Suolo inquinato. A rischio la sicurezza alimentare nelle città.

In by Simone

Secondo quanto dichiarato da fonti ufficiali un sesto dei terreni coltivabili dell’intera nazione è contaminato da metalli pesanti. Le sostanze tossiche si infiltrano facilmente nelle falde acquifere e di qui arrivano a minare per la sicurezza alimentare dei cittadini. Quella ambientale è la vera sfida con cui deve fare i conti la crescita cinese
L’inquinamento in Cina non è una sorpresa per nessuno. Sono anni, ormai, che notizie di problemi ecologici vengono riportate dai media internazionali. Tuttavia, se normalmente ad essere descritta è la scarsa qualità dell’aria di Pechino o le inutilizzabili acque del fiume Huai, per una volta è il suolo a far notizia. Eh si, dopo decenni di crescita economica high-speed anche quello non è più esattamente vergine.

L’11 ottobre scorso, Luo Xiwen –stusioso presso l’Accademia cinese di Ingegneria- ha lanciato l’allarme dichiarando che 300 milioni di “mu” di terra sono contaminati da metalli pesanti. Si tratta di un sesto del terreno coltivabile del Paese. Sempre secondo Luo, nella provincia del Guangdong –dove operano oltre 3mila miniere- solo l’11 per cento del terreno messo a coltivazione è sicuro. E non sono solo le aree rurali a soffrire il fenomeno. A causa dei cosiddetti “brownfields” – campi dove un tempo sorgevano fabbriche poi trasferitesi altrove- l’inquinamento del suolo si è fatto strada anche nelle città. Stando a quanto riportato da Li Jing su China Daily, nella sola Pechino oltre cento industrie inquinanti sono state trasferite all’esterno del quarto anello. Alle spalle si sono lasciate otto milioni di metri quadri di terreno da bonificare.
 
L’inquinamento del suolo è causato dallo scarico di sostanze tossiche dovuto a processi industriali o agricoli. A causa dell’uso prolungato, pesticidi e diserbanti –fra i quali il noto ddt – hanno impregnato il suolo. Liberarsene, o anche solo identificare i terreni conatminati, è ora estremamente difficile. Quello del suolo, infatti, è meno evidente di altre tipologie di inquinamento. Ma non per questo da sottovalutare. Le sostanze tossiche passano agilmente dal suolo alle falde acquifere e possono contaminare la produzione agricola, inflitrandosi così nella catena alimentare. Talvolta, poi, possono essere ingerite direttamente respirando polveri o venendo involontariamente a contatto con parti di terriccio. Nel suo discorso Luo Xiwen ha ribadito il rischio per la sicurezza alimentare, sottolineando come siano le province più sviluppate ad essere maggiormente colpite.
 
Un incoraggiante segnale, in questo senso, è il progetto realizzato dal governo cinese in collaborazione con quello di Singapore. Nelle vicinanze di Tianjin, in un’area devastata dall’inquinamento del suolo e non solo, sta sorgendo una eco-città. Il terreno è stato bonificato e le nuove abitazioni saranno dotate di tutti i dispositivi per combattere l’inquinamento: dall’energia fotovoltaica ai sistemi di riciclo delle acque di scarico. Se funzionerà, sarà una vittoria della tecnologia sulla crisi ambientale. L’applicabilità del modello su vasta scala, tuttavia, è tutt’altro che sicura.
 
Resta il fatto che quelle contro l’inquinamento del suolo e dell’ambiente sono battaglie che Pechino volente o nolente dovrà affrontare. La crescita economica pone costi non sostenibili nel lungo periodo e aspettare significa trovarsi, un domani, ad affrontare sfide ancora più difficili. Il governo dovrà trovare una soluzione innanzitutto per la salute cittadini, ma non solo. Per rafforzare la sua immagine di potenza globale la Cina ha tutto l’interesse a presentarsi come un Paese moderno, in grado di tenere sotto controllo l’inquinamento ambientale. Farlo tenendo i piedi appoggiati su un terreno tossico sarebbe quanto mai difficile.

* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.