Taiwan Files – Il primo anno di Lai

In Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

I dazi di Donald Trump, le manovre militari di Pechino, il piano anti spionaggio di Lai e le polemiche sulle influencer, la campagna di rimozione dei deputati, i 50 anni dalla morte di Chiang Kai-shek, i chip di TSMC negli Usa e la fluttuazione valutaria, le “catene di approvvigionamento non rosse” e lo spegnimento dell’ultimo reattore nucleare. La seconda parte del primo anno dell’amministrazione Lai nella rassegna con notizie e analisi di Lorenzo Lamperti da Taipei (e dintorni)

Sono trascorsi diversi mesi dalla puntata precedente di Taiwan Files. Il 20 maggio Lai Ching-te ha compiuto il primo anniversario della sua amministrazione. Un anno difficile, sia sul fronte interno che su quello esterno, con il clima di polarizzazione politica che si è ulteriormente radicalizzato. Nei primi (ormai) cinque mesi del 2025, anche Taipei si è trovata a dover fronteggiare i dazi di Donald Trump, nonostante i maxi investimenti annunciati dal colosso dei chip TSMC su territorio statunitense. Le “catene di approvvigionamento democratiche” di cui si parlava negli scorsi anni tra Taipei e la Casa Bianca di Joe Biden hanno ora lasciato posto alle “catene di approvvigionamento non rosse“. Segno dei tempi. Quanto accaduto allo Studio Ovale tra il presidente americano e l’ucraino Volodymyr Zelensky ha però ampliato le preoccupazioni di molti taiwanesi anche sul fronte strategico, mentre Pechino ha condotto un nuovo round di vaste manovre militari, con un cambio di passo retorico che mira a personalizzare ulteriormente su Lai la narrativa di Pechino su Taiwan.

Tra gli snodi politici più critici, il lancio da parte di Lai di un piano in 17 punti mirato a contrastare lo spionaggio e rafforzare la sicurezza, tra la proposta del ritorno dei tribunali militari e l’allontanamento di influencer cinesi accusati di propagare la narrativa del Partito comunista. L’opposizione sostiene che il governo stia erodendo il diritto di critica, mentre incombe una vasta campagna di rimozione di deputati che potrebbe ribaltare gli equilibri allo Yuan legislativo e ridare la maggioranza parlamentare al DPP di Lai, che per la prima volta ha celebrato l’anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, in un confronto storico-narrativo a distanza con Xi Jinping. Intanto, è stato spento l’ultimo reattore nucleare dell’isola, tra lo scetticismo di chi sottolinea le debolezze dell’approvvigionamento energetico. Vediamo più nel dettaglio quanto accaduto in questi mesi, punto per punto.

Partendo dalla fine, con il discorso di Lai per il primo anniversario della sua amministrazione che ha mantenuto toni soft e che è rimasto focalizzato sulle dinamiche interne, aprendo a report periodici sulla sicurezza nazionale di fronte all’opposizione, con cui ha auspicato un maggiore dialogo dopo le enormi tensioni dei mesi scorsi. Il KMT ha riconosciuto il primo passo, ma chiede di più. L’anno scorso, subito dopo l’insediamento Pechino aveva avviato le prime ampie esercitazioni militari del 2024 intorno a Taiwan. Stavolta, Lai non ha praticamente mai menzionato la Cina, in qualsivoglia forma lessicale. Non si tratta di una scelta usuale, ma da Pechino arrivano comunque delle critiche.

Il piano anti spionaggio di Lai

Nel 2024, 15 militari in servizio e 28 militari in pensione sono stati perseguiti con accuse legate a spionaggio pro Pechino. Insieme, hanno rappresentato il 67% dei 64 casi aperti per spionaggio in tutta Taiwan l’anno scorso. Un dato significativo, che mostra come il problema sia piuttosto radicato all’interno delle forze armate della Repubblica di Cina, nome ufficiale con cui Taipei mantiene la sua autonomia sin dal 1949. La tendenza è in aumento, visto che tra il 2021 e il 2024 i casi di spionaggio si sono triplicati. In 62 militari avrebbero documenti della Repubblica Popolare. Tra i vari casi degli ultimi mesi, due hanno colpito proprio il governo con un agente del team di sicurezza presidenziale, ma anche un membro della squadra dell’ex ministro degli Esteri e attuale capo della sicurezza nazionale Joseph Wu. L’Alta Corte di Taiwan ha da poco condannato una coppia dell’aeronautica militare a 47 e 57 anni di carcere per spionaggio a favore di Pechino, una delle condanne più severe di sempre.

