The Leftover of the Day – Amici immaginari

In by Simone

Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
8 febbraio 2010, 15:53
Amici immaginari

Intervista al direttore dell’Accademia nazionale d’arte drammatica. È il servizio sull’Alta formazione italiana. Un nome altisonante per una scuola che cerca di sopravvivere con i fondi ministeriali. Facciamo i nostri giri e le nostre domande e, mentre ci incamminiamo con il direttore nel suo studio per un’intervista, si avvicina un ragazzo e si mette a parlare al direttore.
Lo guardo e penso: lo conosco. Ma non ricordo il perché. Rapidamente saluta e se ne va.
Noi iniziamo a scendere le scale. Arrivati in fondo, il capo mi fa: “You realized who he was?”. Not really, dico io, spiegando che la faccia mi era però in qualche modo nota. “He was Libano!”. Non capisco subito poi mi ricordo della sua passione per Romanzo criminale (la serie tv: nei mesi di programmazione su Sky, non faceva altro che parlarmene e raccontarmi la trama nel dettaglio il giorno dopo la visione). Per me finisce lì. Facciamo l’intervista e quando usciamo gli domando: “Allora, che ne pensi?”.
“In realtà aver visto Libano ha cancellato tutto! Ti rendi conto? Ce l’avevo davanti e ho perso la mia possibilità di chiedergli un autografo!”. L’intervista non l’aveva proprio ascoltata, stava ancora pensando al suo supereroe.
Che tenerezza. Mi sembra un bambino degli anni Cinquanta di fronte a un finto Superman.

Sempre a proposito di personaggi della finzione.
Qualche giorno fa, a pranzo, mi racconta di una nuova serie tv che ha iniziato a guardare, e di cui non ricordo il titolo. Roba di avvocati. Stavolta non mi racconta tutte le puntate della serie, piuttosto mi spiega la sua adorazione per uno dei personaggi femminili, che, mi dice, non è solamente bella, ma soprattutto rappresenta un modello femminile con cui vorrebbe entrare in relazione.
Ovviamente, tengo rigorosamente per me le mie osservazioni in proposito.
Una volta rientrati in ufficio, lo sento che armeggia con la stampante. Ha incollato su un documento word le facce delle attrici che al momento gli piacciono di più. Mi sventola il foglio davanti e mi fa: “I have a quiz for you”. Sollevo gli occhi e mi vedo queste cinque facce. “Dimmi cosa hanno in comune”. Mi sforzo per rimanere seria, non posso prenderlo in giro, si offenderebbe tantissimo. D’altronde mi stupisco che non si faccia alcuno scrupolo a condividere con me questi suoi entusiasmi. Gli rispondo con una domanda: “Beside the fact they’re all brunette?” e gli do il destro per tornare alla spiegazione già fornitami a pranzo. Ovvero: che non solo belle e latine (evidentemente sta mutuando i suoi modelli da un immaginario più mediterraneo), ma soprattutto che vorrebbe conoscerle, frequentarle, averle come amiche per parlarci. Povero. L’Italia gli sta facendo male…

*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)