Domani la Corte costituzionale pronuncerà il verdetto sulle richieste di modifica della Carta da parte della maggioranza. La tensione nel Paese è palpabile, a fronte delle minacce delle camicie rosse, promotrici degli emendamenti. Se la Corte respingerà la richiesta, sarà guerra civile. (UPDATED)
13 luglio 2012 – Update
La Corte costituzionale ha respinto le accuse dell’opposizione, dicendo che la proposta di modifica della costituzione portata avanti dalla maggioranza di governo non mina l’istituzione della monarchia nel Paese. Secondo la Corte, prima di proseguire nella modifica della Carta, sarà necessario un referendum.
La tensione rimane comunque alta, anche se la sentenza dovrebbe evitare insurrezioni violente da parte delle camicie rosse, sostenitrici della maggioranza.
12 luglio 2012 – La storia
Ritornano i venti di guerra civile in Thailandia, a due anni di distanza dalle proteste delle camicie rosse che nel maggio 2010 finirono in un bagno di sangue.
Questa volta la causa scatenante del conflitto, per adesso solo verbale, è l’attesa del verdetto della Corte Costituzionale previsto per domani, venerdì 13 luglio, riguardo gli emendamenti alla costituzione proposti dal governo Yingluck Shinawatra.
L’attuale costituzione, redatta nel 2007 dalla giunta militare salita al potere a seguito del golpe che l’anno prima aveva rovesciato il governo Thaksin Shinawatra, e approvata dai tailandesi tramite referendum, è ritenuta antidemocratica e pro establishment, perché, oltre a contenere provvedimenti ad personam per assolvere i perpetratori del golpe, indebolisce il potere politico del governo democraticamente eletto trasformandolo in una coalizione di diversi partiti.
Redatta senza lo scrutinio di alcun organo di controllo e promossa in un regime di terrore e propaganda, la costituzione del 2007 era stata definita un’opera di “fiction costituzionale” dalla Asian Human Rights Commission.
Passò con il favore dei 58% dei votanti al referendum, la cui affluenza alle urne fu registrata attorno al 57%. In previsione del referendum, la giunta aveva annunciato che, in caso la costituzione non fosse accettata, avrebbe promulgato una qualsiasi altra costituzione del passato, adattata a suo piacimento, e che sarebbe inoltre rimasta al potere indefinitivamente senza concedere elezioni.
L’iniziativa da parte del governo di proporre gli emendamenti è stata aspramente criticata dall’opposizione, e la presente amministrazione è stata accusata di volere rovesciare il sistema monarchico costituzionale: un crimine ovviamente contro la costituzione stessa. Da qui la decisione nelle mani della Corte costituzionale.
Sembrano esserci quattro scenari possibili per il verdetto di domani. Questi vanno dall’accettazione degli emendamenti proposti, al rifiuto più il bando dei membri del partito della maggioranza dalla scena politica per un periodo pari a cinque anni. Il rischio maggiore è dunque quello di “golpe giuridico”.
Kokaew, parlamentare e co-leader delle camicie rosse, ha già dichiarato che, in caso di esito sfavorevole, le camicie rosse sono pronte a scendere in piazza a combattere, e non ha esitato a parlare di guerra civile.
Dopo avere minacciato che se la polizia si rifiuterà di catturare i giudici sarà la gente a farlo di suo, ha quindi incitato le camicie rosse a prepararsi alla guerra: “Quando sentirete il fischio, preparate le vostre borse e date l’addio alle vostre famiglie. Per noi sarà una battaglia decisiva”.
Kokaew ha descritto uno scenario di inizio per questa battaglia: “Non appena le élite mobilizzeranno i loro sostenitori, le due fazioni si scontreranno e l’esercito prenderà di nuovo il potere. Allora le camicie rosse combatteranno contro i soldati e sarà guerra civile”.
Abhisit Vejjajiwa, leader dell’opposizione nonché ex premier, salito al potere a seguito del golpe del 2006 (nel 2007 ci furono elezioni ma i politici eletti democraticamente furono costretti, con dei pretesti più o meno ridicoli, a dare le dimissioni), ha già accusato Kokaew di intimidire la Corte e richiamato immediatamente la premier Yingluck – la quale però fino ad ora non ha risposto.
Abhisit è considerato pro-establishment ed è visto come fumo negli occhi dalle camicie rosse per avere ordinato la violenta repressione alle loro manifestazioni del 2010, in cui persero la vita oltre novanta persone, tra cui il fotoreporter italiano Fabio Polenghi.
A seguito dell’intervento del generale Chamlong, co-leader delle camicie gialle, la Corte ha inoltre ordinato a ognuno dei 416 legislatori e ministri che hanno proposto gli emendamenti di stilare una relazione spiegando le proprie ragioni per il voto e di inviarlo ai magistrati entro 15 giorni. Chamlong insiste quindi che la decisione venga posticipata fino a quando la Corte avrà letto tutte queste relazioni.
Sembra tuttavia improbabile che l’atteso verdetto si protrarrà oltre domani, almeno a giudicare dai preparativi. Le autorità hanno già installato diversi giri di filo spinato attorno al palazzo della Corte e hanno mobilitato le forze dell’ordine per la protezione dei giudici. Nonostante non si è ritenuto necessario lo stato di emergenza, anche l’esercito è pronto a intervenire al fianco della polizia in caso di disordini.
[Foto credit: andrewjburgess-ukworld.blogspot.com]
*Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.