È in questo contesto che, a marzo, Lai ha presentato un piano in 17 punti per aumentare il contrasto alle “attività di infiltrazione e spionaggio”. Il presidente taiwanese ha proposto il reinsediamento dei tribunali militari per giudicare gli appartenenti alle forze armate. Si tratta di un tema assai delicato per Taiwan, che in passato ha vissuto una lunghissima legge marziale durante l’epoca del “terrore bianco” di Chiang Kai-shek. Il Partito progressista democratico (DPP), di cui Lai esprime una corrente tradizionalmente filo indipendentista, si è sempre battuto per l’abolizione dei tribunali militari, giudicandoli uno strumento di repressione al servizio del Kuomintang (KMT) durante il periodo del partito unico. L’abolizione c’è stata per davvero, nel 2013, dopo la morte in circostanze mai del tutto chiarite dell’allora 24enne Hung Chung-chiu, che stava scontando una pena detentiva durante il servizio di leva. I sostenitori del DPP avviarono una serie di proteste, che portarono alle dimissioni del ministro della Difesa Kao Hua-chu e alle scuse pubbliche del presidente Ma, che avviò una riforma che portò all’abolizione delle corti marziali in tempo di pace.

Ma 12 anni dopo è proprio il leader del DPP a proporre il ritorno delle corti marziali. Una richiesta giustificata da Lai con la definizione della Cina continentale come di una “forza straniera ostile”, un passo che toglie ulteriore ambiguità allo status di Taiwan. Tra le altre misure previste da Lai, la revisione degli scambi religiosi, accademici, educativi e culturali tra le due sponde dello Stretto, a cui viene richiesto di “non mettere in pericolo la dignità nazionale”. Nel mirino i vari documenti richiesti dai taiwanesi in Cina continentale, che negli ultimi anni hanno riguardato anche carte d’identità oltre ai classici permessi di soggiorno o certificati di residenza, ma anche le affermazioni di artisti o accademici durante periodi di lavoro sull’altra sponda dello Stretto. Nel recente passato, Taipei ha spesso denunciato presunte pressioni di Pechino su cantanti o attori per ottenere un appoggio alla posizione del Partito comunista (ne avevo scritto qui).

Il governo vuole mettere fuori legge anche il partito che propone la “riunificazione“.

La mossa di Lai ha provocato forti discussioni sui diritti e polemiche. Soprattutto perché, pochi giorni dopo la presentazione del piano, è stata ordinata la deportazione di tre cittadine della Repubblica Popolare Cinese. Tra queste una nota influencer, Yaya in Taiwan, sposata con un cittadino taiwanese e da anni residente sull’isola con lui e i loro figli. In alcuni video postati su Douyin, la versione originale di TikTok disponibile in Cina, Yaya ha auspicato la “riunificazione”, facendo riferimenti alle manovre dell’Esercito popolare di liberazione. Secondo il governo taiwanese, la libertà di espressione “non è un pretesto” per invocare l’invasione.

L’opposizione, guidata dal KMT, protesta e accusa Lai di promuovere un “maccartismo verde”, dal colore tradizionale simbolo del DPP. Un gruppo di 75 accademici ha siglato una lettera che denuncia un’erosione della libertà di espressione e di parola, causato dal “populismo” di Lai. L’iniziativa è guidata da Chen Pei-jer dell’Academia Sinica e contesta la politicizzazione di questioni sensibili.

Centinaia di persone sono scese in piazza a Taipei per protestare contro la decisione del governo di richiedere ai coniugi cinesi di presentare una prova della rinuncia alla registrazione del proprio nucleo familiare in Repubblica Popolare, una norma che le autorità taiwanesi hanno iniziato ad applicare in modo più rigoroso da aprile.

Ne ho scritto nel dettaglio qui.

Lai ha anche supervisionato la prima esercitazione di protezione civile “per l’intera società” durante il suo mandato, nell’ambito di una nuova iniziativa lanciata dall’amministrazione per valutare e rafforzare la preparazione pubblica. I 7Eleven sembrano destinati a diventare dei punti di raccolta in caso di conflitto.

Le autorità stanno indagando su una serie di casi che coinvolgono artisti locali accusati di aver eluso il servizio militare obbligatorio. Si tratta di 11 celebrità, che sono state arrestate nell’ambito di un’indagine su accuse più ampie secondo cui un’organizzazione criminale avrebbe orchestrato piani per aiutare i residenti maschi a evitare la leva obbligatoria.

