Taiwan Files – Guomindang-Usa, Austin-Wei, caso “fact sheet”, manovre giapponesi

In Asia Orientale, Taiwan Files by Lorenzo Lamperti

Il viaggio del leader del Guomindang, Eric Chu, a Washington. Il faccia a faccia Cina-Usa a Singapore. Nuovo aggiornamento al documento americano sulle relazioni con Taiwan. Propaganda di Pechino a Taipei. Scintille tra Pcc e Tokyo per i legami tra Giappone e Taiwan. TSMC tra minacce e costi negli Usa, nuova visita di senatori francesi. La rassegna settimanale di Lorenzo Lamperti con notizie e analisi da Taipei (e dintorni)

“Siamo all’opposizione: non abbiamo il potere, ma abbiamo il diritto di parlare del futuro di Taiwan”. Ha esordito così Eric Chu, nell’atteso discorso di qualche giorno fa al Brookings Institute, durante la sua trasferta di 11 giorni negli Stati Uniti. Un viaggio che può rappresentare un tassello significativo in vista delle grandi manovre per le elezioni presidenziali del 2024 e che può dare indizi fondamentali sul futuro andamento dei rapporti tra Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese.

Chu è il presidente del Guomindang (GMD), il partito nazionalista cinese che fu di Sun Yat-sen e di Chiang Kai-shek. Dopo 14 anni di assenza, la principale forza d’opposizione della politica taiwanese è tornata a proiettarsi su suolo americano. “Sono qui per cancellare un’etichetta sbagliata. Non siamo un partito filocinese, siamo un partito filo statunitense”, ha detto Chu nel tentativo di riannodare i fili di un rapporto che negli ultimi anni si era molto sfilacciato.

Il motivo ufficiale della lunga visita di Chu è la riapertura dell’ufficio di rappresentanza del partito a Washington. “Siamo qui, siamo tornati”, ha detto Chu prima di tagliare il nastro della postazione che era stata precedentemente in funzione tra il 2000 e il 2008. Non a caso, un periodo temporale che aveva coinciso con i due mandati presidenziali di Chen Shui-bian, primo presidente taiwanese del Partito Progressista Democratico (DPP) e non del GMD. Dopo la vittoria di Ma Ying-jeou l’ufficio fu chiuso. Il DPP era allo sbando e, dopo la condanna per corruzione e appropriazione indebita di Chen, il GMD pensava di aver riconquistato in modo permanente la guida della Repubblica di Cina, ancora oggi il nome ufficiale col quale Taiwan è indipendente de facto. Si trattava di un momento molto diverso, non solo sul fronte interno taiwanese ma anche sul fronte dei rapporti Washington-Pechino.

Continua QUI, nel commentary che ho scritto per ISPI.

La Repubblica di Cina, il nome ufficiale di Taiwan che rappresenta ancora pienamente soprattutto il GMD e i suoi elettori, non è mai stato menzionato. Chu ha parlato sempre di “Taiwan”. In tal modo ha accorciato le distanze tra GMD e DPP sulla narrativa identitaria, provando a sfumare i possibili punti critici della posizione del suo partito. Non a caso è stato molto vago sulla posizione in merito al consenso del 1992 e sugli accordi commerciali regionali. Il GMD sembra dunque voler adottare anche in ambito diplomatico la strategia che presumibilmente adotterà sul fronte interno per provare a vincere le prossime elezioni: allontanare da sé l’etichetta di “quinta colonna” del PCC ribadendo però di essere l’unica forza in grado di capire davvero Pechino e mantenere un rapporto che abbassi i rischi di un’invasione. Il successo o il fallimento di questo obiettivo potrebbe dire molto non solo del futuro politico di Taiwan, ma anche delle speranze di “riunificazione” (“unificazione” nella prospettiva di Taipei) pacifica di Pechino, delle intenzioni di Washington e delle possibilità di tornare a dirsi d’accordo di essere in disaccordo.

Il viaggio di Chu è stato criticato dal governo di Pechino.

L’incontro tra Lloyd Austin e Wei Fenghe

Duri avvertimenti ma anche il reciproco invito al dialogo. Il primo confronto faccia a faccia tra Wei Fenghe e Lloyd Austin è stato deciso, come previsto, ma anche più lungo di quanto ci si attendeva. Il ministro della Difesa cinese e il segretario alla Difesa statunitense si sono incontrati a Singapore, a margine dello Shangri-La Dialogue, il massimo forum sulla sicurezza asiatico che era stato cancellato negli scorsi due anni a causa della pandemia. Al centro della contesa, come sempre, Taiwan. Wei ha avvisato che la Cina “non esiterà a iniziare una guerra contro Taipei se questa dovesse dichiararai indipendente”, ribadendo l’intenzione di “difendere sovranità e integrità territoriale a tutti i costi”. Nel mirino la vendita all’esercito taiwanese di armi navali da 120 milioni di dollari appena annunciata dalla Casa Bianca: “Distruggeremo ogni tentativo di indipendenza”, recita il readout cinese dell’incontro. Austin ha invece chiesto a Pechino di interrompere “ulteriori azioni destabilizzanti nei confronti di Taiwan”, citando le circa 500 incursioni di jet militari cinesi nello spazio di identificazione di difesa aerea registrate nel 2022. Allo stesso tempo, il capo del Pentagono ha ribadito che gli Usa rispettano “la politica di lunga data dell’unica Cina”. Precisazione attesa dopo le (non) gaffe di Joe Biden sull’impegno a difendere militarmente Taipei in caso di aggressione ma che difficilmente cancelleranno i reciproci sospetti delle due potenze che ritengono l’altra voler cambiare lo status quo a proprio vantaggio.

