Tianjin affonda

In by Simone

C’è l’inquinamento dell’aria, d’accordo, ma forse l’emergenza ambientale cinese più esemplare è la “subsidenza”, lo sprofondamento delle città costiere e non solo. Abbiamo indagato il caso Tianjin, significativo perché riguarda anche il ciclopico progetto di JingJinJi, la megalopoli del futuro. “Quando abbiamo comprato casa a Wuqing, ci avevano promesso acqua calda naturale che sarebbe arrivata direttamente dalla falda sotterranea, perché questa è un’area geotermica. Sono ormai anni che non è più così, dato che le compagnie immobiliari hanno il divieto di attingere forniture idriche dal sottosuolo. Farebbero sprofondare il terreno”.
La signora Zhou Wenping, 56 anni, vive a poche centinaia di metri da Florentia Village, cinque ettari di replica del capoluogo toscano nelle città portuale di Tianjin. Visto che è “secondo caratteristiche cinesi”, Florentia è in realtà un mix strampalato di italiche bellezze: ci sono anche il Colosseo e i canali di Venezia, con tanto di ponte di Rialto; tutto insieme.

Ora, gli abitanti del distretto di Wuqing godono quotidianamente di un’esperienza che più veneziana di così si muore: rischiano di finire sott’acqua. Tianjin è infatti il punto più a rischio affondamento di una megalopoli in divenire che unirà amministrativamente la città portuale a Pechino e all’intera provincia dell’Hebei: JingJinJi, 130 milioni di abitanti per una città infinita, che dovrebbe rappresentare il trionfo dell’urbanizzazione cinese. Comunità piccolo borghesi, soddisfatte e decentrate, ferrovie veloci che le connettono, reti informatiche, infrastrutture.

Quando lo scorso agosto un deposito di materiali infiammabili esplose provocando oltre 170 morti proprio a Tianjin, il mondo comprese che il suo porto – decimo al mondo e primo nella Cina settentrionale – è un posto tutt’altro che sicuro. La leadership cinese ha reagito con un’inchiesta lampo e un metodo consolidato: la ricerca del colpevole da additare come responsabile dell’evento traumatico che ha sconvolto l’armonia di cielo e terra. Così, a metà ottobre è caduta la testa di un responsabile della sicurezza locale – nonché ex vicesindaco della città – Yang Dongliang, espulso dal Partito comunista per corruzione. A inizio novembre è stato poi il turno di Zheng Qingyue, presidente della società che gestisce il porto, licenziato in tronco con un paio di assistenti. E non è ancora finita.

La Tianjin che esplode può essere risolta con un giro di vite.
La Tianjin che affonda no, perché mette in discussione tutto il modello di sviluppo della Cina, passato e futuro.
Sono infatti industrializzazione e urbanizzazione a provocare “subsidenza”, l’abbassamento verticale del terreno: l’aumento dei volumi edificabili pesa sulle voragini del sottosuolo, nate dall’estrazione continua di risorse per esigenze industriali e abitative. Proprio come nel caso dell’acqua calda di Wuqing. Intanto, il livello del mare sale per via del riscaldamento globale. Tra il 2003 e il 2010 – spiega uno studio dell’Accademia Cinese di Rilievo e Mappatura – l’area urbanizzata di Tianjin si è rapidamente ampliata, creando una zona di subsidenza da 2749 chilometri quadrati. Dopo alcuni anni di interventi, ci sono ancora 1118 chilometri quadrati a rischio. Zhang Jixian – direttore dell’Accademia – ha di recente definito JingJinJi la più grande area “a imbuto” del mondo, dalla forma concava che sta via via assumendo il terreno.

Il signor Li – ingegnere idraulico – racconta che le autorità, oggi, non solo vietano alle imprese di utilizzare le risorse idriche del sottosuolo, ma trasportano cisterne d’acqua da lontano per riempire i “buchi” sotterranei.
Il signor Zhang lavora invece nella pianificazione urbanistica di Tianjin. Racconta che nell’area metropolitana si costruisce tenendo conto del rapporto tra volumi, destinazione d’uso degli edifici e rischio subsidenza. Si evita così – o si dovrebbe evitare – di costruire un ciclopico centro commerciale dove la terra sprofonda. Fin qui nulla di innovativo. Caratteristica del tutto cinese è che se un’immobiliare progetta di costruire una fila di box sotterranei, deve chiedere il permesso nientepopodimeno che all’Ufficio del Popolo per la Difesa Aerea, lo stesso che gestiva quei rifugi anti bombardamento voluti da Mao in previsione di una guerra contro l’Unione Sovietica, negli anni Sessanta. Dalla guerra fredda interna al blocco socialista, alla guerra ambientale.

Il signor Tian Lizhu – ingegnere delle coste – ritiene invece che a Tianjin il problema subsidenza non sia oggi il più grave. Il vero guaio sono le coste che vengono sommerse, non solo per l’innalzamento del livello del mare, ma anche perché il suolo, lì, è più soffice e paludoso. “Così, per costruire, si bonificano dei terreni alzandoli di qualche metro e drenandoli per renderli più solidi”.
Raggiunto telefonicamente, l’ufficio di pianificazione urbanistica del governo di Tianjin non ci ha concesso un’intervista per chiarire quali siano le misure concrete messe in atto per risolvere il problema della subsidenza. Secondo il direttore dell’Accademia Cinese di Rilievo e Mappatura, Zhang Jixian, l’abbassamento del terreno può essere controllato scientificamente e le amministrazioni stanno predisponendo “misure adeguate”, ma non si sa quali.

Le inquietudini sulla megalopoli che sprofonda trovano una sintesi in rete, dove l’ironia non manca. “Evolveremo tutti fino a diventare tritoni”, scrive qualcuno su Weibo, il Twitter cinese. “Nella nostra Gendu [la capitale del divertimento, soprannome di Tianjin, ndr], la gente che si è già comprata una barca o una moto d’acqua è troppo intelligente”, fa eco un altro. “Che bello, andrò a vivere in una casa vista-mare”.
Secondo una proiezione del centro studi statunitense Climate Central, per circa 45 milioni di persone tra Hong Kong, Shanghai e Tianjin si prospetta un futuro da sfollati se, nei prossimi anni, le temperature globali si alzeranno di 4 gradi, lo scenario più catastrofico. Saranno “solo” 23,4 milioni nell’ipotesi più realistica, quella dei 2 gradi. E si parla solo di livello del mare, ignorando il “grande imbuto” JingJinJi.

[Scritto per "Il Venerdì" di Repubblica. Ha contribuito alle ricerche Wang Haijing]