Politica interna

Il KMT è minacciato da una vasta campagna per far approvare una serie di voti di sfiducia contro i suoi deputati. Il voto di sfiducia è uno strumento previsto dal sistema elettorale taiwanese, tradizionalmente riservato per casi di inadempienze dei funzionari eletti. Ma il DPP potrebbe ottenere un voto contro un ampio numero di deputati avversari, col KMT che sta provando a promuovere a sua volta voti di sfiducia contro i deputati del DPP e mirando addirittura a una complicatissima (se non impossibile) rimozione dello stesso Lai. La possibilità di un ribaltone degli equilibri parlamentari esiste, in una fase di possibile instabilità.

Poco prima dell’inizio del 2025, in parlamento ci sono stati scontri anche fisici sulla proposta di riforma dell’opposizione per restringere la possibilità di rimozione dei funzionari eletti.

Sulla questione del budget, il DPP sostiene che i tagli dell’opposizione possano mettere a repentaglio i fondi per la difesa. L’opposizione sostiene si tratti di congelamenti non definitivi ma necessari per uno scrutinio volto a evitare sprechi e casi di corruzione.

Polemiche anche dopo che è stata rimossa la categoria “Han” dai gruppi demografici elencati in una pagina informativa del governo, una mossa vista dal KMT e dal PCC come un tentativo di erosione dei legami storici e culturali di Taiwan con la Cina continentale.

Che cosa resta del generalissimo 50 anni dopo la sua morte, il cui anniversario è stato il 5 aprile? Il pronipote di Chiang Kai-shek vive ora nella città di Hangzhou, nella Cina continentale, proponendosi ironicamente di svolgere un ruolo chiave nella promozione degli scambi tra le due sponde dello Stretto. L’Economist parla del contenuto dei dossier della “Stasi taiwanese“, riaprendo vecchie ferite. Andrew Chiang You-ching, 35 anni, il più giovane membro della sua generazione della dinastia, si è trasferito nella Cina continentale per sviluppare una nuova carriera. L’altro pronipote, Chiang Wan-an, è sindaco di Taipei dal novembre 2022 e mira sempre più esplicitamente alla candidatura alle elezioni presidenziali nel 2028. E sta iniziando a preparare una possibile mossa.

Nel TPP, Huang Kuo-chang ha assunto la presidenza al posto di Ko Wen-je, ex sindaco di Taipei e fondatore che resta per ora in carcere accusato di corruzione. Una vicenda che il TPP etichetta come “persecuzione politica“.

A proposito di TPP, ho fatto una lunga intervista al segretario generale Chou Yu-hsiu in cui si parla di questioni interne come le case e l’energia, ma anche di relazioni intrastretto e di Trump. Si legge qui.

Manovre militari

“Avanzare”. È la parola chiave più utilizzata dalla Cina per raccontare le sue ultime esercitazioni militari intorno a Taiwan, andate in scena tra martedì 1° e mercoledì 2 aprile. Sul fronte operativo, si è parlato molto in questi mesi delle nuove “chiatte” che molti analisti ritengono potrebbero essere utili in caso di operazione anfibia, anche se non sono state impiegate durante le esercitazioni di aprile.

Se dal punto di vista operativo la principale novità di queste esercitazioni è stata la loro varietà e complessità, sotto l’aspetto retorico c’è stato senz’altro un salto di qualità. Il primo manifesto con cui sono state annunciate le manovre si inserisce sul solco dei precedenti, con in grande i caratteri di “avanzata” o “spingere in avanti” in sovrimpressione su un’immagine di Taiwan. Poi sono arrivate in sequenza tre grafiche e animazioni, tutte dedicate a Lai. Nella prima, il presidente taiwanese viene definito “un parassita che avvelena l’isola di Taiwan”. La caricatura di Lai, sorridente, emerge in corrispondenza di Tainan, antica capitale nel sud di Taiwan di cui è stato in passato sindaco. Il colore verde emanato da Lai si allarga verso nord, ancora parzialmente coperto dal colore blu. Non sono scelte casuali. Il verde è il colore con cui si identifica il DPP di Lai, mentre il blu è quello che identifica l’opposizione del KMT, il partito più dialogante con Pechino. Non è una sorpresa, visto che in passato media e funzionari cinesi hanno definito più volte il DPP come un “tumore” che si diffonde su Taiwan, promuovendo quella che il Partito Comunista Cinese chiama “desinizzazione” in avvicinamento a Taipei, per ora ancora blu. Sembra quasi un appello all’establishment della capitale, dove si concentrano i grandi interessi economici e dove tradizionalmente il gradimento del DPP è più basso di provare a rigettare il “parassita” dell’indipendentismo.