Si è parlato anche dei test balistici della Corea del Nord, del mar Cinese meridionale e della guerra in Ucraina, anche se su questo fronte non sono usciti dettagli. Ennesima dimostrazione dell’importanza strategica ma anche retorica del dossier taiwanese, sul nessuno ha intenzione di negoziare ma sul quale si potrebbe tentare di dirsi d’accordo di essere in disaccordo. I media di stato cinesi hanno sottolineato che l’incontro è durato un’ora circa, trenta minuti in più delle attese, spingendo la promessa reciproca di mantenere aperti e migliorare (senza specificare come) tutti i canali di comunicazione per minimizzare i rischi strategici globali. Compresi quelli militari, dopo le frizioni dovute alla richiesta (respinta) di Austin di parlare col vice presidente della Commissione militare centrale cinese Xu Qiliang. Le forze armate, ha detto Wei, sono chiamate a mettere in atto “il consenso raggiunto da Biden e Xi Jinping” nella telefonata di qualche mese fa che potrebbe avere un seguito nel futuro prossimo.

Ne ho scritto qui.

Taiwan-Usa: cooperazione militare e caso fact sheet

Un missile anti carro sulla spalla per mostrare che Taiwan deve essere pronta a combattere. Rispondendo indirettamente anche a un recente sondaggio nel quale il 49,5% degli intervistati sostiene che la sua amministrazione sia “inadeguata” ad affrontare un’eventuale aggressione di Pechino. “È leggero”, ha detto Tsai Ing-wen maneggiando un Kestrel scarico durante l’ispezione a una base della 66esima brigata dei marines di Taoyuan. Un’arma sviluppata in modo autoctono e considerata strategica per far fronte a un’invasione anfibia. La presidente taiwanese svela il suo lato guerriero di fronte alla consapevolezza che in caso di un ipotetico conflitto Taipei sarà chiamata a resistere in prima persona come stanno facendo gli ucraini di fronte all’invasione della Russia.

Quel missile in spalla che dà il segnale che la celeberrima ambiguità strategica è in fase di ridiscussione. Anche da parte taiwanese. Durante la visita di Duckworth, Tsai ha infatti dichiarato che la Guardia nazionale degli Stati Uniti sta pianificando una “cooperazione” con l’esercito taiwanese. “Non vediamo l’ora che ci sia una collaborazione più stretta e approfondita in materia di sicurezza regionale”, ha aggiunto. Solitamente messaggi di questo tipo vengono veicolati in prima battuta da parte americana e vengono poi al massimo ammessi (o ridimensionati) da parte taiwanese come era accaduto in occasione delle indiscrezioni sulla presenza di consiglieri militari a stelle e strisce su suolo taiwanese. Il fatto che stavolta l’annuncio arrivi direttamente da Tsai amplifica la sua rilevanza.

Continua QUI nell’articolo che ho scritto per il Manifesto

Intanto, il Dipartimento di Stato Usa ha nuovamente cambiato il “fact sheet” sulle relazioni con Taiwan. Come segnalato puntualmente da Bill Bishop, qui sotto le due ultime versioni.

La sezione pertinente della versione del 9 maggio:
Gli Stati Uniti hanno una politica di lunga data per una sola Cina, guidata dal Taiwan Relations Act, dai tre comunicati congiunti USA-Cina e dalle sei assicurazioni. Sebbene gli Stati Uniti non abbiano relazioni diplomatiche con Taiwan, abbiamo una solida relazione non ufficiale e un interesse costante nel mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan. In conformità con il Taiwan Relations Act, gli Stati Uniti mettono a disposizione articoli e servizi di difesa, se necessario, per consentire a Taiwan di mantenere una sufficiente capacità di autodifesa. Gli Stati Uniti continuano a incoraggiare la risoluzione pacifica delle divergenze tra le due sponde dello Stretto, in linea con gli auspici e gli interessi della popolazione di Taiwan.

