Ormai è solo un «pregiudizio politico». Ma Zhaoxu (nella foto), portavoce del ministero degli Affari esteri cinese accoglie così l’ipotesi di rimuovere l’embargo sulla vendita di armi alla Cina paventata dal governo spagnolo, al quale spetta la presidenza di turno dell’Unione europea. «La natura dell’embargo Ue è un pregiudizio politico contro la Cina – attacca Ma durante un incontro con la stampa – è un ostacolo alle relazioni bilaterali con l’Unione europea».
Martedì, in occasione della conferenza stampa di chiusura del Consiglio affari esteri dell’Ue, il ministro degli Esteri spagnolo Miguel Angel Moratinos, dichiarandosi cosciente «del nuovo ruolo che gioca la Cina », ha affermato che l’Europa sta «pensando ai pro e ai contro della questione ».
Certo la decisione definitiva è legata al «consenso di tutti i ventisette paesi membri», ma da più parti negli ultimi anni si sono sollevate voci favorevoli alla rimozione dell’ormai ventennale embargo, imposto come reazione al massacro di piazza Tian’anmen nel 1989. Nel 2005 era stato il presidente francese Jacques Chirac a proporne la fine, una posizione appoggiata nel 2006 dal governo italiano e dall’allora primo ministro Romano Prodi che, di ritorno da una visita ufficiale a Pechino, aveva presentato il suo impegno per la fine dell’embargo negando che si trattasse di una novità.
Ma le divergenze interne all’Unione – nel 2008 il Parlamento europeo ha votato a favore del mantenimento del blocco -, e soprattutto la ferma contrarietà degli Stati Uniti hanno di fatto impedito ogni possibile accordo al riguardo. E se nell’ottobre 2008 l’Ue ha deciso la fine dell’embargo sulla vendita di armi all’Uzbekistan, nonostante le preoccupazioni per le gravi violazioni dei diritti umani nel paese centro asiatico, scegliere di fornire tecnologia militare alla Cina appare ancora una scelta difficile.