In una seconda animazione, Lai appare piangente, sollevato tramite delle bacchette sopra la sagoma di una Taiwan completamente verde e in fiamme. Anche qui il messaggio è chiaro: se i “compatrioti” taiwanesi non saranno in grado di invertire la tendenza innescata da Lai, sono attesi dalla distruzione. “Indipendenza significa guerra”, ripetono costantemente i funzionari di Pechino. La terza animazione è forse la più interessante e inusuale, perché contiene rari riferimenti alla politica interna taiwanese e in cui si sostiene che la democrazia dell’isola sia una sorta di “dittatura mascherata” sotto il segno del “terrore verde”, con riferimento al “terrore bianco”. Vale a dire la lunga era della legge marziale imposta da Chiang Kai-shek nel 1949, revocata solo nel 1987. Lai è raffigurato con quattro braccia e con ognuna di esse compie un’azione diversa: afferra denaro “sporco” e lingotti d’oro, spinge verso terra una statua di Chiang (un riferimento al piano di rimozione dei monumenti in onore del “generalissimo”) e strangola Ko Wen-je, leader del Taiwan People’s Party (TPP), finito qualche mese fa in carcere per accuse di corruzione che l’opposizione sostiene “motivate politicamente”.

Il significato di questo apparato grafico è evidente: personalizzare la questione Taiwan. Si tratta di una tendenza piuttosto recente, con cui il Partito comunista cerca di rispondere a diverse necessità comunicative. La prima, verso l’interno: allontanare le critiche su un mancato avanzamento della causa della “riunificazione pacifica”. Addossando tutte le colpe a Lai ed enfatizzando la retorica della sua opposizione interna significa suggerire che il leader definito “secessionista” esercita il suo potere in modo quasi illegittimo. Un primo segnale in tal senso era arrivato nel primissimo commento alle elezioni presidenziali di gennaio 2024, quando Pechino aveva fatto notare che Lai non rappresentava più “l’opinione pubblica maggioritaria” di Taiwan, mettendo in evidenza la perdita netta di voti del DPP rispetto alle presidenziali 2020, ma soprattutto la sconfitta alle elezioni legislative che ha costretto il partito di governo a cedere la maggioranza parlamentare per la prima volta dal 2016.

La seconda ragione della personalizzazione è legata a Taiwan: in tal modo, Pechino segnala ai cittadini dell’isola che i rapporti potrebbero essere migliori qualora votassero in modo diverso. La terza ragione è rivolta all’esterno: facendo passare Lai come un “piantagrane”, si prova a sostenere che l’instabilità è causata principalmente da Taiwan, non dalla Cina continentale. Secondo questa prospettiva, le esercitazioni e le attività coercitive (come sempre accompagnate anche da un mix di aperture rivolte ai taiwanesi, in particolare sul fronte degli investimenti sulla “terraferma”) sarebbero giustificate per evitare un cambio unilaterale dello status quo, vale a dire una potenziale dichiarazione di indipendenza formale di Taipei.

Ho scritto un lungo approfondimento qui.

Relazioni intrastretto
Alla vigilia del primo anniversario del governo Lai, sui social cinesi è apparso un video in cui un uomo afferma di aver attraversato lo Stretto di Taiwan in barca e piantato una bandiera cinese su una spiaggia taiwanese, prima di fare ritorno in Cina continentale. Un episodio che la difesa di Taipei non ha escluso sia reale e possa essere un anticipo di manovre militari più ampie.

Durante le “due sessioni” di marzo, appuntamento legislativo e consultivo annuale a Pechino, il deputato dell’Assemblea Nazionale del Popolo Li Yihu ha avvertito che Taiwan potrebbe perdere l’elevato grado di autonomia precedentemente concesso da Pechino, se venisse riunificata con la forza alla Cina continentale.

La guardia costiera cinese continua a espandere la sua azione.

I procuratori di Taiwan hanno incriminato per la prima volta un capitano di una nave cinese per aver danneggiato intenzionalmente i cavi sottomarini al largo dell’isola a febbraio.

I vertici del Partito hanno parlato di Taiwan in occasione del ventennale dell’entrata in vigore della legge anti secessione.

L’editore taiwanese Li Yanhe è stato condannato a Shanghai per accuse di secessione dopo quasi due anni di detenzione, in quella che sembra quasi una risposta alla vicenda delle influencer allontanate da Taiwan.

Qualcosa si muove sul turismo, anche se al di là delle rispettive proposte di dialogo continuano le accuse incrociate su chi sta frenando un vero rilancio. Pechino ha nel frattempo riaperto alcuni tour di residenti continentali verso le isole minori.

Qualche dubbio, anche a Pechino, sul progetto di integrazione Fujian-Taiwan di cui avevo parlato nel dettaglio qui.

A fine dicembre, si è tenuto il forum Taipei-Shanghai, con una rara visita di alto livello da parte di funzionari locali del Partito comunista, con polemiche per il numero ridotto di visti rilasciato dalle autorità taiwanesi. A gennaio, c’è stata invece la visita di alcuni rilevanti accademici.

L’ex presidente Ma Ying-jeou, protagonista dell’incontro con Xi nel 2015 e ancora nell’aprile 2024 a Pechino, è tornato in viaggio in Cina continentale. Ma ha assunto sempre più il ruolo di “ponte” tra le due sponde dello Stretto, con diversi blog e newsletter di giornalisti cinesi che danno ampio spazio alle sue prese di posizione su Lai e in questi giorni in ricordo dei primi incontri negoziali tra KMT e PCC.

Da notare, più in generale, il netto aumento dei contenuti su Taiwan in lingua inglese redatti da giornalisti o analisti cinesi. Per esempio su “riunificazione” e geografia, sull’assenza di tabelle di marcia per la “riunificazione” o sull’identità dei taiwanesi.

Nel frattempo, si alza il volume della sfida sulla storia e sullo status di Taiwan. Pechino propone una visione sempre più dettagliata sul palcoscenico globale, parte del suo “arsenale legale” con cui potrebbe mirare a giustificare un’azione futura.

Duello a distanza per l’80esimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale in Europa e la sconfitta delle Germania nazista. La storia dimostra come “fare concessioni per ottenere la pace, non fa altro che stuzzicare l’appetito degli aggressori”, ha detto Lai in un inedito discorso che affronta una profonda ferita per Taiwan, che all’epoca della guerra era sotto dominazione giapponese. Lai ha affermato che Taiwan condivide gli stessi valori di molte delle democrazie che hanno combattuto nella Seconda Guerra Mondiale. È la prima volta che il governo di Taipei commemora la fine della guerra in Europa. Intanto Xi Jinping incontrava a Mosca Putin nell’11esima visita in Russia da quando ha assunto l’incarico nel 2013. Xi ha ricordato il ruolo e il sacrificio giocatoda Cina e Russia nella Seconda Guerra Mondiale, su cui Pechino e Mosca “difendono la verità” e riaffermando la profondità dei rapporti. E ha definito la “restituzione di Taiwan” alla Cina uno dei pilastri dell’ordine globale post bellico. L’opposizione interna e Pechino ha contestato a Lai la mancata citazione degli “orrori” dell’imperialismo giapponese.

Polemiche invece per alcune dichiarazioni del KMT in cui veniva menzionato il nazismo.

Effetto Trump

“Se Trump continuerà a provocare su Taiwan, la Cina sarà costretta a tirare via i guanti”. Il governo cinese parlava così nel gennaio 2017, a poche ore dal primo insediamento di Donald Trump. Otto anni dopo, il clima pare sin qui diverso, almeno su Taiwan.  Dopo la vittoria del 2016 parlò con l’allora presidente taiwanese Tsai, primo e fin qui unico scambio tra leader di Washington e Taipei. E al suo primo insediamento ospitò un’ampia delegazione taiwanese, guidata dal leader del partito di governo, che Pechino ritiene “secessionista”. Stavolta, gli otto deputati arrivati da Taipei sono guidati da Han Kuo-yu, presidente del parlamento e tra i leader del KMT.

A Taiwan, i timori sono piuttosto ampi, per un triplice motivo. Primo: lo stop agli aiuti esteri deciso da Trump mette in dubbio la sua volontà di sostegno alla sicurezza di Taipei, che sembra voler provare a ingraziarselo approntando l’acquisto di un maxi pacchetto di armi. Secondo: la minaccia di dazi fino al 100% sui chip prodotti a Taiwan, col tentativo di portarsi in casa il colosso TSMC, che da solo pesa oltre il 50% di fabbricazione e assemblaggio globali. La volontà di Trump non è solo cooptare il comparto produttivo, ma anche favorire un trasferimento tecnologico che Taipei vede come una seria minaccia al suo cosiddetto “scudo di silicio”. Terzo: le uscite di Trump su Groenlandia, Panama e Gaza, per non parlare del negoziato aperto con la Russia sull’Ucraina. Tutte prese di posizione che, ponendo in modo esplicito gli interessi di una grande potenza sopra quelli dei vicini e partner, sembrano implicitamente giustificare le rivendicazioni di Xi su Taiwan. Secondo Rand, si passa dall’ambiguità strategica all’ansia strategica.

Un’analisi di Foreign Affairs riconosce i rischi di questa fase, mentre Taipei ha dovuto giustificare alcune parole di Trump, che dopo i colloqui commerciali con la Cina a Ginevra ha fatto riferimento a una “riunificazione” non meglio specificata.

Ne ho scritto qui, ma anche qui più nel dettaglio.

Subito dopo le manovre militari di Pechino, comunque, il capo della sicurezza nazionale e il ministro degli Esteri di Taipei sono negli States per “colloqui segreti” con l’amministrazione Trump.

Chip

Solo pochi giorni dopo aver visto Trump insultare Zelensky, i taiwanesi hanno osservato C.C. Wei, amministratore delegato del gigante TSMC, annunciare insieme al presidente statunitense almeno 100 miliardi di dollari di investimenti negli Usa. “I chip di intelligenza artificiale più potenti al mondo verranno fatti qui in America”, commenta trionfante Trump. TSMC ha deciso di spostare parte della produzione negli Usa, nonostante i seri dubbi sulla profittabilità.

La speranza non era solo di evitare i dazi, ma anche (sostengono i maligni) di crearsi un piano alternativo e piantare radici al di fuori dell’isola per attutire i rischi geopolitici. “Con questo accordo rafforziamo i rapporti con gli Stati Uniti e l’importanza di Taiwan nel mondo”, ha provato a rassicurare Lai. “La gran parte della produzione resterà a Taiwan”, dice TSMC. L’opposizione invece attacca: “Stiamo svendendo il nostro scudo di silicio come tassa di protezione”. Persino tanti sostenitori del governo sono preoccupati, anche perché la sensazione è che Trump punti anche al trasferimento tecnologico a favore di Intel. “Quando non avranno più bisogno di noi ci abbandoneranno alla Cina”, scrivono sui social molti taiwanesi, che assistono con sgomento all’avvicinamento tra gli Stati Uniti e la Russia.

Per provare a evitarlo, Taipei punta ad acquistare un maxi pacchetto di armi. Già firmato un nuovo accordo missilistico, con Taiwan che pagherà 761 milioni di dollari per tre Sistemi Missilistici Terra-Aria Avanzati Nazionali (NASAMS). In arrivo 42 carri armati, la cui utilità è tutta da verificare. Proseguono invece i ritardi sul programma per i sottomarini autoctoni. Per ammansire ulteriormente Trump e a portare le spese di difesa al 3% del pil. Ma dal Pentagono si chiede di arrivare al 10%. Un’impresa impossibile, dice la stessa Taipei. Peraltro lo fa Elbridge Colby, che negli anni scorsi aveva suggerito di bombardare le fabbriche di TSMC in caso di azione militare di Pechino. Oltre alle spese, il grande problema resta peraltro il ritardo delle spedizioni. Per altri, invece, il problema è innanzitutto culturale.

Sul tema dei chip e dell’investimento di TSMC ho scritto nel dettaglio qui.

Ma gli obiettivi di Trump vanno oltre i semplici investimenti. Il presidente americano vuole anche il trasferimento tecnologico, elemento che spaventa ancora di più i taiwanesi, che temono di perdere il vantaggio strategico accumulato nel settore e una delle pochissime plausibili leve di deterrenza di una crisi militare sullo Stretto. Secondo Nikkei, il produttore di chip a contratto statunitense GlobalFoundries e United Microelectronics Corp (UMC), il secondo produttore di chip di Taiwan, stanno esplorando la possibilità di una fusione. Secondo il piano, l’obiettivo della fusione sarebbe quello di creare un’azienda con una scala economica tale da garantire all’America l’accesso a chip maturi, man mano che le tensioni tra Cina e Taiwan si attenuano e che la Cina produce più chip da sola. L’azienda combinata investirebbe in ricerca e sviluppo negli Stati Uniti e potrebbe diventare un’alternativa a TSMC, dando a Washington una carta fondamentale nella competizione sul settore. Indipendentemente dall’esito, i colloqui tra GlobalFoundries e UMC sottolineano il desiderio degli Usa di ridurre la propria dipendenza da Taiwan, dove non a caso aumentano le preoccupazioni.

Ancora più rilevante un altro progetto, di cui dà conto The Information. La stessa TSMC avrebbe infatti accettato la creazione di una joint venture con Intel, acquistando una quota del 20% della nuova società, il cui obiettivo sarà quello di produrre chip per computer per il colosso statunitense. La quota verrebbe pagata attraverso condivisione di tecnologia e formazione del personale. Proprio ciò che molti, a Taipei, temono di più. Ne ho scritto qui.

I dazi e le “catene di approvvigionamento non rosse”

Tutto ciò non è bastato a Taiwan, colpita da dazi del 32% nel “Liberation Day” di Trump. Dazi poi in ampia parte congelati durante la tregua di 90 giorni. Il governo taiwanese ha definito la mossa di Trump “irragionevole”, ma è improbabile che si reagirà in maniera dura. A differenza di Tokyo e Seul, infatti, Taipei non ha neanche la possibilità di avvicinarsi alla Cina in modo tattico come leva negoziale o sostanziale.

