Pechino e Seul reagiscono al quinto test nordcoreano

In by Gabriele Battaglia

A pochi giorni dal quinto test nucleare di Pyongyang e in previsione di un sesto imminente, Seul alza la guardia sfoderando un piano operativo per disintegrare la capitale nordcoreana in caso di attacco nucleare. Intanto i conservatori del partito Saenuri spingono per lo sviluppo di armi atomiche e invitano ad una maggior collaborazione con l’alleato americano. Sul fronte cinese si lavora di diplomazia per riportare la calma nella penisola e disinnescare la tensione, che fornisce una scusa per il crescente attivismo statunitense nella regione.
La Corea del Sud ridurrà Pyongyang in cenere nel caso si palesi il rischio di un attacco nucleare. Secondo quanto riportato da una fonte militare all’agenzia sudcoreana Yonhap, «ogni quartiere di Pyongyang, in particolare quelli in cui la leadership nordcoreana si nasconde, sarà completamente distrutto da missili balistici e granate altamente esplosive non appena il Nord mostri segni di mettere in uso armi nucleari. In altre parole, la capitale del Nord sarà ridotta in cenere e rimossa dalle mappe».

I dettagli dell’attacco preventivo sarebbero emersi con la presentazione da parte del ministero della Difesa del concetto operativo Korea Massive Punishment & Retaliation – palliativo in assenza di un arsenale nucleare sudcoreano – che prevede la mobilitazione di missili balistici superficie-superficie sviluppati localmente, tra cui i modelli Hyunmoo 2As, 2Bs e Hyunmoo 3s, con gittate rispettivamente di 300, 500 e 1000 chilometri. L’esercito sudcoreano avrebbe inoltre lanciato un’unità operativa speciale appositamente incaricata di distruggere la leadership militare nordcoreana, racconta una seconda fonte.

Le indiscrezioni arrivano a pochi giorni dal quinto test nucleare nordcoreano (il più potente effettuato finora) e mentre – secondo l’intelligence di Seul e Washington – Pyongyang accelera i lavori per realizzarne un sesto sempre presso il sito di Punggye-ri, nella provincia di Hamgyong. Gli esperti sono piuttosto concordi nel sostenere che lo scopo degli ultimi esperimenti atomici e balistici è quello di spingere la comunità internazionale a riconoscere il Regno eremita come «una potenza nucleare»

«Considerato che la Corea del Nord ha affermato di aver standardizzato e adattato testate nucleari in modo da istallarle su missili balistici, dovremmo tenere bene a mente che i missili nucleari rappresentano una minaccia concreta e imminente, non semplicemente un’intimidazione per costringerci a negoziare», ha dichiarato la presidente sudcoreana Park Geun-hye durante un incontro con vari leader del Saenuri Party, il partito conservatore al governo propenso allo sviluppo di una capacità autodifensiva nucleare, anche a costo di reintrodurre gli armamenti statunitensi smantellati con la firma del patto di non aggressione tra le due Coree nel 1991. La lunga sequela di provocazioni nordcoreane ha già permesso agli Stati Uniti di ultimare l’accordo per il dispiegamento a Sud del sistema antimissile americano THAAD, a cui Pechino continua a fare resistenza considerandosi il vero target.

Mentre, a parole, l’ultimo test è stato condannato duramente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nei fatti rimangono da appianare le usuali divergenze che vedono Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna – tre dei 5 membri permanenti con diritto di veto- propendere nettamente per l’imposizione di più aspre sanzioni e il mini-blocco Cina-Russia più incline alla cautela.

Nella giornata di lunedì la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha ribadito che le sanzioni non bastano a risolvere la crisi nordcoreana, mentre il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha augurato l’adozione di misure «creative» suggerendo la scarsa efficacia delle precedenti risoluzioni internazionali. Dall’adozione dell’ultima tornata di sanzioni a marzo, la stampa anglofona ha più volte segnalato la rilassatezza dei controlli a cui viene ancora sottoposto il commercio lungo il confine sino-coreano; un punto su cui Pechino è pronto a chiudere un occhio per evitare che le restrizioni approvate in sede Onu gravino eccessivamente sulla popolazione nordcoreana, dopo un 2015 caratterizzato da un ripiegamento dell’economica nazionale per la prima volta in tre anni.

Sabato il Segretario alla Difesa americano Ash Carter ha inequivocabilmente parlato di «grandi responsabilità», della Cina nel processo di denuclearizzazione della penisola. Mentre il gigante asiatico continua a costituire il primo partner commerciale di Pyongyang, non è ben chiaro quanta influenza politica riesca ancora ad esercitare sulla leadership del giovane Kim. Di certo, è improbabile che l’ultimo test abbia colto Pechino completamente di sorpresa, considerata la recentissima trasferta oltre Muraglia di Choe Son Hui diplomatica a lungo impegnata nei colloqui a sei, come interprete, e in seguito nominata a un alto ruolo nel ministero degli Esteri nordcoreano. Stando all’agenzia nipponica Kyodo, gli scambi tra i due vecchi alleati sono proseguiti lunedì con l’arrivo nella capitale cinese del ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho.