Per qualche giorno la narrazione potrà tornare ad essere quella del Partito comunista che ha guidato la nazione più popolosa del mondo dal dopoguerra ad oggi sollevando 600 milioni di persone dalla povertà in soli trent’anni. Ma tutti sanno che poi dovrà confrontarsi con la realtà. La crescita sta rallentando e la recente volatilità delle borse mette in discussione l’accordo non scritto che ha permesso al Partito di governare per oltre 60 anni.
L’Esercito di liberazione popolare in 50 minuti di tempo ha mostrato al mondo intero la strada percorsa dallo stato di devastazione in cui si trovava dopo la Seconda guerra mondiale. Secondo la stampa locale l’84 per cento dei 500 armamenti sfoggiati non sono mai stati mostrati prima. Il Dipartimento di propaganda ha già diramato le direttive a tutti i mezzi di informazione: “notizie e commenti dovranno essere positivi e non offensivi; non dovranno attaccare il Partito, la Repubblica popolare o il sistema politico; né dovranno offenderne i leader”.
Già il 2 settembre un raro cielo azzurro sovrastava la città di Pechino. Le bandiere rosse nuove di zecca sventolavano come in un film. Insomma tutto era pronto per impressionare le masse e rinvigorirne il nazionalismo. Se non fosse per i mercati. Shanghai ha reagito ai dati sul manifatturiero cinese che indicano un’economia in lieve contrazione e giustificano i timori degli investitori aprendo a -4%. Recupererà chiudendo quasi in paro (-0,4%) e salvando Xi Jinping da un’ennesima figuraccia di fronte agli ospiti internazionali. Le borse sono rimaste chiuse per il V-day, la festività nazionale introdotta quest’anno, e lo rimarranofino a lunedì prossimo. Il presidente non dovrà giustificare i quasi 140 milioni di euro inutilmente investiti per stabilizzare il mercato finanziario.
Per qualche giorno la narrazione potrà tornare ad essere quella del il Partito comunista che ha guidato la nazione più popolosa del mondo dal dopoguerra ad oggi sollevando 600 milioni di persone dalla povertà in soli trent’anni. Ma tutti sanno che poi dovrà confrontarsi con la realtà. La crescita sta rallentando e la recente volatilità delle borse mette in discussione l’accordo non scritto che ha permesso al Partito di governare per oltre 60 anni: tutti si sarebbero arricchiti. Secondo molti analisti, è la perdita di credibilità del governo il vero rischio che affronta oggi la Repubblica popolare. Per questo, ancora ieri, la portavoce del ministro degli esteri cinese si preoccupava di rassicurare la stampa internazionale sul fatto che “l’economia cinese non mostra alcun segnale di brusca frenata”.
La parata e la nuova festività in questo senso cade a pennello. Permette ai media di stato di concentrarsi sull’agenda nazionalistica e obbliga gli osservatori internazionali a distogliere l’attenzione delle borse e dagli effetti di una serie di esplosioni in una fabbrica chimica della città portuale di Tianjin che ha provocato almeno 150 morti e le cui conseguenze sull’ambiente ancora non sono chiare. Il tempismo è perfetto.
[Scritto per il Fatto Quotidiano]