Sin dall’inizio, il governo Lai ha risposto con grande cautela, mostrandosi disponibile a cooperare con la Casa Bianca, anche nel delocalizzare aziende negli Usa. Lai si è speso in prima persona con un articolo su Bloomberg.

Già da mesi, Lai ha invece cambiato retorica sulla cooperazione commerciale. Si è passati dalle “catene di approvvigionamento” democratiche utilizzate per primo da Biden, alle “catene di approvvigionamento non rosse” usate ora negli incontri ufficiali con ospiti statunitensi e giapponesi. Formula “ufficializzata” a livello internazionale con un’intervista a Nikkei, criticata da Pechino come volontà di disaccoppiamento economico per compiacere gli Usa. Il contenuto profondo delle due formule potrebbe in sostanza essere simile, ma come diceva qualcuno “le parole sono importanti” e la scomparsa della parola “democrazia” e la sostituzione di un valore positivo con un valore di natura negativa (non rosso) è significativa.

Un’impennata senza precedenti della valuta di Taiwan è l’ultima tappa di una corsa all’uscita dal dollaro statunitense sta nel frattempo causando diverse polemiche. La causa precisa di questo improvviso rialzo non è chiara. Eppure, la mossa ha coinciso con la fine dei colloqui commerciali tra Stati Uniti e Taiwan a Washington, alimentando le speculazioni su un accordo per indebolire il dollaro in cambio di concessioni commerciali. Un simile accordo è stato ripetutamente smentito dalla banca centrale, ma secondo alcuni analisti il mercato vede il balzo del dollaro taiwanese come una tacita approvazione e probabilmente anche come un’iniziativa gradita agli Stati Uniti.
Nucleare
L’ultimo reattore nucleare operativo di Taiwan è stato spento sabato 18 maggio, dopo anni di sforzi per eliminare gradualmente l’energia atomica. L’energia nucleare è un argomento delicato, strettamente legato ai ricordi della passata dittatura militare del Kuomintang. Il KMT ha lanciato allarmi sulla stabilità e la sicurezza energetica, mentre il DPP ha assicurato all’opinione pubblica che l’energia termica e il crescente settore delle energie rinnovabili colmeranno il divario. L’energia è strettamente legata alla sicurezza, visto che Taiwan dipende quasi interamente dalle importazioni. In caso di blocco navale della Cina e senza sviluppo di nucleare e rinnovabili, le riserve energetiche taiwanesi si esaurirebbero nel giro di due settimane.

Secondo Angelica Oung, le ambizioni di Taiwan sul fronte dell’intelligenza artificiale e dei centri dati potrebbero risentire della questione energetica.

Leone XIV

A prima vista, l’elezione di Papa Leone XIV sembrerebbe una battuta d’arresto sul percorso di disgelo tra Vaticano e Cina. A uno sguardo più profondo, non è detto che sia così. A Pechino, hanno apprezzato che la delegazione taiwanese per il funerale di Bergoglio non includeva il presidente Lai Ching-te. Lo stesso è accaduto per l’insediamento di Leone XIV, a cui si è presentato “solo” l’ex vicepresidente. I suoi successori erano invece stati presenti per il funerale di Giovanni Paolo II e per l’insediamento di Francesco. Segnale, si pensa in Cina, che il Vaticano non vuole compromettere il processo di avvicinamento.

Ne ho scritto qui e qui.

Pena di morte

A gennaio, Taiwan ha giustiziato un detenuto condannato a morte per un duplice omicidio del 2013, la prima esecuzione dell’amministrazione Lai e dopo la sentenza della Corte costituzionale dello scorso settembre che ha confermato la legittimità della pena capitale, seppure limitata a casi estremi.

Il trentaduenne Huang Lin-kai era stato condannato a morte nel 2017 per lo stupro e l’omicidio della sua ex fidanzata, avvenuti il ​​1° ottobre 2013, e per l’omicidio della madre di lei, nel distretto di Sanchong a Nuova Taipei. Huang, all’epoca soldato in servizio attivo, ha dichiarato durante il processo di aver strangolato a morte le sue vittime a causa dell’insoddisfazione suscitata dalle pressioni esercitate dalla sua ex fidanzata affinché le restituisse i soldi che le doveva.

Attualmente ci sono 36 detenuti nel braccio della morte a Taiwan. Qui un mio ampio reportage in materia dell’anno scorso.

