allora il popolo cinese si è alzato in piedi». «Lo sviluppo e il progresso della Nuova Cina in 60 anni», ha continuato Hu «dimostrano pienamente che solo il socialismo può salvare la Cina». La strada del «socialismo dalle caratteristiche cinesi», dunque, sarà mantenuta «fermamente» insieme «alla politica delle riforme e dell’apertura» allo «sviluppo scientifico» e all’«armonia sociale» attraverso la quale passa «l’unificazione nazionale». Hu Jintao si è rivolto ancora all’esercito, affinché garantisca «la sovranità, la sicurezza e l’integrità nazionale. E la pace mondiale». Infine il saluto definitivo: «lunga vita alla Repubblica, al Partito comunista e al popolo cinese», tra il tripudio ben inquadrato dalle riprese televisive dei 30mila prescelti che hanno potuto assistere dal vivo alle celebrazioni.

Il saluto del presidente ha dato il formale via libera alla parata, una esposizione dei muscoli militari, rafforzati e sempre più moderni, del paese. «Nazione ricca, esercito forte. La distesa di carri armati, mezzi pesanti e 8 mila soldati ha occupato lo spazio immenso dei viali pechinesi. Né sono mancati gli annunciati 31 missili Dongfan capaci di portare una testata atomica a 10mila chilometri di distanza. Niente è stato lasciato al caso e con geometrica potenza i soldati sono avanzati col passo dell’oca facendo esattamente 116 passi al minuto. Presente e passato, avanti e indietro: movimenti colorati, coordinati e via libera alle armi usate nel 1930 contro i giapponesi, i carri armati del 1950 utilizzati in Corea.

Sfila anche la bomba volante, che può confondere i radar e finire sull’obiettivo prefissato senza possibilità di fermarla. Metallo, quintali di vera bellezza, mai mostrata in precedenza, aerei da guerra nuovi e fiammanti sul cielo di Pechino rasserenato sopra Tiananmen da altri bombardamenti meteorologici. Tutto made in Cina.
Il rombo assordante degli aerei viene poeticamente definito una «dolce sinfonia» mentre avanza la sfilata di massa. 100 mila persone a rappresentare la nuova Cina: classi sociali, età diverse, il popolo. Hanno camminato accompagnando i 60 carri allegorici che rappresentavano la storia dell paese. Alcuni con titoli drammatici che rimandavano alla guerra di liberazione da cui la Repubblica è nata, come «combattendo nel sangue». Altri con toni epici, come la «creazione del mondo» che inalberava un ritratto di Mao intento a proclamare la nascita della Repubblica.

Poi, nei carri successivi, l’esaltazione del presente, celebrativa e «armoniosa». Il piccolo grande Deng Xiaoping è stato associato alla primavera e ritratto in un’immagine bucolica, in mezzo ai fiori di un campo.
Una primavera da cui sono sorti tutti i successi cinesi, ognuno su un carro allegorico tra realismo socialista e iperrealismo pop da avanguardie artistiche cinesi: la prima camminata nello spazio, la prima fabbrica industriale, il treno che da Qinghai va in Tibet, Hong Kong che torna cinese, le Olimpiadi e la prossimo Expo a Shanghai. Dopo due ore, la fine: 80 mila bambini che corrono verso la tribuna e sciamano sotto gli archi della porta celeste sotto lo sguardo attento e severo della tribuna vip del Partito: Jiang Zemin, Hu Jintao, Wen Jiabao e Xi Jinping, quest’ultimo in corsa per diventare nel 2012 il leader della futura repubblica cinese. Tutto perfetto, secondo gli organizzatori, «la Cina è grande», dicono gli spettatori. A sera, ancora sull’immensa piazza, l’apoteosi del galà, tra suoni e luci.

[Pubblicato su Il Manifesto del 1 ottobre 2009]