Guerre solari

In by Simone

Forse è finito il solare a buon mercato. Gli Usa hanno deciso di imporre consistenti dazi sulle importazioni di pannelli solari da aziende cinesi, accusate di praticare dumping. Ma la vera vittima potrebbero essere l’energia rinnovabile. E si rafforzano i timori su future guerre commerciali. Qualcuno dice che sia la fine del solare a buon mercato. Gli Stati uniti hanno deciso di imporre tariffe sull’importazione di pannelli fotovoltaici cinesi, accogliendo l’esposto di sette compagnie domestiche del settore, che accusavano Pechino di dumping.

I dazi variano dal 31 al 250 per cento a seconda delle compagnie ed entreranno in vigore probabilmente a ottobre, però con effetto retroattivo.

Tutto è cominciato quando la Coalition for American Solar Manufacturing (Casm), un cartello di sette produttori Usa, si è rivolta al Dipartimento del commercio denunciando il fatto che i cinesi, grazie a incentivi governativi contrari alle regole di mercato, esporterebbero i propri panelli a un prezzo inferiore di quello necessario a produrli.

Da una parte della barricata, c’è il leader di mercato statunitense, la SolarWorld AG; dall’altra, il numero uno al mondo, la cinese Suntech.

Gordon Brinser, presidente della filiale Usa di SolarWorld (che in realtà è tedesca), sostiene che l’imposizione di tariffe “fa sì che la produzione domestica di energia solare, il fotovoltaico ecologicamente sostenibile e una forte competizione globale possano ripartire quanto prima, creando nuovi posti di lavoro nelle manifatture Usa”.

Di tutt’altro avviso è Jigar Shah, presidente di un cartello Usa contrapposto a quello capitanato da SolarWorld: la Coalition for Affordable Solar Energy (Case).

Secondo lui, i dazi favoriranno esclusivamente la compagnia presieduta da Brinser e penalizzeranno invece il resto del settore, tra cui le imprese che comprano i pannelli solari (cinesi) e le aziende che vendono le tecnologie utilizzate per produrli.

SolarWorld ha ricevuto oggi in regalo un enorme sussidio – dice – un 31 per cento di media, che è l’imposta sui suoi concorrenti. E il peggio è che, alla fine, questi soldi verranno sottratti alle buste paga dei lavoratori americani”.

Inoltre, insiste Shah, “aumenteranno i prezzi dell’energia solare proprio nel momento in cui negli Stati Uniti sta diventando competitiva con quella generata dai combustibili fossili”. E, se qualcuno non avesse capito, “questa nuova tassa artificiale compromette il successo del solare Usa”.

È la solita vecchia storia. Da almeno trent’anni, le merci cinesi contribuiscono ad abbassare i prezzi su scala globale. Ci guadagna chi con la Cina commercia. Ci perde chi con la Cina compete.

Nello specifico del solare, le aziende Usa che beneficiano dei bassi prezzi della componentistica sono per esempio quelle che si occupano della distribuzione di energia solare ai consumatori: le utility e chi costruisce la rete. Loro possono contenere i prezzi.

Chi invece ci perde, sono i costruttori di pannelli.

Una conferma ci arriva da una fonte europea, un professionista dell’energia che opera a Pechino: “Il problema è che c’è stato un trasferimento di condizioni favorevoli verso la Cina, a cui però hanno contribuito tutti.

Per esempio, gli incentivi dell’Unione Europea si sono di fatto risolti nel fatto che i costruttori europei, invece di fare impianti a casa nostra, hanno semplicemente messo in piedi strutture di assemblaggio per i pezzi costruiti in Cina e quindi importati nel Vecchio continente.

I costruttori cinesi hanno quindi di fatto beneficiato degli incentivi europei e in più di quelli cinesi”.

Quanto a loro, i figli del Celeste Impero, ecco il parere di Liangsheng Miao, amministratore delegato di Yingli Green Energy, una delle aziende colpite da una tariffa del 31 per cento circa.

Le tariffe sono distruttive per l’intera industria solare”. Tuttavia, aggiunge “manteniamo l’impegno a servire il mercato statunitense, a prescindere dall’esito di questo procedimento”.

Del resto, secondo Shyam Mehta, analista della Gtm Research di Boston, è probabile che i cinesi spostino la produzione in altri paesi per eludere i dazi Usa. Fatta la legge, trovato l’inghippo.

Il fatto più grave è tuttavia che all’orizzonte si profila una guerra commerciale che frenerebbe lo sviluppo del solare, cioè dell’energia alternativa. Con sommo piacere di chi vive di energia fossile.

* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano.

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