A Pechino si apre oggi il summit economico sino-europeo. La Cina è disposta a investire in cose concrete, non nel debito europeo. Tanto più che l’Europa fatica ancora a presentarsi come un’entità unica. Un’altra gatta da pelare per la Merkel.
La China Investment Corporation (Cic), il fondo sovrano di Pechino da 410 miliardi di dollari, ritiene che i bond europei non siano un buon affare. Lo comunica per bocca di Lou Jiwei, il suo presidente. I soldi del Dragone puntano invece a investimenti più produttivi, concreti se si vuole: infrastrutture e acquisizioni industriali.
Le dichiarazioni non faranno felice Angela Merkel, che nel suo recente viaggio cinese aveva chiesto alla Cic e ad altri “investitori sul lungo termine” di comprare titoli del debito europeo: non solo quelli semitossici greci, spagnoli o – almeno fino a qualche tempo fa – italiani; ma anche i Bund tedeschi e gli Oat francesi.
“Per le obbligazioni europee come i titoli di Stato di Italia e Spagna, solo le banche centrali con certe responsabilità possono investire. Ma per investitori a lungo termine come noi è più difficile fare questi investimenti”, ha detto Lou alla riunione annuale degli economisti di Cina 50 Forum, un club di funzionari governativi ed economisti.
“Le opportunità di investimento possono trovarsi in settori come le infrastrutture e i progetti industriali, e questi progetti possono contribuire alla ripresa economica”, ha aggiunto.
Infine la stoccata: l’Europa “piomberà inevitabilmente nella recessione” e la ripresa economica globale, compresa quella degli Stati Uniti, sarà un processo molto lento. Per poi tornare a uno dei cavalli di battaglia della politica economica cinese: “In breve, i mercati finanziari globali sono molto incerti e presentano grandi rischi di ribasso, ma ci sono ancora opportunità e il mondo ha bisogno di investimenti. Il protezionismo negli investimenti internazionali sta diminuendo”.
Sostanzialmente, il presidente della Cic non ha fatto che ribadire la linea già espressa più volte dalla Cina: la crisi finanziaria – globale nel 2008, soprattutto europea oggi – è colpa vostra e dell’imprudenza con cui avete gestito il mercato finanziario; tra l’altro siamo piuttosto arrabbiati con voi, perché i vostri fallimenti a catena, in un contesto globalizzato, danneggiano anche la nostra economia. Siamo disposti quindi a cooperare per salvare l’economia globale, ma la via che indichiamo è diversa dalla vostra: dateci la possibilità di entrare nei vostri mercati investendo in “cose concrete”: infrastrutture, industrie, tecnologie.
Queste dichiarazioni hanno due implicazioni, una cinese e una europea.
Per quanto riguarda la Cina, la crisi europea e il conseguente rallentamento dell’economia cinese per via del mancato export verso il Vecchio Continente è una brutta gatta da pelare. Per questo motivo, il premier Wen Jiabao ha ribadito per l’ennesima volta che il governo centrale “sintonizzerà” la politica economica nel primo trimestre di quest’anno.
Secondo gli analisti, la Cina sceglierà di allentare ulteriormente la stretta sul credito per dare liquidità alle piccole aziende in crisi. Allo stesso tempo, continuerà a calmierare i prezzi immobiliari e aumenterà i minimi salariali. Se l’economia globale stenta, Pechino punta dunque sulla domanda interna, cercando di aumentare le disponibilità di spesa delle famiglie.
Sulla sponda europea, Angela Merkel si trova a questo punto accerchiata per quanto riguarda gli Eurobond. La Cina sarebbe probabilmente disposta a investire nel debito europeo, se l’Unione fosse un’entità davvero unica in grado di garantire titoli non tossici. O, altrimenti detto, se tutta l’Europa garantisse per la salute finanziaria dei partner più inaffidabili. D’altra parte, anche in Germania ci sono funzionari che ammettono privatamente che l’introduzione di Eurobond garantiti congiuntamente “potrebbe essere possibile e forse inevitabile”, come ha recentemente riportato il Financial Times.
Le resistenze arrivano proprio dalla Cdu della Merkel e dai Liberaldemocratci, partner nella coalizione di governo. “Ma Wolfgang Schäuble – scrive ancora il quotidiano della City – il ministro delle finanze appassionatamente filoeuropeo, ha sempre detto ‘non ancora’ piuttosto che ‘mai’ alle obbligazioni” (Entrambi i principali partiti di opposizione, i socialdemocratici e i Verdi, sono a favore).
Forse, dall’ennesimo rifiuto cinese prenderà le mosse un’Europa più coesa.
[Quest’articolo è stato scritto per E il mensile; foto credits: csmonitor.com]* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano