Poca Cina quest’anno in laguna. Sembra che la vena creativa del Drago si sia un po’ esaurita, ma è possibile che l’ispirazione che esce dalla porta rientri dalla finestra. Il nostro sinofilo-cinefilo Edoardo Gagliardi era là, combattuto tra pessimismo della ragione e ottimismo della volontà. Si è da poco conclusa la 73° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia; spente le luci, arrotolato il tappeto rosso, facciamo una panoramica sui film cinesi, che quest’anno sarà molto breve. I giorni in qui la Cina trionfava aggiudicandosi il Leone d’Oro sono lontani (sono infatti passati 10 anni dalla vittoria di Still Life di Jia Zhangke). I grossi nomi e i grandi film sinofoni a Venezia questa volta non ci sono arrivati (quello che sarà uno dei principali film d’autore cinese dell’anno, I’m Not Madame Bovary di Feng Xiaogang, ha invece appena avuto la sua anteprima al Festival di Toronto).
L’unico film significativo è nella rassegna Orizzonti: si tratta di Bitter Money («Ku Qian») di Wang Bing, cinese il regista, cinese la storia, ma produzione in verità di Hong Kong e Francia. Un regista abituato ai festival internazionali sin dal suo esordio del 2003 con West of the Tracks, documentario ciclopico di 10 ore sulla dismissione di un distretto siderurgico nel nord-est cinese, che lo ha lanciato all’attenzione internazionale. Wang Bing a Venezia aveva già vinto in Orizzonti nel 2012 con Three Sisters e quest’anno si è aggiudicato il premio di Orizzonti per la migliore sceneggiatura.
Bitter Money è un documentario che segue la vicenda di 3 donne che lasciano il loro paese natale per cercare lavoro (e fortuna) in città. Qui oltre alle difficoltà, incontreranno delusioni e illusioni. Wang Bing le segue da vicino, con interesse e partecipazione. Come spesso, le sue storie così concentrate su personaggi specifici riescono a far percepire nel fuori campo le tensioni di una Cina contemporanea che nella sua frenesia è disposta a lasciare indietro persone e memoria.ù
Wang Bing in conferenza stampa a Venezia
Un altro film cinese lo abbiamo già segnalato: si tratta di Breathing, presentato in una proiezione per professionisti e stampa.
Un ambito che finalmente inizia a farsi vedere – speriamo sempre più spesso – sono le co-produzioni tra Cina e Italia. Firmato tra i due Paesi l’accordo di co-produzione per un biennio, quest’anno a Venezia nell’ambito del China Film Forum e delle Giornate degli Autori è stato presentata la prima co-produzione italo-cinese ufficiale. Si tratta di Caffè di Cristiano Bortone. Un intreccio di tre storie tra Italia, Cina e Belgio, tutte legate in qualche modo proprio al caffè. Caffè è il primo incoraggiante e coraggioso esempio di vera co-produzione, cui non possiamo far altro che augurare successo in entrambi i paesi, e oltre.
Sempre nel China Film Forum sono stati presentati altri due documentario di collaborazione tra Italia e Cina: Long March Today è un docufiction diretto da Sergio Basso (che continua il suo flirt con la Cina dopo Giallo a Milano e Cine Tempestose) e prodotto da A&A Huahuang Pictures e BTV. Un film che ricorda la Lunga Marcia, episodio storico fondante della narrativa del Partito Comunista Cinese, e di cui il prossimo mese ricorre l’80° anniversario.
Un road-movie, un documentario, una storia d’amore e altro ancora che parte dalla Cina di ieri per raccontare quella di oggi e immaginare quella di domani.
Il secondo documentario è He Hui, Soprano sulla Via della Seta, co-produzione italo-cinese che vede lo stesso team produttivo di Magicarena, dedicato alla magia che si nasconde dietro uno spettacolo di opera all’Arena di Verona. E He Hui si preannuncia come una sua espansione narrativa, raccontando la vita di una soprano cinese già apparsa in Magicarena e che dà il titolo a nuovo film. Biopic tra Italia e Cina, alla scoperta delle origini a Xi’an di He Hui, e la sua ascesa verso i riflettori della lirica internazionale.
He Hui Madama Butterfly
Insomma, se la Cina si è vista poco a Venezia, si sono viste le sue sempre più numerose collaborazioni internazionali e co-produzioni, anche con l’Italia. Il mercato cinematografico cinese negli ultimi anni ha visto una crescita strabiliante, ma negli ultimi mesi ha dato segni di stanchezza, forse contingente o forse strutturale. Potrebbero essere proprio (speriamo) i progetti sempre più internazionali, la diversità di forme e temi, le co-produzioni e ridare slancio e a riportare la presenza cinese nei più importanti festival di cinema.
*Edoardo Gagliardi, laureato in studi orientali, ha ottenuto un dottorato in cinema cinese contemporaneo presso l’Università di Roma La Sapienza, dopo un periodo di studi alla Peking University. Vive a Pechino da diversi anni dove lavora su progetti e coproduzioni cinematografiche tra Italia e Cina, collaborando in passato con il desk ANICA di Pechino. Nel tempo libero si interessa di musica, una volta anche con il blog Beijing Calling, su queste pagine. «I Wenchan Ban 文产办 sono gli uffici di promozione delle industrie culturali che si trovano in molti governi locali cinesi. Il Wenchan Ban di China Files è diretto da Edoardo Gagliardi, e il suo compito è quello di raccontare e promuovere ogni due settimane le nuove storie di cinema, musica e dell’industria culturale cinese, del loro mercato e dei loro protagonisti» [E.G.].