«C’è sempre spazio per migliorare il mondo. La Cina è pronta ad aumentare la cooperazione con il Regno Unito e altri paesi sul tema dei diritti umani». Lo ha detto il presidente Xi Jinping, alla conferenza stampa durante la sua visita a Londra. Ci sono state molte polemiche al riguardo: Londra non ha sollevato alcun tema in riferimento ai diritti umani, spingendo invece sugli accordi commerciali (per 30 miliardi di sterline).
Il Telegraph riporta le parole del noto artista cinese, Ai Weiwei: David Cameron, ha detto Ai Weiwei, ha un primato nel «mettere i diritti umani da parte, deve sollevare la questione con il presidente cinese». Ai, scrive il Telegraph, «un attivista politico che ha ottenuto un visto per andare in Germania dopo essere stato detenuto per 81 giorni in Cina, ha detto che David Cameron non deve rifuggire dal discutere argomenti scomodi». A Sky News Ai Weiwei ha specificato: «Quella di Cameron è una strategia decisamente sbagliata e dà anche una un pessimo immagine, perché questo di certo non rappresenta il popolo britannico». E molte altre sono state le polemiche al riguardo, ma forse insieme ad un cinismo derivato dalla realpolitik, Londra può aver fatto un ragionamento che potrebbe essere un esempio di come «trattare» certi argomenti con la Cina.
Le proteste contro Xi Jinping, compiute da attivisti dei diritti umani, pro Tibet e Falun gong non hanno avuto praticamente spazio sui media britannici, né nelle parole dei politici locali, a parte rare eccezioni. Si sa che la Cina considera questi elementi come questioni interne su cui non chiede ingerenze altrui. Ma è pur vero che nel processo di maggior conoscenza tra Cina e mondo, sottolineato anche dal presidente cinese nel suo discorso al parlamento britannico, forse comincia a farsi strada una lettura più complessa di quanto accade in Cina. E insieme a questo, senza mancare di sottolineare le storture del sistema cinese, si sta forse cominciando a elaborare un diverso modo per fare pressione su Pechino su alcuni temi, senza permettersi di effettuare lezioni su questioni spinose e da approfondire.
La «faccia» per i cinesi – e per tutti gli asiatici – è un concetto sociale cardine e potrebbero essere più decisive parole e tesi sostenute in incontri privati, anziché sparate mediatiche che finiscono per imbarazzare profondamente Pechino, che spesso reagisce in modo scomposto. Xi Jinping, quasi a voler tacitare questo genere di polemiche, nel suo discorso al parlamento (il Guardian ha fatto notare come Cameron fosse l’unico in tutta l’aula senza le cuffie per la traduzione di un discorso interamente in mandarino) ha ricordato gli sforzi che la Cina sta compiendo, a suo modo, con tutti i suoi limiti, rispetto al cosiddetto «stato di diritto».
Poi c’è da decidere se crederci o no, se chiedere via via notizia e verifiche di questi miglioramenti, tenendo conto dei processi in atto in Cina e della generale visione dei cinesi rispetto al tema della democrazia, che non è propriamente simile alla nostra.
[Scritto per East; foto credits: Epa]