The Leftover of the Day – Memories (part 3)

In by Simone

Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
6 aprile 2010, 16:16
Memories (part 3)

La sua partenza viene quotidianamente evocata – da lui: viene invece invocata da me – tanto che questi due mesi mancanti stanno diventando di una lentezza insostenibile. Sembra sempre che sia il momento dell’addio, ma il commiato non arriva mai.
Intanto, però, si consumano i rituali preparatori e io mi svesto dei panni di giornalista per indossare quelli un po’ scialbi dell’assistente, della mediatrice culturale, della dama di compagnia.

Mi porta con sé a fare shopping per i regali che vuole dare ad amici e conoscenti di questi anni italiani. Sembriamo una coppietta alle prese con l’arredamento di casa, scegliamo tazze, ventagli, stoffe giapponesi (in un negozio di artigianato giapponese a Roma).
Poi mi vuole con sé per comprare i vini: dall’Italia ne porterà in Giappone almeno 70 bottiglie. Ogni decisione comporta una sistematizzazione: per il vino procede così: due bottiglie per ogni regione d’Italia, una di rosso e una di bianco, con qualche eccezione per prosecco o superalcolici. Così lo scorto al negozio, compriamo Lazio, Emilia, Umbria il primo giorno. Quando rientriamo, appesantiti dalle 6 bottiglie, mi chiede di trovargli una mappa con le regioni, così può segnare quelle che ha già coperto.

Se alcuni oggetti nuovi appaiono, altre cose invece scompaiono dai muri. È il caso della sua collezione di facce appesa sulla cartina dell’Europa. C’erano attaccate, dopo elaborati ritocchi e ritagli, le foto di Andreotti, di Berlusconi, di B. Grillo e di tutti gli altri che ha incontrato in questi anni. Ora le ha tolte, visto che a fine maggio lascerà l’ufficio.
Poi, tutto eccitato come un bambino alle prese con il suo album di figurine, le ha incollate su un grande blocco bianco che mi ha mostrato con una certa fierezza, dicendo: “Questo è il mio modo per ricordarmi dell’Italia”.
Ammiro questa abnegazione per il ricordo, questa cura anche per le cose più infinitesimali. Anche se mi sfianca.

*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)