La versione aggiornata:
L’approccio degli Stati Uniti a Taiwan è rimasto coerente attraverso i decenni e le amministrazioni. Gli Stati Uniti hanno una politica di lunga data per una sola Cina, guidata dal Taiwan Relations Act, dai tre comunicati congiunti USA-Cina e dalle sei assicurazioni. Ci opponiamo a qualsiasi cambiamento unilaterale dello status quo da entrambe le parti; non sosteniamo l’indipendenza di Taiwan e ci aspettiamo che le differenze tra le due sponde dello Stretto siano risolte con mezzi pacifici. Continuiamo ad avere un interesse costante per la pace e la stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan. In conformità con il Taiwan Relations Act, gli Stati Uniti mettono a disposizione articoli e servizi per la difesa necessari per consentire a Taiwan di mantenere una sufficiente capacità di autodifesa e mantengono la nostra capacità di resistere a qualsiasi ricorso alla forza o ad altre forme di coercizione che possano mettere a rischio la sicurezza o il sistema sociale o economico di Taiwan.

Propaganda di Pechino a Taiwan

Non solo jet. La Cina ha disposizione anche altre armi per provare a indebolire Taiwan oltre a quelle militari. All’ideale fianco dell’Esercito popolare di liberazione, Pechino può contare su un contingente impegnato a promuovere la sua propaganda sul territorio della Repubblica di Cina, Taiwan appunto. Di recente, Chen Ming-tong, direttore del National Security Bureau (e dunque capo dell’intelligence taiwanese) ha dichiarato che alcune celebrità locali di internet sono state pagate dal Partito comunista cinese per condurre campagne di “guerra cognitiva” a Taiwan per promuovere la visione del governo cinese su una serie di questioni.

La lista dei “coscritti” è piuttosto lunga. Tra questi ci sarebbe Lin Wei-kangcelebre vlogger taiwanese che risiede ad Hangzhou, nella Repubblica Popolare. Dopo l’invasione russa, il governo cinese ha incluso i cittadini con passaporto taiwanese residenti in Ucraina nel suo piano di evacuazione. Mossa subito stoppata dal governo taiwanese ma che è stata diffusa ed elogiata da Lin, che in un video su TikTok ha dipinto Taiwan come un figlio cattivo che non ascolta il genitore di buon cuore. “Nonostante non mi ascolti, sei sempre il mio bambino“, dice Lin nel video diventato immediatamente virale sui social di entrambe le sponde dello Stretto. Alle autorità di Pechino è piaciuto talmente tanto da diffonderlo sui media di stato.

Continua QUI nel pezzo che ho scritto per Wired.

Il massimo consigliere politico cinese Wang Yang ha nel frattempo incontrato giovedì i partecipanti di Taiwan a un seminario sullo Stretto sul tema del “ringiovanimento della nazione cinese”.

Scintille Cina-Giappone

Allo Shangri-La di Singapore c’è anche il premier giapponese Fumio Kishida. “L’Ucraina potrebbe essere l’Asia orientale di domani”ha detto Kishida, riferendosi alla situazione a Taiwan. “Alla luce dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, la percezione della sicurezza da parte dei Paesi è cambiata drasticamente”, ha affermato Kishida, il quale sta guidando Tokyo verso un sempre più deciso riarmo militare e strategico.

La tensione con Pechino non a caso si alza.” La Cina deve stare attenta all’escalation dell’impegno sostanziale del Giappone con le autorità secessioniste di Taiwan e alla possibilità che l’isola diventi una nuova roccaforte dell’intelligence contro la Cina continentale”, ha scritto nei giorni scorsi il Global Times, dopo che i media giapponesi hanno riferito che il Giappone ha deciso di inviare per la prima volta personale militare in servizio attivo sull’isola di Taiwan.

Nel mirino di Pechino anche la possibile nomina di Tomohisa Hayakawa, che è stato segretario sia di Lee Teng-hui che di Kin Birei, come “investigatore speciale” nell’ufficio di Taipei della “Japan-Taiwan Exchange Association”.

TSMC, senatori francesi, armi e altre notizie

Un economista cinese senior di un gruppo di ricerca gestito dal governo ha invitato le autorità a sequestrare la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. se gli Stati Uniti colpiranno la Cina con sanzioni simili a quelle imposte alla Russia.

A proposito di TSMC, il colosso dei semiconduttori ha dichiarato mercoledì che il costo di costruzione del suo impianto di chip negli Stati Uniti è più alto di quanto stimato in precedenza e ha chiesto nuovamente a Washington di estendere il sostegno previsto per l’industria dei chip alle aziende straniere e nazionali.

Arrivata a Taipei una nuova delegazione di senatori francesi, l’ennesima degli ultimi mesi e l’ennesima bipartisan.

L’esercito di Taiwan riceverà i primi droni militari di produzione autoctona entro pochi mesi, ha dichiarato il ministero della Difesa.

L’edizione taiwanese del quotidiano Apple Daily di Hong Kong ha trovato un acquirente che manterrà la maggior parte del personale, ha dichiarato mercoledì l’azienda, impegnandosi a continuare a “parlare contro qualsiasi ingiustizia”.

Di Lorenzo Lamperti

Taiwan Files 1.06.22 – Chen Shui-bian, manovre militari, Top Gun

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Taiwan Files: speciale 2021

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