Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
1 febbraio 2010, 17:00
Venice quiz
Ancora a proposito della serie sulle case (vedi qui). Non so cosa debba scrivere, immagino qualche parola introduttiva su Venezia (ma ce n’è bisogno?!?), fatto sta che mi comincia a chiedere come si chiamano in italiano (la sua idea è che in un articolo dall’Italia bisogna sempre mettere qualche parola in italiano: è più cool) tutti i tipi di imbarcazioni: le gondole, le barche a motore, i vaporetti, gli aliscafi (ma qui si impunta perché vuole parlare delle imbarcazioni che ti portano dall’aeroporto a Venezia città e, sostiene: “Those are not aliscafi!”). Io taccio, spero solo che non mi faccia altre domande. Invece no, ora vuole dettagli sulle navi da crociera. Mi sembra di stare dentro a un quiz perenne e allucinante, mi mancano solo le cuffie in testa.
P.s. mentre scrivo queste cose, siamo già al livello successivo: siccome il padrone di casa è di Belluno, vuole sapere come si chiamano le Alpi in quella zona, glielo dico, vuole vedere sulla mappa, glielo faccio vedere, vuole anche sapere perché si chiamano Dolomiti… non la finiremo mai.
1 febbario 2010, 18:06
Traduttori pessimi scrittori
Per difesa sto diventando puntigliosa e polemica anch’io.
Si presenta al mio tavolo impugnando la traduzione inglese delle "Città invisibili", dicendomi che, poiché il testo di Calvino era troppo difficile in italiano, lo ha comprato in inglese. Ma, aggiunge, questa traduzione è anche peggio, è orribile, un pessimo inglese, incomprensibile.
Gli chiedo di mostrarmi il libro. Vedo che la casa editrice è la Random House. Leggo il nome del traduttore: William Weaver. Sfoglio il libro e gli dico che non mi sembra affatto lontano dall’originale. Ma lui insiste nel dire che è un pessimo inglese. Mi basta digitare il nome William Weaver su Google ed ecco cosa compare da Wikipedia: "William Fense Weaver is considered the preeminent living English language translator of modern Italian literature".
Glielo dico, ci resta di stucco, ma, come sempre, con nonchalance continua a sostenere che l’inglese è pessimo e aggiunge anche: “Del resto si sa che i traduttori non sono bravi scrittori, quando devono scrivere una frase di loro pugno sono totalmente incapaci”. Gli dico certo, certo, e intanto penso a Calvino stesso che tradusse "I fiori blu", tanto per dirne uno. So già cosa obietterebbe se gli dicessi che molti scrittori sono ottimi traduttori e viceversa. Lui direbbe: “Beh, un conto se uno è già uno scrittore, un altro è se uno è solo traduttore”. Certo, certo. Un bellissimo scenario di truismi e preconcetti.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)