The Sushi Game – Il gioco della cucina giapponese

In by Gabriele Battaglia

«In Giappone mangiano sushi tutti i giorni?». È una domanda che chi va nel Paese del Sol Levante si sente porre spesso. E a cui c’è una sola risposta: no, in Giappone non si mangia solo sushi. Si mangia anche, e in quantità limitate, sushi. La cucina giapponese – washoku per dirla in idioma locale – è molto altro. In The Sushi Game, Francesca Scotti e Alessandro Mininno ci aiutano a scoprirlo, nel gioco più serio sulla cucina giapponese che possiate trovare. China Files ha intervistato gli autori e vi propone degli estratti del libro per gentile concessione di Terre di Mezzo Editore.Partiamo dal titolo: The sushi game. La struttura è quella di un gioco, una sorta di platform in cui ci sono vari "mostri" da sconfiggere e il "boss" finale, ma a ben vedere, le descrizioni sulla preparazione, sulla storia e le varie "apparizioni" dei cibi nella cultura pop sono molto precise. Un gioco sì, quindi, ma pensato per istruire e per essere giocato con il massimo impegno. È così?

Francesca: È proprio così! Del gioco ha il divertimento di noi che lo abbiamo scritto e disegnato, e la struttura in 10 livelli; del gioco ha anche tutta la “serietà” che si concretizza nelle varie informazioni, avventure, tradizioni che accompagnano ciascuna pietanza. La storia degli ingredienti, il ruolo sociale di certi piatti piuttosto che la presenza di questi nella cultura pop sono aspetti che mi hanno sempre incuriosita e sui quali ho cercato di raccogliere informazioni ed esperienze. Come il gioco anche questo libro prova ad avere un carattere “esperienziale” nel senso che i piatti vengono presentati non per essere cucinati ma per essere mangiati, assaggiati, guardati e toccati.

Guardando la copertina, si può pensare che il vostro sia un altro libro dedicato al sushi. In realtà questo è solo uno dei tanti personaggi del libro e nemmeno uno dei "boss" finali! Come mai?

F: Sul sushi si è scritto e detto molto, moltissimo. Un altro libro sul sushi non sarebbe stato davvero necessario, o almeno io non avrei saputo cosa aggiungere! In questo libro ho provato a raccontare il cibo giapponese attraverso gli occhi e i sensi di chi lo ha scoperto e assaggiato insieme a tutti gli altri aspetti della vita quotidiana in un paese diverso da quello in cui si è nati e cresciuti. Assaggiare, scoprire, farmi consigliare è stato il mio modo per “nutrirmi” di Giappone senza mediazioni o diffidenze. Quindi no, The sushi game non è un altro libro sul sushi (!) e lo spirito di chi lo ha scritto è quello del narratore – viaggiatore curioso, dell’esploratore, dell’avventuriero che raggiunge l’arcipelago con una discreta dose di appetito!

Qual è stato il piatto di washoku quello più difficile da "avvistare", il più raro insomma, e quando lo avete "catturato"?

F: Come è prevedibile, più si alza il livello più i piatti diventano insoliti. Preparazioni come l’odorigui o il funazushi sono simili al casu marzu della tradizione sarda, un alimento che la maggior parte degli italiani non ha mai mangiato. Quando mostro il libro agli amici giapponese la loro maggior sorpresa è suscitata dal hachi no sembei, (cracker di riso con api) che io ho incontrato in un weekend alle terme nel Nagano-ken. Meno rare sono le larve di ape in vasetto, in versione dolce o salata.

E qual è stato il più complesso da spiegare e illustrare per il pubblico italiano?

F: In generale i piatti più complessi da raccontare sono stati quelli che “assomigliano” a qualcosa di conosciuto dall’occhio o dal palato italiano: l’okonomiyaki, ad esempio (che viene spesso paragonato a una pizza, o a una frittata) o i takoyaki (che della nostra polpetta hanno giusto la rotondità!). Un’altra piccola difficoltà, in termini di esaustività, l’ho incontrata per quei piatti che hanno origini e tradizioni molto profonde: avrei voluto condividere molti più aspetti, ma ne avrebbe patito l’equilibrio del libro.

Alessandro: Sembrerà banale, ma le cose più semplici a volte sono le più insidiose. Partiamo da due dettagli: io, dei piatti rappresentati nel libro, non ne ho mangiato né visto quasi nessuno. E in più non sono un illustratore professionista, quindi non sono proprio in grado di rappresentare alcune forme (per esempio, non sono mai riuscito a ritrarre un gamberetto in modo anatomicamente soddisfacente).

 Il piatto più difficile da disegnare è stato il tonkatsu, che non rientra in nessuna di queste due categorie: è identico a una cotoletta (ma proprio uguale), l’ho visto, l’ho mangiato (buono) e la sua forma non è particolarmente insidiosa.
 Eppure, per ottenere un risultato soddisfacente ho dovuto disegnarlo almeno otto volte. 
Probabilmente, è stato difficile proprio perché il pubblico italiano conosce le cotolette e il mio lavoro è rendere il tonkatsu… diverso.


Possiamo aspettarci un secondo capitolo del sushi game? Magari con livelli più ardui e boss più tosti?

F: A noi piacerebbe eccome! Magari affrontando i dolci giapponesi (che riservano tanto sorprese poco dolci quanto deliziosi sapori d’altri tempi) ma anche o il mondo delle bevande, sia quelle tradizionali sia quelle contemporanee. Ci piacerebbe anche osservare, raccontare e sfidare nello stesso modo la cucina italiana!

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Francesca Scotti, Alessandro Mininno 
The Sushi Game 
136 pp., Terre di Mezzo – 12 euro

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Illustrazione di copertina di Alessandro Mininno