Zero Day

Un jet della Cina transita nello spazio di difesa aerea di Taiwan e poi scompare sul mar Cinese meridionale. Pechino annuncia immediatamente una zona di interdizione aerea e navale per avviare una missione di ricerca e soccorso. In un attimo, la zona di interdizione diventa blocco navale esteso intorno all’isola. A Taiwan non arrivano più approvvigionamenti dall’esterno. Niente energia, niente cibo, nulla. E nessun aiuto di presunti partner internazionali. Gli scaffali dei supermercati si svuotano, il sistema finanziario va in tilt e prelevare contanti agli sportelli delle banche diventa impossibile. I sistemi informatici sono paralizzati da una serie di cyberattacchi, mentre in televisione vanno in onda messaggi “rassicuranti” e patriottici di una presentatrice cinese vestita di rosa che esalta la “riunificazione pacifica”. Nelle strade si attiva una quinta colonna pro riunificazione, che inizia a dettare la propria legge, andando a caccia dei presunti pro indipendentisti. E’ l’incipit della serie televisiva taiwanese Zero Day, presentata nei giorni scorsi al Summit for Democracy di Copenaghen alla presenza dell’ex presidente Tsai.

Della serie ho scritto qui diversi mesi fa.

Altre notizie

La sfidante interna del premier giapponese Shigeru Ishiba, che punta nemmeno troppo segretamente a prenderne il posto entro l’anno, l‘ultranazionalista Sanae Takaichiè stata in visita a Taiwan dove ha proposto di istituire una semi-alleanza per attutire l’incertezza causata da Trump.

Un alto ufficiale in congedo delle Forze di autodifesa del Giappone è stato invece nominato consigliere politico del governo di Taiwan. Si tratta di Iwasaki Shigeru, ex capo dello Stato maggiore delle Forze di autodifesa giapponesi dal 2012 al 2014.

Il mancato riconoscimento da parte delle autorità taiwanesi di un aereo civile che stava per atterrare per errore in uno degli aeroporti militari più sensibili dell’isola ha suscitato forti critiche per le falle nella sicurezza.

Il governo dice di voler puntare su robotica e droni, con particolare attenzione al nuovo cluster produttivo di Chiayi.

Taiwan è sempre alla ricerca di un sistema satellitare che non sia Starlink. Si parla con Amazon.

Il Museo del Palazzo Nazionale di Taipei, che ospita i gioielli della corona e gli oggetti d’antiquariato reali evacuati dalla Cina continentale dopo la guerra civile del secolo scorso, è l’ultima vittima del deterioramento dei rapporti tra Taiwan e Pechino, e si trova ad affrontare un calo significativo dei visitatori.

Il gender gap nelle retribuzioni si è ampliato nel 2024 a Taiwan.

Le Monde racconta il “miracolo demografico” di Hsinchu.

Nel gennaio del 1988, uno degli ingegneri nucleari più anziani di Taiwan disertò negli Stati Uniti dopo aver trasmesso informazioni cruciali su un programma top secret che avrebbe cambiato il corso della storia di Taiwan. Il colonnello Chang Hsien-yi fu una figura di spicco nel progetto di armi nucleari della Repubblica di Cina, un segreto gelosamente custodito tra gli anni ’60 e ’80, mentre Taipei si affrettava a sviluppare la sua prima bomba nucleare per tenere il passo con la Cina continentale. Era anche un informatore della CIA. Qui la sua storia. A proposito di armi nucleari, qui un’analisi.

Almeno tre persone sono morte e altre dodici sono rimaste ferite, la maggior parte studenti, dopo essere state investite da un veicolo fuori controllo a Nuova Taipei. Il 78enne alla guida dell’auto finita a folle velocità su pedoni e biciclette è in coma, ma la convinzione dei testimoni è che si tratti di un gesto volontario.

Qui una lettura sulla storia delle religioni a Taiwan.

I giovani taiwanesi imparano a nuotare, sconfiggendo uno storico tabù.

A Taiwan sono iniziati i World Masters Games, con 25 mila atleti locali e stranieri.

L’Italia è stata ospite d’onore alla Taipei International Book Exhibition di febbraio, mentre è stata lanciata la Camera di Commercio Italiana a Taipei.

Ho contribuito con diversi articoli al numero di Meridiani dedicato a Taiwan. Si trova qui.

Qui una mia recensione di “Intimità senza contatto”, splendido romanzo distopico della scrittrice taiwanese Lin Hsin-hui.

Di Lorenzo Lamperti

Tutte le altre puntate di Taiwan Files

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Intervista ad Audrey Tang

Reportage da Kinmen

Reportage dalle isole Matsu